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sabato, Novembre 30, 2024

“Senza economia circolare non c’è neutralità climatica”. Presentato il terzo rapporto Cen-Enea

In collaborazione con Enea, il Circular Economy Network ha presentato il rapporto sullo stato dell'economia circolare in Italia nel 2021. “Il nostro primato si sta assottigliando - ammonisce Edo Ronchi - Anche se le prospettive occupazionali sono notevoli”. Sullo sfondo c’è il PNRR, da consegnare tra 37 giorni all’Europa

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista freelance. Ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane - I Quaderni de L’Ora, radio100passi, Palermo Repubblica, MeridioNews - e nazionali. Nel 2014 ha pubblicato il libro inchiesta “Fate il loro gioco, la Sicilia dell’azzardo” e nel 2018 l'ibrido narrativo “La città a sei zampe”, che racconta la chiusura della raffineria di Gela da parte dell’Eni. Si occupa prevalentemente di ambiente e temi sociali.

“Un target impegnativo di riduzione dei gas serra al 2030 richiede anche misure per ridurre i gap di circolarità. Per dirla in altri termini, le misure che migliorano i tassi di circolarità generano anche vantaggi climatici”. A Edo Ronchi, ex ministro dell’Ambiente, ora presidente del Circular Economy Network, non è mai mancato il dono della chiarezza. Così con una semplice equazione sintetizza il Rapporto sull’economia circolare in Italia edizione 2021, elaborato dal Circular Economy Network (Cen) in collaborazione  con Enea. Giunto alla terza edizione, il rapporto si incentra quest’anno proprio sul legame tra economia circolare e neutralità climatica. Il nodo è infatti quello della transizione: se a quella ecologica è stato dedicato un ministero, per giungere alle emissioni zero entro il 2050 – obiettivo sancito dall’Europa – bisogna accelerare la transizione circolare.

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Il primato italiano si assottiglia

Un concetto ribadito spesso durante le due ore di presentazione del Rapporto, moderate dal giornalista Andrea Purgatori, in cui sono avvicendati gli attori e le attrici principali del settore. Il primo a prendere la parola è stato Luca Dal Fabbro, vicepresidente del Circular Economy Network.

“Nasciamo nel 2018, quando l’economia circolare non era di moda né tra i politici né tra le imprese – ha detto Del Fabbro – Quel che viene fuori dal rapporto di quest’anno è che l’Italia continua a essere il Paese più circolare d’Europa anche se questo primato si sta assottigliando. Si tratta di una potenzialità che non va perduta, anche perché Paesi come Francia e Germania stanno invece migliorando sensibilmente. Se pensiamo che uno degli estremi più interessanti dell’economia circolare è l’idrogeno, ecco che diventa fondamentale l’utilizzo degli indicatori, per avere analisi non solo qualitative ma anche quantitative. La finanza italiana è molto attenta alla correttezza legale dell’azienda, meno allo sviluppo”.

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Cingolani: “La circolarità arma contro l’emergenza climatica”

Subito dopo è stato il turno del ministro alla Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che ha inoltrato un intervento registrato in cui ha ribadito la propria visione, già espressa in Parlamento. “La parola circolare sta diventando sempre più ascoltata e soprattutto percepita – ha osservato l’esponente del governo Draghi – E ciò è fondamentale, specie per via dell’emergenza climatica che stiamo vivendo, perché la circolarità è uno strumento essenziale per combatterla. Ricicliamo quasi il doppio dei rifiuti rispetto all’Unione europea, così come il tasso di circolarità è di oltre un terzo maggiore rispetto agli altri Stati, con un fatturato che raggiunge i 70 miliardi di euro all’anno. La nostra bravura è forse proprio nelle nostre radici italiane, per via dell’assenza di materie prime che ci ha spinto a fare di necessità virtù. Ora dobbiamo potenziare queste capacità. Il Recovery Fund è uno degli strumenti che abbiamo per diventare leader a livello mondiale, non solo a livello europeo. Il territorio è fragile ma la fragilità è anche figlio della bellezza. Settori come siderurgia e metallurgia hanno già messo in campo azioni circolari, mentre altri settori dovranno fare di più, come ad esempio quello della plastica che in questo modo potrebbe diventare uno dei più attrattivi”.

Passi indietro su riparazione, riutilizzo e sharing

Meno ottimista si è rivelato Edo Ronchi. “Con questo rapporto vorremmo lanciare un piccolo allarme: stiamo sottovalutando il peso che l’Unione europea sta dando all’economia circolare. Se vogliamo tagliare le emissioni di gas serra dobbiamo risolvere il gap dell’impiantistica circolare. Faccio notare che l’Italia perde posizioni nella sharing economy, nella riparazione e nel riutilizzo. Ciò è dovuto soprattutto al basso numero di occupati in questi tre settori. E siamo in coda anche per investimenti e brevetti”.

