giovedì, Agosto 14, 2025

Usare balle e pannelli di paglia per case confortevoli, ecologiche ed efficienti

Dalla ristrutturazione della propria casa alla produzione di pannelli di paglia per l’edilizia. La storia di Laura Raduta, Daniele Simoncini e di EAP Thermus

Letizia Palmisano
Letizia Palmisanohttps://www.letiziapalmisano.it/
Giornalista ambientale 2.0, spazia dal giornalismo alla consulenza nella comunicazione social. Vincitrice nel 2018 ai Macchianera Internet Awards del Premio Speciale ENEL per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all’economia circolare. Co-ideatrice, con Pressplay e Triboo-GreenStyle del premio Top Green Influencer. Co-fondatrice della FIMA, è nel comitato del Green Drop Award, premio collaterale della Mostra del cinema di Venezia. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.

L’impatto del settore edilizio sull’ambiente è una delle sfide più urgenti del nostro tempo. Secondo i dati della Commissione Europea, gli edifici sono responsabili di circa il 40 del consumo energetico totale e del 37% delle emissioni di gas serra prodotte nell’Unione Europea.

Questi numeri allarmanti evidenziano la necessità di un cambiamento radicale nel modo in cui costruiamo e ristrutturiamo le nostre case. È in questo contesto che si inserisce la storia di Laura Raduta e Daniele Simoncini – fondatori di EAP Thermus – due ingegneri che hanno trasformato un’esperienza personale negativa in una missione per rivoluzionare l’edilizia attraverso materiali naturali e a bassissimo impatto.

Un sogno infranto e la nascita di una diversa idea di casa ecologica

Laura Raduta e Daniele Simoncini, entrambi ingegneri meccanici con un animo ecologista, si sono conosciuti sul posto di lavoro. La loro carriera è iniziata nel settore delle energie rinnovabili, un chiaro segno della loro sensibilità ambientale anche dal punto di vista professionale. La loro prima casa ha, però, segnato una svolta definitiva.

Acquistarono, in provincia di Roma, un appartamento di nuova costruzione e garantito dal costruttore come un gioiello di efficienza in classe energetica B. Erano gli albori della certificazione energetica e la promessa sembrava allettante. La realtà, però, si è rivelata un incubo. «Dopo appena sei mesi, la casa ha iniziato letteralmente a sudare», racconta Laura, l’umidità gocciolava dagli infissi e dai pavimenti e la muffa ha cominciato a svilupparsi negli angoli.

Di fronte ad un edificio invivibile, hanno quindi dovuto affrontare la necessità di lavori di straordinaria manutenzione. Dapprima avevano deciso di affidarsi alle tecnologie convenzionali. «Abbiamo usato i materiali proposti dall’industria, prodotti di altissima gamma e molto efficienti, ma continuavamo a ripeterci che si trattava pur sempre di materiali plastici e di origine petrolifera». Questa scelta, però, ha lasciato un sapore amaro – spiega Laura – «utilizzare materiali derivati dal petrolio per risolvere un problema creato da un’edilizia poco attenta ci sembrava un controsenso».

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La rivelazione della paglia: costruire case che respirano e durano secoli

Quella sensazione di compromesso ha acceso una scintilla. Era il 2011 quando Laura e Daniele hanno iniziato una ricerca forsennata di alternative ecosostenibili. L’incontro con la permacultura ha fatto conoscere un nuovo mondo che li ha portati a scoprire l’utilizzo, in campo edile, delle balle di paglia.

Hanno quindi investito tempo e risorse per formarsi, frequentando ogni corso tenuto in Italia e all’estero sui materiali naturali per l’edilizia. L’obiettivo era capire come costruire utilizzando risorse non industriali, a minimo impatto ambientale, che garantissero al contempo il massimo comfort abitativo. Dopo anni di studio e ricerca, sono arrivati ad una sintesi che considerano per loro la soluzione ottimale: una struttura portante in legno, tamponamenti in balle di paglia e finiture con intonaci in terra cruda e calce.

«Con soli quattro elementi completamente naturali, si riesce a costruire una casa che va oltre i limiti di legge in termini di comfort e consumi energetici e che può durare secoli», afferma Laura. «Ci sembrava una soluzione talmente intelligente rispetto a case costruite in maniera tradizionale che richiedono manutenzione costante, si degradano in pochi decenni e hanno un impatto ambientale enorme, sia nella produzione dei materiali che nel loro smaltimento. Per non parlare del fatto che spesso non offrono condizioni di comfort accettabili senza impianti di riscaldamento e climatizzazione».

Il cantiere-laboratorio: una casa di 340 mq diventa un manifesto vivente

Nel 2014, hanno deciso di mettere in pratica tutto ciò che avevano imparato e, per farlo, hanno acquistato una casa da ristrutturare in campagna in provincia di Terni – una struttura di 340 mq su tre livelli – e l’hanno trasformata nel loro cantiere-laboratorio. Il primo intervento ha riguardato il tetto che è stato completamente demolito e ricostruito con legno e paglia, rendendolo sismo-resistente, «una caratteristica spesso assente nelle coperture realizzate prima degli anni 2000», spiega Raduta.

