mercoledì, Novembre 5, 2025

Comprare vestiti senza indossarli: cosa c’è nel guardaroba dell’assurdo

Abiti ancora con l'etichetta ma non solo: l'iperconsumismo porta nel nostro guardaroba una serie di oggetti che, tra plastica, RAEE e mode passeggere, sono destinati a durare giusto il tempo dell'acquisto. Un tour dell'assurdo dentro i nostri armadi

Vittoria Moccagatta
Vittoria Moccagatta
Classe 1998. Laureata in filosofia all'Università degli Studi di Torino, è dottoranda in Design for Social Change presso l'ISIA Roma Design. È stata ricercatrice per il progetto "Torino città solidale e sostenibile"

Stipati negli armadi o dimenticati nei cassetti, si nascondono gli indizi più eloquenti di un’epoca che ha smarrito il senso del limite. Secondo l’indagine condotta da Statista Consumer Insights nel 2025, il 21% delle donne e il 15% degli uomini negli Stati Uniti ammette di acquistare abiti che non indosserà mai. Una tendenza ancora più marcata si registra in India e, al primo posto, nel Regno Unito, dove quasi una donna su tre (29%) riconosce di compiere lo stesso comportamento. Ma è in Australia che l’entità del fenomeno assume proporzioni ancora più significative: l’84% della popolazione possiede capi rimasti inutilizzati per oltre un anno e un terzo dichiara di non indossare regolarmente più della metà del proprio guardaroba.

statista grafico
Dati e grafica: Statista

Questa tendenza legata alla moda, ma non limitata a essa, riflette una dinamica strutturale più ampia: l’assurda economia dell’iperconsumo. La produzione globale di abbigliamento ha raggiunto i 100 miliardi di capi annui – una tale sovrabbondanza che ha portato alcuni studi a stimare che, già oggi, disponiamo di abbastanza vestiti da coprire il fabbisogno di almeno sei generazioni. Eppure, di quei 100 miliardi, oltre l’85% finisce ogni anno in discarica. Questo dato non solo misura la distanza crescente tra produzione e utilizzo effettivo, ma rende evidente l’accumulo come cifra del nostro tempo. Il fast fashion, con la sua capacità di immettere sul mercato collezioni nuove ogni poche settimane, ha trasformato il vestito in un bene a ciclo rapido, più vicino all’usa e getta che alla durata. Come effetto collaterale, il settore della moda contribuisce per il 10% alle emissioni globali di CO₂ – più dell’intero comparto dell’aviazione e del trasporto marittimo messi insieme.

Questo fenomeno è amplificato dalla distanza crescente tra atteggiamenti e comportamenti: se il 94% dei giovani della generazione Z afferma di sostenere la moda sostenibile, il 62% continua a rifornirsi regolarmente da brand di fast fashion. Tale incoerenza, ben rappresentata dall’attitude-behavior gap, non è da leggere come una semplice contraddizione individuale, ma come l’effetto di una struttura che rende difficili alternative sostenibili accessibili, desiderabili, condivise.

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Oggetti assurdi nel mondo fashion

L’industria, dal canto suo, non si limita a rispondere alla domanda: la anticipa, la induce, la costruisce. Se aprissimo davvero gli armadi dell’iperconsumismo, non ci troveremmo soltanto di fronte a vestiti intonsi e mai indossati, ma anche a una miriade di oggetti assurdi – dispositivi e accessori che offrono la parvenza di una funzione dove esiste solo consumo e la promessa di acquisire un certo valore o status sociale. Anche l’inutile, se ben confezionato e pubblicizzato, può diventare simbolo.

È proprio questo il punto messo in luce, con taglio ironico e critico, dalla campagna “E-commerce dell’assurdo” creata da EconomiaCircolare.com, che cataloga oggetti realmente in vendita ma paradossali nella loro inutilità: ce ne avete segnalati tanti nuovi legati al mondo fashion, che aggiungiamo al catalogo! Contribuisci anche tu inviando foto o link di altri oggetti nella chat privata dei nostri social oppure all’indirizzo segreteria@economiacircolare.com.

Oggetto Che cos’è Perché è assurdo
cappello wirless Berretto smart con altoparlante wireless Cuffiette? Superate grazie a un cappello che dalla visiera diffonde musica. Protegge dal sole ma non dalle mode passeggere. Né dall’e-waste

Gruccia-asciugatrice elettronica per vestiti

Un appendiabiti con la presunzione di essere un elettrodomestico. Soffia aria calda su un solo capo, consumando energia per sostituire il buon vecchio filo per stendere. E lasciando in eredità un altro rifiuto da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) nell’armadio
Pannello piega-maglietta Trasforma un gesto da cinque secondi in un’operazione ingegneristica. Standardizza le pieghe, ma moltiplica la plastica. E alla fine “piega” solo il buonsenso.
Cravatta luminosa a LED Per chi vuole farsi notare… anche al buio. Illumina il collo, ma non le idee: un incrocio tra gadget e dress code da festa destinato a durare una sera, e a diventare l’ennesimo RAEE il giorno dopo
Labubu
  • Le “Labubu” sono bamboline da collezione – la nuova fashion craze che da Hong Kong ha conquistato il mondo. Non bastava comprarle in tutte le forme, colori e umori: ora puoi anche vestirle. Gonne, felpe, cappellini per pupazzi con denti aguzzi e occhi spalancati, perché anche il superfluo ha bisogno di essere cool
Occhiali per leggere da sdraiati Perché ormai sollevare il collo è troppo faticoso. Leggere sdraiati senza muovere un muscolo diventa una missione… da consumatore compulsivo!
Scatolette organizza-armadio per calzini Piccoli scomparti in plastica per sistemare calzini come se fossero vetrine. Moltiplicano l’ingombro e i materiali, trasformando l’ordine in microconsumo

Leggi anche: Oggetti superflui con un clic: ecco l’e-commerce dell’assurdo

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