Li chiamiamo borghi, dintorni, paesini. Quei posti dove le persone diventano anime: mille, cento, a volte poco più di cinquanta residenti. Eppure le aree interne possono essere luoghi di innovazione e scambi di saperi. Anche, se non soprattutto, luoghi dove praticare economia circolare.
L’Italia è il Paese dei paesi, lo sappiamo. Negli ultimi tempi, complice la pandemia da coronovirus che ha sconvolto le nostre vite, è tornata prepotentemente alla ribalta la retorica del borgo, che va di pari passo con le altre narrazioni della lentezza e della sostenibilità. Una visione romantica, per certi versi auspicabile, che però deve fare i conti con una realtà fatta di emigrazioni giovanili di massa, di infrastrutture assenti, di servizi carenti.
Nei paesi, insomma, poi bisogna viverci. Per farlo bene, con lentezza e sostenibilità, noi crediamo che si debba puntare sull’economia circolare. In fondo, come ci ha raccontato Filippo Tantillo, “il Covid ha tirato fuori la capacità di riattivazione della comunità”. Ed è altrettanto innegabile che proprio nelle aree interne risiedano già oggi settori economici preponderanti – l’agricoltura, il manifatturiero e l’artigianato industriale – che ben si prestano al paradigma delle R (dal riciclo al riuso fino alla riprogettazione).
Il legame tra aree interne ed economia circolare è a nostro avviso fondamentale anche per avviare davvero la tanto agognata transizione ecologica. La ripartenza post-Covid potrà avvenire solo se si darà slancio a un’importante fetta della popolazione – oltre 10 milioni di abitanti vive in bacino territoriale che corrisponde al 54% del territorio nazionale, vale a dire paesi di montagna, comunità montane, unione di comuni e territori delle aree interne – che chiede da tempo di risolvere questioni fondamentali: il divario digitale, la tutela delle risorse naturali, la carenza del welfare, la creazione di un turismo di qualità e di nuove filiere che possano favorire lo sviluppo locale.
Per affrontare questi aspetti in questo Speciale troverete anche un’analisi inedita delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): se all’economia circolare sono destinati (pochi) fondi specifici, per le aree interne bisognerà innanzitutto valutare i progetti attuativi. Per questo motivo, nelle analisi di Marco Bussone (presidente Uncem) e Oliviero Casale (general manager di UniProfessioni) si preferisce un approccio integrato e, perché no, anche visionario.
L’economia circolare, infatti, è pragmatica e allo stesso tempo prospettiva, per un rovesciamento dell’economia lineare che ha finora dominato le nostre vite. Ecco perché abbiamo scelto di raccontare la storia di rigenerazione di Ostana, ai piedi del Monviso. Fedele al detto “i folli tracciano strade che poi i prudenti seguiranno”, un’intera generazione – raccontata dal nostro Alessandro Coltrè – ha scelto di avviare un percorso di rigenerazione urbana che va avanti da decenni.
Come sempre, saremo lieti di accogliere il contributo alla discussione di lettori e addetti ai lavori. Buona lettura.
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