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sabato, Novembre 30, 2024

Direttiva casa green: cosa dice davvero e perché non dobbiamo temerla

L'obiettivo della proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (nota come direttiva casa green) è di assicurare un'accelerazione all’efficientamento energetico del patrimonio esistente. Il testo licenziato dal Parlamento europeo – non ancora definitivo - non prevede l’obbligo di effettuare lavori edili

Letizia Palmisano
Letizia Palmisanohttps://www.letiziapalmisano.it/
Giornalista ambientale 2.0, spazia dal giornalismo alla consulenza nella comunicazione social. Vincitrice nel 2018 ai Macchianera Internet Awards del Premio Speciale ENEL per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all’economia circolare. Co-ideatrice, con Pressplay e Triboo-GreenStyle del premio Top Green Influencer. Co-fondatrice della FIMA, è nel comitato del Green Drop Award, premio collaterale della Mostra del cinema di Venezia. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.

Recentemente ha fatto molto discutere quella che, in Italia, viene soprannominata “Direttiva casa green”. Di cosa si tratta? È una nuova legge? Davvero impedirà ad alcune persone di vendere la propria casa o imporrà la spesa di cifre esorbitanti? Per chi ha fretta, la risposta è negativa. Invece, per chi vuol approfondire l’argomento, facciamo qualche passo indietro – con uno sguardo al futuro – per analizzare una materia che mi ha portato, nelle scorse settimane, ad andare al Parlamento Europeo per parlare vis a vis con alcuni europarlamentari italiani di varie commissioni, tra cui ITRE – titolare del testo sulle case – ed ENVI per approfondire gli step che stanno portando a una revisione, come si suol dire alzando l’asticella, della direttiva attualmente in vigore.

Perché l’Europa vuol ridurre l’impatto ambientale degli edifici

Bisogna innanzitutto comprendere perché l’Europa mostra il proprio interesse in questo ambito: secondo le stime, nel vecchio continente gli edifici sono responsabili del 40% del consumo finale di energia e del 36% delle emissioni di gas serra.

In generale, il 75% degli edifici esistenti è da considerare inefficiente dal punto di vista energetico. Questo fattore incide direttamente anche sulla qualità dell’aria delle nostre città. Ricordiamo che solo poche settimane fa Milano ha registrato il triste primato di terza città più inquinata al mondo con le emissioni correlate al riscaldamento ad incidere in maniera drammatica sui numeri.

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Perché per l’Europa è così importante ridurre le emissioni degli immobili

I dati lo dimostrano in maniera inequivocabile: la corsa contro i cambiamenti climatici non ammette rinvii o tentennamenti, né tanto meno si può attendere che tutti viaggino alla stessa velocità.

L’Europa, da tempo, ha deciso di essere capofila su questo fronte e, a tale scopo, si è impegnata ad agire per ridurre le emissioni climalteranti ed arrivare all’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. Realizzare tutto ciò in concreto non è facile: ogni punto percentuale è oggetto di trattativa tra i diversi Paesi, ogni determinazione di una scadenza comporta confronti all’interno dei diversi organi (Commissione, Consiglio e Parlamento).

Nonostante i tanti differenti punti di partenza, però, vi sono dei settori sui quali il vecchio continente ha deciso di incidere introducendo nuove sfide, ma mettendo sul piatto anche seri investimenti che divengono possibili strumenti per i differenti Paesi. A riassumere i diversi pezzi del puzzle d’intervento è la strategia “Fit for 55” che affronta temi quali il rafforzamento degli obiettivi per le fonti di energia rinnovabile, l’efficienza energetica, la revisione del sistema europeo di scambio delle quote di emissione e la creazione di un fondo sociale per il clima.

Gli obiettivi legati all’efficienza energetica vengono da lontano e rientrano tra le misure che periodicamente vengono riviste per alzare l’asticella. In tale ambito rientrano i provvedimenti relativi al settore immobiliare. Non sono peraltro gli unici: basta leggere il testo per rendersi conto che, tra le finalità del legislatore comunitario, vi è quella di lavorare per assicurare l’autonomia energetica europea – in particolar modo dalle fonti fossili (specie da importazione) – la lotta alla povertà energetica ed il perseguimento in generale – tramite il miglioramento dell’efficienza e della prestazione energetica nell’edilizia attraverso ristrutturazioni profonde – di benefici sociali, economici ed ambientali.

Da dove viene questa Direttiva Casa green

La “Direttiva casa green” non nasce oggi dal nulla, anzi, si lavora al documento da diversi anni e non si chiama nemmeno davvero così. In italiano il suo titolo è “Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia” ed è il frutto del lavoro – ancora in corso – che si sta portando avanti sulla direttiva esistente (Direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica degli edifici) che già prevede obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti e del consumo energetico nel settore. Tale testo era già stato rifuso nel 2018 senza particolari clamori (in caso di modifiche, come potrete verificare sul sito del PE, si parla di rifusione). All’interno del Parlamento Europeo, una gran parte dei lavori avviene innanzitutto in seno alle diverse commissioni tematiche. In questo caso la competenza è della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia (ITRE).