Sono poi passati a realizzare un cappotto esterno sismo-resistente con balle di paglia, proteggendolo con un intonaco di grassello di calce stagionato e sabbia. «La malta l’abbiamo fatta direttamente in cantiere, come si faceva una volta», precisa Laura (lasciando trasparire un legittimo orgoglio) che si è occupata personalmente dell’impasto del materiale. All’interno dell’edificio, hanno rimosso i vecchi intonaci cementizi per sostituirli con la terra cruda. La materia prima proveniva direttamente dal loro terreno: una delle prime opere era stata infatti l’installazione di cisterne per l’acqua piovana e la terra di scavo è stata riutilizzata per intonacare tutta la casa e creare i pavimenti.

La loro casa, abitabile nella sua interezza dal 2022, è così diventata non solo un’abitazione, ma un centro di formazione utilizzato per corsi e workshop dove altri possono imparare queste tecniche.

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Dalla casa alla fabbrica: la nascita dei pannelli di paglia cucita

Mentre lavoravano alla loro casa e progettavano edifici per altri clienti, Laura e Daniele hanno individuato un’esigenza specifica del mercato: se le balle di paglia intere sono perfette per le nuove costruzioni, nei lavori di ristrutturazione il loro utilizzo può essere limitante. Serviva quindi un prodotto più maneggevole e standardizzato.

La sfida che Laura e Daniele si son trovati di fronte è stata quella di migliorare isolamento e comfort di strutture preesistenti trovando il modo di sfruttare le proprietà della paglia in altro modo. Così, nel 2021, dopo anni di ricerca, è nata l’idea di produrre pannelli di paglia, un progetto che ha visto la luce con il nome di EAP Thermus. L’ispirazione è arrivata grazie ad un caso ungherese per il quale, cercando materiali sostenibili per ristrutturare un asilo, venne sviluppata un’intuizione geniale: rendere la paglia, un sottoprodotto agricolo abbondante, più semplice da usare per gli operatori edili.

Sotto forma di pannelli, infatti, la paglia è risultata ideale per realizzare cappotti termici esterni, anche su edifici convenzionali in cemento. Lo spessore dei pannelli varia da 8 a 14 cm in base ai calcoli termotecnici e alla muratura esistente, ma si possono anche usare doppi strati incrociati per un isolamento maggiore. «Applicare un cappotto traspirante e naturale su una struttura tradizionale ne aumenta la durata, perché la mantiene più asciutta, salubre e a temperature stabili, prevenendo condense e muffe che sono la principale causa di degrado, ci spiega Laura».

EAP Thermus ha quindi brevettato la tecnologia e ideato la macchina che cuce gli steli di cereali (indifferentemente quindi grano, farro, riso, ecc.) per creare pannelli compatti. «La tecnologia è di per sé banale», spiega l’ingegnera, «ma la vera difficoltà è stata gestire un materiale disomogeneo come la paglia per ottenere un prodotto standardizzato».

Un modello di business sostenibile: distribuire tecnologia, non solo pannelli

Il risparmio ambientale inizia dalla produzione. Laura offre un dato impressionante: «Per produrre un metro cubo di isolante plastico XPS servono circa 185 kWh di energia. Per produrre un metro cubo di pannello di paglia equivalente, il consumo è di soli 5 kWh di energia elettrica. Non serve petrolio, solo paglia che posso trovare in loco». A questo si aggiunge la durabilità del materiale (che supera la nostra vita) e il comfort di un edificio che “respira”, riducendo drasticamente i costi energetici per la climatizzazione.

Oggi, EAP Thermus vende i suoi pannelli a clienti finali e posatori e, grazie a un accordo con un importante distributore di materiali per la bioedilizia nel Nord Italia, copre l’intero territorio nazionale. La loro visione va oltre la semplice vendita di un prodotto. «Non ha molto senso distribuire i pannelli su lunghe distanze. È molto più ecosostenibile distribuire le macchine, in modo che i pannelli possano essere prodotti localmente, utilizzando la paglia del territorio».

La produzione, ad oggi, avviene ancora in Ungheria dove si trova la prima macchina, ma il piano di diffusione di questa tecnologia è già in moto. Stanno costruendo un macchinario più evoluto che sperano di installare in Umbria, dove vivono, per avviare la produzione italiana entro il 2025. Una terza macchina sarà destinata alla Romania.

Il loro modello di business futuro prevede quindi la vendita dei macchinari per produrre i pannelli in loco, garantendo, però, che i pannelli prodotti rispondano a precisi standard qualitativi per ottenere la certificazione.

Quanto dura un pannello di paglia? E è a rischio incendio?

A questo punto sono sorte domande spontanee. Quanto dura un pannello di paglia? Quanto le bucce delle verdure che buttiamo nel compost? Assolutamente no. «La durata è potenzialmente illimitata. La paglia è composta principalmente da lignina, simile al legno, e ha una notevole resistenza». Esistono case in balle di paglia di fine ‘800 ancora perfettamente intatte e ritrovamenti di paglia in edifici del ‘700. «La paglia, se ha la possibilità di bagnarsi e asciugarsi, dura a lungo», chiarisce Laura.

“La paglia non aumenta il rischio di incendio?” Questa è l’altra domanda ricorrente. Diciamolo subito, come spiegato dall’ingegnera: è un falso mito. «Un muro in balle di paglia pressata, protetto da un intonaco spesso, è molto più resistente al fuoco di tante soluzioni convenzionali». La paglia, essendo molto compressa, contiene poco ossigeno che è necessario per la combustione. L’intonaco funge poi da scudo protettivo. Test di laboratorio dimostrano che una parete in paglia e intonaco può resistere a 1000°C per 90 minuti (REI90), più di tanti materiali tradizionali.

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