Nel marzo 2022 la Commissione europea ha pubblicato la proposta per estendere il raggio di applicazione delle normative sulla progettazione ecocompatibile, contenute nella Direttiva Ecodesign, a un gruppo molto più ampio di prodotti. Le nuove normative copriranno aspetti ambientali come l’efficienza energetica, l’impronta di carbonio, l’impronta idrica e i requisiti di sostenibilità: durabilità, riparabilità, contenuto di materiali riciclati e standard di informazione e trasparenza, grazie all’adozione del passaporto digitale.
“Vorremmo vedere prodotti che durano più a lungo e che sono progettati in modo da favorire l’utilizzo più circolare delle risorse e pensando al risparmio energetico nelle fasi di produzione”, ha commentato Florika Fink-Hooijer, direttore generale della DG Ambiente della Commissione europea nel corso del webinar in cui, un anno dopo, sono stati comunicati gli ultimi aggiornamenti sulla proposta di Regolmamento Ecodesign for Sustainable Products Regulation (ESPR).
Le ragioni ambientali per questo giro di vite sono evidenti. Nel 2014, con lo studio “Ecodesign your future – How ecodesign can help the environment by making products smarter”, la Commissione forniva un dato molto esplicito: “Fino all’80% dell’impatto ambientale dei prodotti è determinato nella fase di progettazione”. I risultati ottenuti dalla precedente normativa sono incoraggianti: secondo le stime dell’Unione europea la Direttiva sulla progettazione ecocompatibile e sull’etichettatura energetica nel 2020 ha portato a un risparmio di 1.030 TWh, convertibili in 89 milioni di tonnellate di petrolio.
La consultazione pubblica della Commissione europea
La Direttiva Quadro 2009/125/CE attualmente in vigore, però, si limita ai prodotti connessi all’energia. La Commissione europea vorrebbe estendere il campo di applicazione a tutti i prodotti fisici, dal tessile alla mobilia fino a giocattoli, pneumatici e calzature. Per questo ha recentemente lanciato una consultazione pubblica per raccogliere, “in modo trasparente e inclusivo”, suggerimenti sulle categorie di prodotti e a quali misure dare priorità, visto che l’applicazione del Regolamento passerà da sei successivi Atti delegati.
C’è tempo fino al 12 maggio 2023 come è stato spiegato nel corso del webinar: “Tutti possono farlo attraverso la compilazione di un questionario e lasciando commenti aperti”, ha spiegato Fink-Hooijer, prima di riassumere quali sono le domande chiave: “Abbiamo individuato tutti i prodotti o ci stiamo perdendo qualcosa? L’ordine di priorità che ci siamo dati è corretto? Hai spunti ed evidenze scientifiche che potrebbero aiutarci ad affinare l’analisi? Qual è il potenziale di miglioramento? Quanto granulari dovranno essere le norme?”.
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Lo studio del Joint Research Center
Individuare le priorità è fondamentale per aumentare l’efficienza della nuova regolamentazione. Sul tema sta lavorando anche il Joint Research Center, il centro di ricerca della Commissione europea. Nel corso dell’evento, sono stati esposti i risultati dello studio preliminare sulla proposta di regolamento ESPR. “In questo rapporto i gruppi merceologici e le misure orizzontali sono stati valutati, in termini di impatti e potenziale di miglioramento, sulla base di alcuni parametri: sostenibilità ambientale e circolarità, peso economico, copertura delle politiche esistenti, proporzionalità dei costi e contributo all’autonomia strategica dell’Ue”, ha spiegato Maive Rute, vice direttore generale della DG Mercato interno, Industria e Impresa.
Dal punto di vista dell’impatto ambientale, come emerge dal rapporto, i gruppi merceologici di prodotti finali con maggiore impatto ambientale sono risultati essere: tessile, calzature, mobilia, prodotti in ceramica e pneumatici. Sono, tuttavia, anche il gruppo dove è più alto il potenziale non sfruttato di miglioramento, soprattutto in rapporto a un utilizzo più efficiente dei materiali. Tra i prodotti intermedi, invece, ferro, acciaio e alluminio sono i gruppi con più alto impatto ambientale e un potenziale di miglioramento individuato nelle aree della produzione di rifiuti, cambiamento climatico e consumo di energia.