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Cosa dice davvero il testo votato dal Parlamento Europeo

L’obiettivo della proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia è di assicurare un’accelerazione all’efficientamento energetico del patrimonio esistente – incentivando la ristrutturazione di un più ampio numero di edifici inefficienti sotto questo profilo – per poter ridurre le emissioni di gas ad effetto serra ed il consumo energetico del settore già entro il 2030, avvicinandosi così ai target di neutralità climatica entro il 2050.

Secondo il testo votato dal Parlamento Europeo, gli edifici di nuova costruzione di edilizia privata dovranno essere ad emissioni zero a partire dal 2028 (termine che si anticipa di due anni per gli edifici di proprietà pubblica). In merito al patrimonio edilizio residenziale esistente – salvo le numerose eccezioni – si prevede l’obiettivo di raggiungere la classe E entro il 2030 e la D entro il 2033 (3 anni prima per i non residenziali e quelli pubblici).

Non c’è un obbligo di ristrutturare subito la vostra casa

Ricordando che la proposta di modifica della direttiva non è ancora definitiva, in ogni caso il testo licenziato dal Parlamento europeo non prevede – anche ove venisse approvato così com’è – l’obbligo di effettuare lavori edili. Gli eventuali interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche riguarderebbero situazioni future, come nel caso in cui sia prevista comunque una ristrutturazione dell’edificio, ma ove subentri un nuovo inquilino o proprietario e spetterà all’acquirente farsene carico (aspetto che finirà per incentivare probabilmente l’acquisto di case a prestazione energetica più elevata).

La direttiva casa green 2023 è già legge?

 Attualmente è ancora in vigore la versione approvata nel 2018, ma la proposta di modifica della cosiddetta direttiva casa green ha comportato un ulteriore passo in avanti visto che il Parlamento ha approvato (con una maggioranza non schiacciante) la sua posizione che impegna gli stati ad aumentare i requisiti ambientali per gli edifici da ristrutturare. Al contempo aggiunge anche ulteriori esenzioni agli obblighi, frutto delle mediazioni in particolar modo di chi teme i costi di tali interventi. Il testo non è ancora definitivo, ma dovrà ora passare al Trilogo.

Che cosa è il trilogo e quando potrebbe essere definitivamente approvata la direttiva casa green

Il Trilogo è una riunione informale alla quale partecipano rappresentanti dei tre organi europei (Parlamento, Consiglio e Commissione). Tale strumento – nonostante la sua informalità – ha assunto un ruolo di rilievo perché consente un confronto tra le diverse istituzioni sia sul piano tecnico che politico. L’accordo che ne discende è un passo fondamentale per consentire ad ognuno dei tre organi di approvare il documento oggetto di confronto. Il Parlamento Europeo ha ancora un anno prima delle prossime elezioni (che saranno fissate sul finire della primavera 2024). Nonostante manchino una serie di passaggi – Trilogo incluso – l’iter dovrebbe arrivare a concludersi prima della fine dell’attuale legislatura. Quella che verrà approvata sarà una direttiva. Con tale atto quindi l’Unione Europea fisserà un obiettivo e metterà in campo una serie di strumenti per il raggiungimento dello stesso, ma – a differenza dei regolamenti, come quello relativo al famoso stop ad auto a benzina e diesel dal 2035 – non sarà immediatamente efficace perché dovrà essere recepito dai singoli Paesi che dovranno quindi definire, attraverso disposizioni nazionali, i modi con i quali sarà conseguito l’obiettivo.

Questa scelta non è affatto casuale, ma rappresenta una risposta all’esigenza di dare ad ogni paese la possibilità di individuare il miglior modo per perseguire gli obiettivi europei tenendo conto delle peculiarità del proprio territorio e dei propri abitanti. Le famose battute (spesso polemiche) che le case svedesi sono diverse da quelle italiane trovano infatti una prima risposta nella flessibilità connaturata allo strumento normativo scelto in Europa.

A proposito di confronti: per rendere raffrontabili gli sforzi, ma per far sì che ogni Stato possa lavorare partendo dalle caratteristiche del proprio patrimonio immobiliare, si prevede che “le norme minime di prestazione energetica a livello dell’Unione dovrebbero basarsi su classi di prestazione energetica armonizzate. Nel definire la classe di prestazione energetica G come il 15 % del parco immobiliare nazionale di ciascuno Stato membro con le prestazioni peggiori, l’armonizzazione delle classi assicura che gli sforzi analoghi di tutti gli Stati membri siano raffrontabili, mentre la definizione della classe di prestazione energetica migliore A assicura la convergenza della scala armonizzata delle classi di prestazione energetica verso la visione comune di edifici a emissioni zero”.

Quindi la classe G sarà parametrata allo status quo della singola nazione senza che l’eventuale situazione di partenza di un paese nordico possa influenzare il Belpaese.

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Ma se già si ristrutturano le abitazioni e ci sono gli incentivi, a cosa serve incrementare il processo?

