mercoledì, Novembre 5, 2025

Limiti planetari, superata la soglia dell’acidificazione degli oceani

Dei nove limiti planetari, così come sono stati definiti nel 2009 da un'equipe di scienziate e scienziati sotto la guida di Johan Rockström, sette sono stati superati. Nel 2025 è toccato all'acidificazione degli oceani, con effetti evidenti. “Stiamo assistendo a un diffuso declino della salute del nostro pianeta"

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista glocal, ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane per poi specializzarsi su ambiente, energia ed economia circolare. Redattore di EconomiaCircolare.com. Per l'associazione A Sud cura l'Osservatorio Eni

E anche il settimo limite planetario, dei nove limiti planetari definiti nel 2009 da un gruppo di scienziate e scienziati, ce lo siamo giocati. L’amara ironia è la prima immediata risposta che giunge alla notizia per cui il nuovo rapporto del Planetary Boundaries Science Lab del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) ha appena rilevato, appunto, che nel 2025 anche l’acidificazione degli oceani è entrato in una soglia di allerta.

I planetary boundaries – in italiano definiti “limiti planetari” o “confini planetari” – sono una serie di soglie ecologiche che il pianeta Terra non dovrebbe superare per mantenere un ambiente stabile e favorevole alla vita. Ci indicano, insomma, il limite da non superare per non rendere più vivibile il nostro pianeta, l’unico tra l’altro a nostra disposizione.

I sette limiti violati sono: cambiamento climatico, degrado forestale e altri cambiamenti di utilizzo del suolo, modifica dei cicli biogeochimici di azoto e fosforo, eccessivo sfruttamento delle risorse idriche, perdita di biodiversità, nuove sostanze chimiche artificiali e appunto, da quest’anno, anche l’acidificazione degli oceani, vale a dire l’aumento dell’acidità delle acque marine causato dall’eccessivo assorbimento di anidride carbonica (CO₂) atmosferica, prodotta principalmente dalle attività umane. Sotto la soglia di pericolo restano l’inquinamento da aerosol e la condizione dello strato di ozono attorno al pianeta. Due piccole buone notizie alle quali si aggrappa nel suo commento Johan Rockström, il principale teorico dei planetary boundaries e direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research.

“Stiamo assistendo a un diffuso declino della salute del nostro pianeta, ma questo non è un risultato inevitabile – afferma Johan Rockström –  La riduzione dell’inquinamento da aerosol e il risanamento dello strato di ozono dimostrano che è possibile invertire la direzione dello sviluppo globale. Anche se la diagnosi è terribile, la finestra della cura è ancora aperta. Il fallimento non è inevitabile; il fallimento è una scelta. Una scelta che deve e può essere evitata”.

Leggi anche: lo Speciale sui planetary boundaries

L’impatto dell’acidificazione degli oceani

Oltre tre quarti dei sistemi di supporto della Terra non si trovano nella zona di sicurezza. L’umanità sta spingendo oltre i limiti di uno spazio operativo sicuro, aumentando il rischio di destabilizzare il pianeta”. Con questo attacco il report Planetary Health Check, redatto dalle scienziate e dagli scienziati del Planetary Boundaries Science Lab, fa il punto sull’anno che si avvia alla conclusione. Mostrando come si sia arrivati a superare anche il limite dell’acidificazione degli oceani: una soglia che già l’anno scorso era stata definita in pericolo e che probabilmente sta accelerando il suo degrado.

limiti planetari 2025

“Questo cambiamento, causato principalmente dalla combustione di combustibili fossili e aggravato dalla deforestazione e dal cambiamento dell’uso del suolo, sta degradando la capacità degli oceani di fungere da stabilizzatore della Terra – si legge nel report – Gli ecosistemi marini ne stanno già risentendo. I coralli di acqua fredda, le barriere coralline tropicali e la fauna marina artica sono particolarmente a rischio a causa della continua diffusione e intensificazione dell’acidificazione. Dall’inizio dell’era industriale, il pH superficiale dell’oceano è diminuito di circa 0,1 unità, con un aumento del 30-40% dell’acidità, spingendo gli ecosistemi marini oltre i limiti di sicurezza. Le minuscole lumache di mare note come pteropodi mostrano già segni di danni al guscio. Essendo un’importante fonte di cibo per molte specie, il loro declino colpisce intere catene alimentari, con conseguenze per la pesca e, in ultima analisi, per l’uomo”.

In questa catena di danni ecologici, purtroppo, tutto è consequenziale: aumenta la produzione di anidride carbonica, gli oceani diventano più acidi, diminuiscono i livelli di ossigeno e aumentano le ondate di calore marine. Di quest’ultimo fenomeno chiunque sia andato al mare negli ultimi anni si è reso conto immediatamente, con le temperature dell’acqua sempre molto alte. “Questo sta aumentando la pressione su un sistema vitale per stabilizzare le condizioni del pianeta Terra. Questa crescente acidificazione deriva principalmente dalle emissioni di combustibili fossili e, insieme al riscaldamento e alla deossigenazione, colpisce tutto, dalla pesca costiera all’oceano aperto. Le conseguenze si ripercuotono sulla sicurezza alimentare, sulla stabilità climatica globale e sul benessere umano”, ha commentato Levke Caesar, co-responsabile del Planetary Boundaries Science Lab e uno degli autori del rapporto. 

Leggi anche: La crisi climatica sta cambiando gli oceani, e dovremmo preoccuparcene

Per rientrare nei limiti planetari dobbiamo superare i nostri limiti

Il tema dei limiti planetari, o per meglio dire dei planetary boundaries, è cruciale perché non ha solo una funzione ecologica ma, soprattutto, interroga la specie umana su cosa è disposta a fare per produrre sempre di più e cosa è disposta a rinunciare per mantenere sana la vita sul pianeta. A EconomiaCircolare.com abbiamo dato spesso risalto ai limiti planetari, perché crediamo che solo con uno sforzo collettivo e politico, nel senso reale del termine, si possa tornare a uno stato di salute che sia dignitoso. 

Boris Sakschewski, co-responsabile del Planetary Boundaries Science Lab e autore del rapporto, ha aggiunto che “le interconnessioni tra i confini planetari mostrano come un pianeta sotto pressione, sia a livello locale che globale, possa avere un impatto su tutti, ovunque. Garantire il benessere umano, lo sviluppo economico e la stabilità delle società richiede un approccio olistico in cui la collaborazione per trovare soluzioni in tutti i settori sia prioritaria”. 

Coopetizione ed economia circolare

I limiti dell’economia lineare, del sistema capitalistico in cui il mantra è produci/consuma/crepa, sono ormai evidenti e noti: si tratta di affrontarli e ridisegnare nuovi modi di stare al mondo, attraverso un approccio non predatorio. L’economia circolare è uno di questi nuovi modi, e ci insegna a non dare per scontate le risorse del pianeta e a rimetterle in circolo. Si tratta di una soluzione già pronta, da estendere per farla uscire dalla nicchia in cui gli interessi dell’economia lineare (dal fossile agli allevamenti all’usa e getta) l’hanno relegata.

Leggi anche: Planetary boundaries, cosa sono e perché ne dobbiamo sempre tenere conto

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