Il suolo su cui poggiamo i nostri piedi, e dunque i nostri corpi, è fondamentale per una lunga serie di funzioni ecosistemiche. Ma ce n’è una che viene spesso sottovalutata, ed è la capacità del suolo di catturare le emissioni. Un report dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) prova a quantificare questo contributo vitale.
In un’era in cui il collasso climatico si fa sempre più forte, come ci ha dimostrato anche la torrida estate del 2025, poter fare affidamento su qualsiasi risorsa è quanto di più importante possa esserci. A patto, però, di non esautorare la vitalità dei suoli attraverso le pratiche più dannose che ben conosciamo: dalla cementificazione agli allevamenti intensivi, dalla deforestazione all’inquinamento industriale.
Ecco perciò perché è utile analizzare il report dell’Agenzia Europea dell’Ambiente che si intitola “Enhancing Europe’s land carbon sink”. Come scrive la stessa AEA, “la relazione fornisce una descrizione del settore dell’uso del suolo, del cambiamento di uso del suolo e della silvicoltura (LULUCF), come un settore relativamente nuovo nella governance del clima dell’UE. Valuta il settore in termini di emissioni e rimozioni di gas a effetto serra, sulla base delle informazioni fornite negli ultimi inventari di gas a effetto serra dell’UE e agli ultimi dati delle proiezioni disponibili (anni di segnalazione 2023-2024). Il rapporto fornisce approfondimenti sui modi per mitigare le emissioni di gas a effetto serra”. Nel report di 187 pagine, infine, si illustrano anche le soluzioni più praticabili per rendere scalabili e replicabili su larga scala alcune buone pratiche che finora hanno funzionato in perimetri limitati.
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Altro che tecnologia, per catturare la CO2 ci vuole più natura
All’interno del perimetro dell’Unione Europea e dei suoi 27 Stati membri l’uso del suolo, il cambiamento di uso del suolo e il settore forestale (LULUCF) riescono a catturare ben 198 MtCO2 (milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente) e compensano circa il 6% delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE, secondo i dati relativi al 2023. Gli incoraggianti dati illustrati all’inizio del report dell’AEA devono però fare i conti, come scrive la stessa Agenzia, col fatto che “questa capacità si è indebolita, mettendo a rischio gli obiettivi climatici futuri”.

Come è noto, infatti, per raggiungere l’ambizioso obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 l’Unione Europea dovrà infatti impegnarsi non solo a un rapido e sostanziale taglio delle emissioni – obiettivo finora raggiunto solo in parte – ma anche nella rimozione del carbonio dall’atmosfera. Invece di puntare su tecnologie dubbie come la CCS (carbon capture and storage), suggerisce l’Agenzia Europea dell’Ambiente, almeno nel breve termine sarà il suolo a fornire la quota maggiore di questa rimozione.
Tuttavia, rende noto l’AEA, “tra il 2014 e il 2023 il calo medio annuo di carbonio netto è diminuito del 30% rispetto al decennio precedente, in gran parte dovuto alle dinamiche nei terreni forestali”. A contribuire a questo calo è da una parte il costante abbattimento degli alberi per esigenze economiche e dall’altro le conseguenze dei cambiamenti climatici – tra cui gli incendi, la siccità e la diffusione di nuovi parassiti – che in un circolo vizioso si abbattono sugli alberi che invece dovrebbero mitigare l’aumento delle temperature.
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Ma le opzioni di mitigazione del suolo non mancano
“Nonostante le recenti battute d’arresto, il settore forestale continua ad essere uno strumento vitale nella ricerca dell’Unione Europea per la neutralità climatica entro il 2050 – scrive l’Agenzia Europea dell’Ambiente – Con le giuste politiche e misure, l’UE può sfruttare appieno il suo potenziale”.
A questo punto del report vengono descritte le migliori opzioni di mitigazione, quelle che concretamente hanno portato i risultati maggiori. Eccole:
- Proteggere i fusti, ad esempio migliorando il drenaggio delle piogge;
- Migliore gestione delle foreste, dei terreni coltivati e delle praterie, compreso il ripristino degli ecosistemi degradati;
- Piantagione di alberi, tra cui l’imboschimento o l’agroforestazione;
- L’uso della biomassa in prodotti di lunga durata e di alto valore, come i materiali da costruzione.
“La maggior parte delle opzioni di mitigazione – sostiene l’AEA – può offrire significativi benefici per la biodiversità, l’acqua e il suolo e l’adattamento climatico, sostenendo al contempo i mezzi di sussistenza rurali, ma l’assorbimento è influenzato da politiche incoerenti e dalla mancanza di incentivi finanziari, tra gli altri fattori”.

Inoltre, sottolinea ancora l’Agenzia Europea dell’Ambiente, c’è un enorme problema di accesso ai dati. Quanto davvero un miglior uso del suolo contribuisce alla mitigazione climatica è difficile da accertare perché i dati “rimangono tra i più incerti di tutti i settori”. Serve dunque un impegno maggiore su questo versante da parte degli Stati membri, dei vari enti pubblici nonché di quelli privati che operano nel settore. Da ciò dipenderà il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050. “Sono necessari sforzi immediati e concertati – conclude l’Agenzia Europea dell’Ambiente – Mentre agiamo, dovremmo abbracciare una prospettiva a lungo termine e non perdere di vista i benefici ecologici ed economici che comporta avere ecosistemi più resilienti”.
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