domenica, Marzo 9, 2025

Australia, record di pannelli solari: ma il problema è il riciclo

L’Australia è una delle nazioni più avanzate nell’energia solare: eppure sta incontrando problemi a riciclare i pannelli a fine vita. In discarica finiscono pannelli funzionanti sostituiti con modelli più efficienti acquistati a basso costo dalla Cina. Una fotografia di quello che potrebbe essere il futuro anche in Italia

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

L’Australia ha un problema con i pannelli solari. Sembrerebbe strano leggere una frase del genere proprio nei giorni in cui i dati dell’Australian Energy Market Operator sull’erogazione elettrica nell’ultimo trimestre 2024 hanno fotografato una situazione in cui le fonti di energia rinnovabile hanno soddisfatto il 46% della domanda di energia nazionale, con il solare a fare da padrone, mentre i pannelli fotovoltaici sui tetti delle abitazioni e impianti solari grid-scale hanno raggiunto un nuovo record di produzione, con un aumento rispettivamente del 18% e del 9%. Oltretutto il governo australiano sta investendo nella costruzione di un gigantesco parco solare da sei gigawatt in grado di produrre una quantità di energia sufficiente ad alimentare tre milioni di case.

Eppure il futuro del fotovoltaico australiano non è mai stato così minacciato. Finora nulla è andato storto. I pannelli solari hanno un ciclo di vita di circa 20-30 anni. Quando sono arrivati al fine vita, le aziende di riciclo dei materiali hanno estratto i preziosi metalli all’interno: rame, argento, alluminio, vetro e silicio cristallino. Ma la capacità degli impianti di riciclo assorbe una minima parte degli 1,2 milioni di pannelli solari che già vengono tolti dai tetti delle abitazioni. Insomma, a breve l’Australia non riuscirà più a riciclare i proprio pannelli solari.

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Troppi pannelli ancora funzionanti sono sostituiti con nuovi più potenti

C’è un altro problema ad aggravare la situazione: i pannelli solari, che dovrebbero funzionare per 20-30 anni, vengono tolti dai tetti e dai parchi solari dopo 10 o 12 anni, molto prima del tempo. Un invertitore di corrente si guasta oppure viene installata una nuova batteria più potente e i vecchi pannelli solari sono sostituiti con nuovi pannelli in grado di generare più elettricità occupando lo stesso spazio sul tetto. Fino a poco tempo fa, tra il 60% e il 70% dei pannelli rimossi da tetti e impianti solari in Australia veniva comunque inviato ai mercati esteri per essere riutilizzato.

Negli ultimi mesi, però, la domanda per i pannelli solari di seconda mano australiani si è completamente esaurita. Il prezzo dei pannelli nuovi prodotti in Cina è ora così basso che quelli usati faticano a competere. Il mercato del fotovoltaico è quasi interamente in mano alla Cina. Pechino ha una capacità enorme di produrre pannelli: ha un potenziale di circa 1,2 terawatt, ma al momento stanno utilizzando circa 598 gigawatt, e questo, insieme alla produzione di massa, sta facendo notevolmente scendere il prezzo dei pannelli.

Allo stesso tempo, il rapido calo dei costi incoraggia famiglie e industrie a sostituire prematuramente pannelli solari ancora funzionanti. Le sostituzioni anticipate e la chiusura dei mercati di esportazione per i pannelli usati significano milioni di pannelli in più in tutto il paese che avranno bisogno di una destinazione finale. E un numero impressionante di pannelli solari finiscono in discarica. Verranno così scartati pannelli contenenti minerali critici – come rame e argento, necessari per la transizione verso l’energia rinnovabile – che potrebbero essere recuperati attraverso il riciclo. E non si tratta solo di pannelli difettosi o a fine vita: uno su due è molto probabilmente pienamente funzionante e ancora in grado di garantire almeno 15 anni di vita utile, hanno spiegato alcuni esperti del settore al quotidiano The Guardian.