È anche una questione di autonomia strategica
Mentre i gruppi merceologici di prodotti finali hanno una minore rilevanza in termini al contributo all’autonomia strategica dell’Unione europea, con l’eccezione dei pneumatici, i metalli hanno un’alta rilevanza in questo ambito. “La crisi del Covid-19 e l’attuale contesto geopolitico – spiega, infatti, Rute – hanno evidenziato la dipendenza del comparto industriale europeo, con potenziali rischi nella catena di approvvigionamento di materiali critici. L’ecodesign e un uso più efficiente e circolare delle risorse sono importanti misure di mitigazione dei rischi e perciò abbiamo inserito l’autonomia strategica nei criteri di valutazione”, conclude il funzionario Ue.
Ecco, inoltre il motivo per cui, rispetto alla precedente normativa, la proposta di regolamento ESPR si concentra molto su misure orizzontali indirizzate alla durabilità dei prodotti, alla riciclabilità e al contenuto riciclato obbligatorio. Qui, però, è importante allargare la prospettiva dai prodotti ai modelli di business, come ha fatto notare Valérie Boiten, della Ellen MacArthur Foundation, in un articolo pubblicato su Euractiv: “Piuttosto che lanciare semplicemente un nuovo prodotto o una tecnologia che migliora l’efficienza energetica o dei materiali, tipica di un approccio lineare, il passaggio a un modello circolare richiede una completa integrazione del design circolare e dell’infrastruttura di raccolta e ridistribuzione”.
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Benefici per l’ambiente, le imprese e i consumatori
Le stime dell’Ue per l’estensione del campo di applicazione delle norme di progettazione ecocompatibile indicano un potenziale di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno 117 Mt (milioni di tonnellate) CO2eq all’anno. La sola produzione più ecologica di magliette di cotone potrebbe, ad esempio, contribuire per quasi il 3% a questo potenziale, la diffusione di microonde e bollitori ad alta efficienza energetica di un altro 4% e le innovazioni nella produzione di cemento di almeno il 6%. Entro il 2030 il nuovo quadro sui prodotti sostenibili può assicurare un risparmio di 132 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di energia primaria, pari a circa 150 miliardi di metri cubi di gas fossile, quasi l’equivalente dell’importazione di gas russo nell’Ue.
È evidente, però, come le norme comporteranno nuovi costi per le imprese, con l’ulteriore timore che vengano poi trasferiti sui consumatori finali sotto forma di prezzi di acquisto più elevati. I funzionari della Commissione europea hanno voluto rassicurare su questo aspetto, evidenziando i benefici sia per le imprese sia per i consumatori. “Dal lato dei produttori il regolamento contribuirà alla difesa dell’ambiente e a migliorare il mercato interno e quindi le imprese beneficeranno della possibilità di continuare a vendere i loro prodotti senza difficoltà negli Stati membri. I criteri di progettazione più efficienti, inoltre, porteranno vantaggi competitivi anche sui mercati globali”, ha chiarito Florika Fink-Hooijer.
Infine, come si legge sul sito della Commissione europea, i consumatori otterranno “benefici dai vantaggi combinati della sostituzione meno frequente del prodotto, dell’efficienza energetica e di una maggiore trasparenza all’acquisto. Inoltre, le misure avranno ricadute positive sull’attività economica dei servizi di riparazione e manutenzione dei prodotti, anche in termini di occupazione”.
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La timeline della Commissione europea
Il pacchetto di proposte della Commissione europea è stato presentato il 30 marzo 2022 e fa parte di una più ampia strategia di transizione verso l’economia circolare volta al raggiungimento degli obiettivi del Green Deal. Dopo alcune resistenze degli Stati membri, concentrate soprattutto sul tema degli Atti delegati, che lasciano ampio margine di manovra alla Commissione rispetto ai governi nazionali, i funzionari hanno fatto un punto sulle tempistiche del nuovo Regolamento.
“Nello scenario più ottimistico possiamo contare di cominciare i triloghi entro la prima metà del 2023 e, senza sminuire il ruolo e i cambiamenti apportati nella successiva discussione tra gli Stati membri, il Consiglio europeo e il Parlamento europeo, se incontreremo una diffusa convergenza sui temi sarà possibile adottare il Regolamento entro la fine dell’anno. Infine, dopo aver analizzato l’ulteriore mole di dati provenienti dalle ricerche preparatorie e dalla consultazione pubblica, nel 2024 passeremo al piano operativo, a cominciare dell’implementazione delle singole misure”, ha concluso Maive Rute.
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