L’arrivo del Covid nel 2020 ha monopolizzato il dibattito pubblico. Quando tutto sarà finito, chi vorrà potrà cimentarsi nel gioco “di cosa si sarebbe potuto parlare, oltre che della pandemia?”. Tra gli spunti non potrà mancare la riforma che inserisce in costituzione la tutela dell’ambiente e degli animali. Nel pomeriggio di ieri la Camera ha definitivamente approvato la proposta di legge costituzionale che modifica due articoli della Carta, il 9 e il 41. Al quarto passaggio in Aula, così come previsto dall’art. 138 della Costituzione, il testo ha visto 468 voti a favore, un solo contrario e sei astenuti. In questo modo le modifiche costituzionali entrano subito in vigore e non possono essere sottoposte a referendum confermativo.
In particolare, per la prima volta nei 74 anni della Carta, si interviene sui principi fondamentali, quelli cioè compresi tra l’articolo 1 e l’articolo 12. Nello specifico la modifica riguarda l’art. 9, noto fin qui come l’articolo che tutela il paesaggio: una definizione che ora, nell’era della crisi climatica, non può che apparire insuffuciente, con la Corte costituzionale che più volte nel corso degli anni ne ha spiegato, interpretato e allargato l’ambito di applicazione.
Nella scheda che accompagna il provvedimento, si legge che l’obiettivo è quello di “riconoscere un principio di tutela ambientale nell’ambito dei Principi fondamentali enunciati nella Costituzione, attribuendo alla Repubblica anche la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. La legge di riforma della Carta fondamentale introduce poi la dicitura “anche nell’interesse delle future generazioni“, inedita nel dettato costituzionale e significativa di una nuova consapevolezza. Viene inoltre inserito un principio di tutela degli animali, ma attraverso la previsione di una riserva di legge statale che ne disciplini le forme e i modi. Infine il provvedimento integra l’articolo 41 stabilendo che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in danno alla salute e all’ambiente, premettendo questi due limiti a quelli già vigenti (la sicurezza, la libertà e la dignità umana)”.
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La Costituzione ai tempi della transizione ecologica
“È una giornata epocale”: così la definisce sui social il ministro alla Transizione Ecologica Roberto Cingolani. Non è un caso che il suo sia il primo commento da parte del governo. Il Parlamento ci ha messo meno di un anno per arrivare a questo risultato: è il 9 giugno 2021 quando il Senato approva un testo unificato, che mette insieme varie proposte di modifiche della Carta, che diventerà poi la proposta di legge approvata ieri. A illustrarla è stata Valentina Corneli, deputata del M5s.
“Sappiamo che andiamo a intervenire sulla prima parte della Costituzione – ha detto Corneli in Aula – ma lo facciamo a ragion veduta: la tutela ambientale era menzionata nell’articolo 117 della Costituzione ma soltanto nell’ottica di una divisione di competenze tra Stato e Regioni. A nostro avviso era necessario colmare un vuoto non soltanto normativo ma di principio e valoriale. Per questo abbiamo scelto di integrare l’articolo 9, già perno della Corte costituzionale in varie sentenze sulla tutela ambientale”.
La scelta del Parlamento conferma l’attenzione crescente alle questioni ecologiche. La crisi climatica continua a vedere l’attivismo di migliaia di giovani, così come aumenta la cura per gli animali e per gli impatti ambientali delle aziende. La tutela dell’ambiente, come è stato ricordato nella discussione in Aula, fa già parte di parecchie Costituzioni dei Paesi dell’Unione europea, in particolare si trovano riferimenti diretti in quelle di Belgio, Bulgaria, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria.
Più in generale l’orientamento internazionale è da tempo proiettato su questi temi. Lo hanno dimostrato ultimamente, pur se con risultati deludenti, il G20 a Roma e la Cop26 a Glasgow. L’accesso a un ambiente pulito a sano è stato riconosciuto un diritto umano dal Consiglio Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Unhrc) con la risoluzione 48/13, adottata l’8 ottobre 2021. Se è vero che l’atto non è stato votato da colossi come Russia, India, Cina e Giappone, è altrettanto innegabile che il quadro normativo entro cui si inserisce la decisione italiana si rafforza sempre di più, come dimostra anche la cornice europea (si pensi alla recente strategia dell’Ue sulla biodiversità per il 2030).
Ora però, al netto delle buone intenzioni, servono i fatti. E subito si pone una domanda:con questa modifica costituzionale cosa cambia concretamente?
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Cosa cambia, articolo per articolo
La modifica più “rumorosa”, lo abbiamo già visto, è quella dell’articolo 9. Il vecchio articolo recitava: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Con le nuove aggiunte d’ora in poi l’Italia si impegna a tutelare “l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
Da una parte appare degno di nota l’ingresso nella Costituzione delle future generazioni o, meglio, del loro interesse: vedremo come esso si possa tutelare nel concreto, ma in Germania il Tribunale costituzionale, ad esempio, esprimendosi sulle norme sul clima ha contestato al legislatore di non aver considerato le conseguenze sulle generazioni a venire della mancata previsione di limiti alle emissioni dopo il 2030.
Dall’altra parte, la tutela degli animali non ha lo stesso “calibro” di quella dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità, perché le modalità in cui si afferma sono demandate a una legge dello Stato (con esplicita riserve di legge ordinaria): una “deminutio” frutto di una mediazione tra le forze politiche (la Lega avrebbe voluto prevedere solo la tutela per gli animali di affezione) e delle pressioni di chi, ad esempio, è a favore della caccia o teme che una tutela maggiore possa mettere in dubbio l’esistenza degli allevamenti intensivi.
Probabilmente, però, la modifica più ricca di conseguenze sarà quella dell’art.41, noto per essere l’articolo sull’iniziativa economica privata. Prima di oggi, vi si leggeva: L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. A ciò ora vengono aggiunte le parole “alla salute, all’ambiente”. E ancora: la “vecchia” versione continuava così: La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Nella nuova versione, ora, ai fini sociali si aggiungono anche quelli ambientali. Viene da chiedersi come sarebbe cambiato il corso della storia per tante imprese che, magari, non avrebbero potuto avviare o proseguire le attività se le modifiche fossero già state attive nella Carta del 1948. La risposta la vedremo guardando ai cambiamenti che saranno determinati nel tempo da questa riforma: lo Stato riuscirà a far prevalere in maniera più estesa e completa l’interesse collettivo o le imprese fossili e inquinanti, soprattutto, quelle di grandi dimensioni continueranno a dettare legge in barba alla “nuova” Costituzione?
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