Leggi anche: La grande sfida del riciclo dei pannelli fotovoltaici

Incentivi e riutilizzo: come “salvare” i pannelli solari

Oltretutto, per un effetto opposto a quello sperato, gli incentivi del governo australiano contribuiscono al calo dei costi incoraggiando le sostituzioni, alimentando il problema dei rifiuti da fotovoltaico che lo stesso governo federale aveva individuato come un problema su cui intervenire in maniera prioritaria già nel 2016 e che adesso sta diventando più grande e urgente. Lo Smart Energy Council, l’organo indipendente per le industrie australiane delle energie rinnovabili e dell’idrogeno rinnovabile, ha chiesto perciò un programma di gestione obbligatorio a livello nazionale, per massimizzare il riutilizzo e il riciclo ed evitare che i pannelli sostituiti e scartati finiscano in discarica.

Gli incentivi servirebbero, piuttosto, come fa notare al quotidiano britannico la professoressa Penelope Crossley, ricercatrice di diritto dell’energia presso l’Università di Sydney, per incentivare a riutilizzare o riciclare i pannelli solari: ma non sono previsti e l’invio dei pannelli alla discarica è spesso l’opzione più economica. Così le stime dicono che circa il 90% di questi sistemi per la produzione di energia pulita raggiungono la fine del loro ciclo di vita e sono conferiti in discarica.

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Nonostante ci sia un mercato fiorente per i materiali recuperati, il processo di riciclo costa ancora tra i 10 e i 15 dollari a pannello e non è concorrenziale. Così, per assurdo, l’Australia, oltre ad acquistare pannelli solari dalla Cina nonostante ne abbia ancora perfettamente validi, rischia nei prossimi 10-15 di affrontare anche una carenza di materiali critici perché non riesce a riciclarli. Quando, invece, c’è il sostegno pubblico, le cose vanno meglio. Lo dimostra il caso dell’impianto Pan Pacific, che fa parte del programma di gestione dell’energia solare dello Smart Energy Council ed è sostenuto da un finanziamento del governo del Queensland e che riesce a trattare 30.000 pannelli all’anno e spera di arrivare a 240.000.

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Perché l’Australia è interessante per l’Italia

Il mercato dell’energia australiano è sicuramente sui generis, visto che la nazione ha investito nel fotovoltaico, ma è anche uno dei principali esportatori mondiali di carbone e gas. Quello che è interessante, tuttavia, sono le caratteristiche climatiche paragonabili all’Italia per esposizione alla luce solare che rende il caso australiano, dunque, particolarmente interessante per prevedere alcuni sviluppi del mercato. Il fotovoltaico in Italia ha attualmente una capacità installata di circa 30,28 GW e solo nel 2023 la capacità in esercizio del solare è aumentata di 5.234 MW, confermando un trend in costante crescita.

Tuttavia proprio questo sviluppo (peraltro non esente da limiti: ad esempio la scarsità di impianti grid-scale) deve invitare a riflettere. Le prime installazioni di moduli fotovoltaici sono state realizzate intorno agli anni Ottanta. Da qui al 2030 comincerà a presentarsi un problema di dimensioni enormi: la dismissione dei pannelli fotovoltaici a fine vita e la sostituzione con nuovi modelli più efficienti. Secondo le stime di Enel distribuzione, da qui al 2050 solo in Italia ci saranno da smaltire 2 milioni di tonnellate di pannelli solari.
Senza contare che la Cina sta parallelamente investendo per sviluppare una filiera dedicata al riciclo e al riutilizzo dei materiali raccolti dai pannelli fotovoltaici non più in funzione.

Per l’Italia non sarebbe una grande idea a livello economico acquistare pannelli dalla Cina, usarli meno del previsto per poi inviarli nuovamente alla Cina perché possano recuperare i preziosi metalli contenuti all’interno e comprarne di nuovi dal solito acquirente. Il caso australiano è lì a dimostrarlo: investire solo nell’installazione di impianti fotovoltaici non basta.

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