La risposta a tale obiezione è riportata dallo stesso testo: il tasso ponderato annuo di ristrutturazione energetica è persistentemente basso (intorno all’1%). Al ritmo attuale la decarbonizzazione dell’edilizia richiederebbe quindi diversi secoli. La direttiva vuole pertanto intervenire affinché si arrivi almeno al triplo dell’attuale tasso di ristrutturazione.

La direttiva casa green parla di economia circolare e di bio materiali

Un altro aspetto trascurato dallo storytelling in circolazione è quello relativo allo studio dell’impronta ambientale dei materiali e degli elementi edilizi. Per questa ragione il testo della direttiva prende espressamente in considerazione l’intero LCA ovverosia l’arco di vita utile dell’edificio e delle sue componenti: “Il fatto che gli edifici siano responsabili di emissioni di gas a effetto serra anche prima della loro vita utile è dovuto al carbonio già presente in tutti i materiali da costruzione.”

Il documento sottolinea che è fondamentale promuovere “una maggiore circolarità nell’ambiente edificato, favorendo la ristrutturazione e il riutilizzo adattivo rispetto alla demolizione e alla nuova costruzione, a seconda dei casi”, ma anche che è “fondamentale promuovere e prevedere l’utilizzo di materiali da costruzione più sostenibili, in particolare di origine biologica e geologica, nonché di tecniche di costruzione passive semplici, a bassa tecnologia e verificate a livello locale, per sostenere e promuovere l’uso e la ricerca di tecnologie dei materiali che contribuiscano al migliore isolamento possibile e al sostegno strutturale degli edifici. (…)”. Viene sottolineato che “aumentare l’utilizzo di materiali da costruzione naturali, di origine locale e sostenibili, in linea con i principi dell’iniziativa del nuovo Bauhaus europeo e del mercato interno, può permettere di sostituire i materiali a più alta intensità di carbonio e di immagazzinare il carbonio nell’ambiente edificato mediante l’utilizzo di materiali a base di legno” ma anche che (…) “le misure che prevedono l’utilizzo di materiali secondari e il prolungamento della loro durata di vita sono essenziali per garantire che il settore edilizio dell’Unione contribuisca equamente al conseguimento dell’obiettivo della neutralità climatica”.

Ulteriore spazio è dato anche alla valorizzazione di “infrastrutture verdi, quali tetti e pareti verdi nella pianificazione urbana e nella progettazione delle infrastrutture” come strumenti efficaci “di adattamento ai cambiamenti climatici e di riduzione dei loro effetti dannosi nelle zone urbane (…)”.

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Un marea di deroghe

Le deroghe che i Paesi potranno prevedere sono davvero numerose: potranno essere esclusi dagli obblighi gli edifici di particolare valore storico o architettonico, gli edifici tecnici, i luoghi di culto e addirittura gli stabili di edilizia popolare ove gli interventi venissero a comportare aumento di canoni superiori ai risparmi in bolletta.

E le famose seconde case (insomma come la comune villetta al mare)? Anch’esse rientrano tra le esenzioni previste. Infatti la normativa a riguardo esclude dal perimetro interessato dagli obblighi gli “edifici residenziali che sono usati o sono destinati ad essere usati meno di quattro mesi all’anno o, in alternativa, per un periodo limitato dell’anno e con un consumo energetico previsto inferiore al 25 % del consumo che risulterebbe dall’uso durante l’intero anno”. E se non ci fossero i soldi necessari a realizzare tali interventi o se mancassero le figure tecniche specializzate? Anche in questo ambito l’Europa stessa prevede che gli Stati possano, per una certa percentuale di edifici, adeguare i nuovi obiettivi in funzione della fattibilità economica e tecnica delle ristrutturazioni e della disponibilità di manodopera qualificata. Se i costi fossero troppo elevati o non ci fosse personale qualificato, scatterebbero ulteriori deroghe.

È prevista l’erogazione di fondi pubblici a sostegno di tali interventi

La direttiva prevede poi che le ristrutturazioni siano sostenute, almeno in parte, con soldi pubblici – inclusi fondi UE già stanziati – ed inoltre si indica che “se nel caso, la Commissione, nell’ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2028-2034, presenta proposte legislative per rafforzare gli strumenti finanziari dell’Unione esistenti e proporre ulteriori strumenti finanziari dell’Unione a sostegno dell’attuazione della presente direttiva”.

Quali sono le sanzioni se non ci si conforma alla direttiva

Ad oggi la direttiva si pone come una grande opportunità – anche in termini di produzione ed incentivo per la creazione di posti di lavoro green – e, al momento, il testo non prevede sanzioni e ciò fa ancor di più comprendere che lo scopo del legislatore comunitario sia quello di  spronare gli stati membri ad una accelerazione alla transizione ecologica ed energetica. Nel testo non si fa cenno alcuno a divieti di vendita o di locazione laddove la classe energetica non sia quella prevista dalle norme di legge.

Qui il documento ufficiale

© Riproduzione riservata

 

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