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I dati del rapporto CEN, vale la pena specificarlo, fanno riferimento a uno scenario pre-pandemia, perché spesso sono riferiti al 2019. In ogni caso restano indicativi su potenzialità da sviluppare e problemi da risolvere per una reale economia circolare sul territorio. Tra le tante proposte avanzate da Ronchi, e che si trovano anche nel rapporto che sarà a breve consultabile online, si possono citare l’istituzione di un passaporto elettronico per i prodotti, l’introduzione di un contenuto minimo di materiale riciclato obbligatorio in particolare per gli imballaggi e le batterie e i materiali da costruzione, l’istituzione di nuove misurazioni per la circolarità. Inevitabile, poi, guardare al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che il governo dovrà consegnare tra 37 giorni all’Europa e che finora, nelle bozze che abbiamo potuto leggere, non ha dato il necessario risalto all’economia circolare.

“Come ci ha ricordato recentemente anche il ministro dell’Economia Franco – ha chiosato Ronchi – fino a questo momento l’Italia ha speso il 40% dei fondi europei. Ecco perché bisogna anche intervenire sulle procedure, in modo da non alimentare false speranze”.

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L’Europa indica la strada

Il cuore del rapporto, lo dicevamo, è comunque la correlazione tra economia circolare e neutralità climatica. Per questo aspetto è stato fondamentale il contributo di Enea, illustrato da Roberto Morabito, presidente Icesp e direttore del dipartimento Sostenibilità dei sistemi produttivi per Enea. “Secondo i dati della Ellen Mac Arthur Foundation – ha rilevato Morabito – per settori come energia ed edilizia si potrebbero ridurre le emissioni del 40% grazie all’economia circolare, e addirittura con la mobilità si arriverebbe al 70% di emissioni in meno. Il Circularity Gap Report 2021, pubblicato dalla piattaforma Pace agli inizi di quest’anno grazie al contributo del World Economic Forum, rappresenta le varie azioni di economia circolare che possono essere implementate nei vari settori economici e mostra, ad esempio, che solo in questo modo si riesce a raggiungere l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura entro il 2100 di due gradi”.

La parlamentare europea Simona Bonafè ha invece ripercorso l’impegno delle istituzioni comunitarie. “Già dal 2014 l’Europa ha scelto di occuparsi di economia circolare, posizionandosi sin da subito in maniera strategica – ha spiegato – Era già chiaro sin dall’inizio che le proposte comunitarie non riguardavano soltanto i rifiuti, anche se in tanti si concentrarono su questioni come il minor conferimento in discarica e i livelli di differenziata da raggiungere. Quel che l’Europa auspicava e ora sta incentivando è un cambio di paradigma, anche per poter essere competitivi sui mercati. L’economia circolare significa infatti nuova crescita e nuovo sviluppo, quindi nuovi posti di lavoro. Lo scorso febbraio il Parlamento europeo ha approvato il nuovo Piano d’azione sull’economia circolare, che rispetto al precedente punta più sulla prevenzione e sulla progettazione che sul ciclo di fine vita. Settori come l’edile e il tessile, così come quello delle batterie, hanno in questo senso potenzialità notevolissime. L’Europa dunque ci sta dando la giusta direzione, sta ora a noi imboccarla”.

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Bisogna colmare il gap normativo 

Il modo più immediato per imboccare la strada della circolarità è inevitabilmente quello del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, così come ha fatto notare Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. “Abbiamo registrato finora molti ritardi rispetto a un progetto di rilancio del Paese che ne riscriverà alcuni aspetti – ha detto Ciafani – Non dobbiamo solo pensare a quali progetti dovranno passare, ma a come trasformare l’Italia rispetto all’emergenza climatica che, insieme a quella Covid, è la più drammatica tra le sfide che ci attendono. L’economia circolare, va chiarito anche in riferimento ad alcune associazioni ambientaliste, si fa con gli impianti industriali. L’economia circolare si fa dunque con l’industria, però innovativa. La transizione ecologica chiuderà alcuni cicli produttivi, ma noi dobbiamo accompagnare quelle competenze e quelle maestranze verso i nuovi settori lavorativi. Serve dunque avviare quelle riforme di cui si parla da anni. In questo Paese ad esempio c’è un gap enorme tra la conoscenza circolare e il contesto legislativo, che finora si è dimostrato lento e arretrato. È arrivato poi il momento di tassare e premiare: tassare chi inquina di più e premiare chi produce meno rifiuti”.

Non poteva che incentrare il suo intervento sul lavoro, infine, Maurizio Landini, segretario generale della Cgil. “Sicuramente il tema dell’occupazione, e che non sia precaria, è uno degli obiettivi che l’economia circolare si deve porre – ha osservato il sindacalista – Ecco perché non si può lasciare fare esclusivamente al mercato. Il cambiamento ci riguarda tutti, con la consapevolezza dell’interconnessione e della progettazione. Dietro ad esempio l’idea della mobilità c’è anche una nuova idea di cura del territorio e di città da rifondare, per cui la stella polare diventa quella del lavoro di qualità, con diritti e tutele. Pur lavorando, sempre più persone sono povere. Queste sono contraddizioni che l’economia circolare non deve riproporre. Non bisogna più pensare soltanto se i prodotti che consumiamo sono sostenibili dal punto di vista ambientale, ma anche se significano sfruttamento e povertà”.

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