Se è vero che il diavolo sta nei dettagli, la conferma arriva dalla proposta di consultazione pubblica della Commissione Europea sulla progettazione ecocompatibile e l’etichettatura energetica delle caldaie (ma non solo). Lo scorso 1 dicembre sul portale UE è stata pubblicata la richiesta di feedback da parte della Direzione generale dell’Energia. A necessitare di un aggiornamento normativo, in particolare, sono quattro regolamenti tecnici sulla progettazione ecocompatibile e sull’etichettatura energetica degli scaldabagni centrali, delle caldaie e delle pompe di calore idroniche.
Le norme precedenti, ricorda la Commissione, risalgono al 2013 ed è perciò necessario integrare i progressi tecnici e i cambiamenti di mercato. Ma in quest’ultima bozza è stato inserito un “dettaglio” che conferma la pervicace operazione di demolizione del Green Deal, da parte della stessa presidente Ursula von der Leyen che, appena un paio di anni fa, sosteneva invece la necessità di un riscaldamento domestico che facesse leva sulle pompe di calore elettriche e cominciasse a dismettere le vecchie caldaie a gas, ancora diffusissime in molti Stati membri dell’UE (tra cui l’Italia).
Come ricorda Il Sole 24 ore, “la bozza di provvedimento cambia radicalmente rotta rispetto a quella fatta circolare nella primavera del 2023: se, all’epoca, veniva disegnato il bando totale delle caldaie a partire dal 2029, i nuovi parametri cancellano qualsiasi ipotesi di esclusione e ammettono sia gli apparecchi a condensazione che quelli tradizionali”. Un cambio di rotta sul quale hanno pesato le pressioni della filiera che opera con le tradizionali caldaie.

In ogni caso c’è tempo fino al 23 gennaio 2026 per partecipare alla consultazione promossa dalla Commissione europea. Dopo le osservazioni ricevute verranno consultati i Paesi membri e a seguito di questo passaggio la Commissione adotterà quindi i regolamenti definitivi e li pubblicherà nella Gazzetta ufficiale dell’UE, a meno che il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE non esprimano un’obiezione negativa durante il periodo di controllo.
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Da dove arriva il cambio di rotta della Commissione sulle caldaie
Quando nel 2023 la Commissione aveva di fatto vietato la commercializzazione delle caldaie a gas a partire dal 2029, lo aveva fatto con uno stratagemma: aveva fissato cioè una soglia minima di efficienza al 115% per le caldaie, un limite molto ambizioso per le tecnologie ad oggi disponibili. Aumentando la soglia di efficienza energetica, le caldaie a combustibili fossili di fatto sarebbero state messe fuori legge. In sostanza, con la soglia minima di efficienza stagionale al 115%, le uniche soluzioni incentivate potrebbero essere le pompe di calore. Già prima di quella scelta, e ancor più dopo, le pressioni lobbistiche erano state enormi.
Basti pensare che il riscaldamento degli ambienti rappresenta l’80% del consumo energetico in Europa, di cui più della metà è generato da combustibili fossili. Gli edifici rappresentano il 40% del consumo finale di energia dell’UE e il 36% delle sue emissioni di gas serra. Ecco perché, a distanza di due anni e mezzo, la Commissione ci ha ripensato e nell’ultima versione della bozza la tabella sui limiti di efficienza energetica è stata ritoccata verso il basso, tanto da permettere l’utilizzo futuro sia delle caldaie a condensazione che di quelle tradizionali.

Ma c’è un ulteriore aspetto da evidenziare. Mentre si attende la definizione del regolamento Ecodesign c’è intanto la direttiva Case green che è già attiva. E questa prevede che gli Stati membri devono muoversi in prospettiva dell’eliminazione completa delle caldaie alimentate da combustibili fossili entro il 2040. Si tratta di una questione importante, tecnica e politica allo stesso tempo: da una parte la Commissione allenta i vincoli del regolamento, che è obbligatorio sin da subito per gli Stati membri, e dall’altra lascia intatta (almeno per ora) la direttiva, che dovrà essere recepita dagli Stati membri. In sostanza si lascia più potere decisionale ai singoli governi. Anche dal punto di vista ambientale, dunque, l’attuale Unione Europea si conferma più un’aggregazione che una federazione.
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