C’è una piccola chiesa al centro di Napoli, proprio dietro San Gregorio Armeno, la via dei presepi. È la chiesa di Santa Lucia, Luciella per la gente del quartiere proprio per le sue dimensioni ridotte. È rimasta chiusa per trent’anni dopo il terremoto del 1980, come tanti altri luoghi, diventando luogo di discarica, bivacco e gioco per i bambini del quartiere. Ma nel sotterraneo vive anche un altro tipo di culto, quello del teschio con le orecchie, oggetto di culto popolare e mediatore con le anime dell’aldilà proprio per la sua conformazione che fa apparire un distacco della cartilagine, come due orecchie, aumentandone il mistero e il mito.
Questa è la storia di un gruppo di ragazzi che restituendo alla comunità un luogo d’arte, hanno fatto rivivere due culti che nella gente di Napoli non si erano mai sopiti veramente. Siamo oltre una semplice storia di rigenerazione urbana, ci muoviamo tra sacro e profano, con un tuffo nella fortuna che traghettato la cappella dall’oblio alla celebrità, con 40mila biglietti staccati nell’ultimo anno.
Come tutto è iniziato
Siamo alla fine del 2011, Massimo Faella, Simona Trudi, Angela Rogliani e Francesca Licata freschi di studi in materie artistiche, come tanti giovani ad un certo punto si sono trovati a chiedersi come sfruttare al meglio la propria laurea e dalla volontà in mancanza di offerta di crearsi un lavoro.
“La chiesetta l’abbiamo scoperta per caso. Ci arrivò tra le mani un libro sulle chiese chiuse di Napoli, ovvero tutte quelle chiese che rimasero vuote dopo il terremoto del 1980. Tra queste uscì Santa Luciella – racconta Simona Trudi – e già si faceva riferimento al culto del teschio con le orecchie. La cosa ci stupì perché noi eravamo spesso nel centro storico e non ci avevamo mai fatto caso. Ci incuriosimmo e ottenemmo un accesso per motivo di studio dalla Curia di Napoli”.
Amore a prima vista
“Ce ne siamo subito innamorati, nonostante la situazione in cui abbiamo trovato la chiesa, tra cumuli di immondizia, tetti crollati e un buco che portava alla parte sotterranea della chiesa. La situazione era tragica, ma le potenzialità sono saltate subito agli occhi. – continua – Ma la sorpresa più grande l’abbiamo trovata all’esterno. Le persone del vico vedendola aperta, dopo tanto tempo, ci hanno subito chiesto della capa co’ e ‘recchie, cioè il teschio con le orecchie, capimmo subito che la memoria era viva. Così tutto è partito, dalla follia di un gruppo di giovani. Ci sono voluti tre anni per ottenere il comodato d’uso, ma non abbiamo mai mollato di fronte alla burocrazia. Tutto quello che è stato investito viene dalle nostre attività come visite guidate, tour sul territorio, dall’apertura dell’altro sito che è la Chiesa di Ss. Filippo e Giacomo, e poi il grandissimo contributo è stato quello del Pio Monte della Misericordia che ci ha dato la spinta per poter aprire a fine 2019. Il barone Pasca ha creduto subito nel progetto, nella nostra professionalità, investendo circa 40mila euro che sono stati spesi per la messa in sicurezza, per i tetti, per la scala d’accesso alle terre sante. Insomma per renderla visitabile al pubblico”.
Mai sosta vietata fu più benedetta
Ancora oggi chi visita questo luogo ha la possibilità di vedere “l’armadio della vergogna”, una selezione dei rifiuti che sono stati rinvenuti all’interno della cappella. Lattine, bombole del gas, una piccola bara, calcinacci di vario tipo che però hanno avuto il merito di preservare il pavimento originale della cappella dall’acqua piovana. Chiusa per trent’anni questo luogo è diventato bivacco, ma anche campo per le sfide dei ragazzini degli anni ’80 che nell’ingresso alla chiesa disabitata misuravano il proprio coraggio. Solo la sosta vietata dell’auto di uno degli abitanti del vicolo, proprio davanti al cancello, ha messo fine al via vai all’interno di Santa Luciella, preservandone i luoghi una volta per tutte.
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I progetti
Il lavoro sulla cappella è continuo. Ogni restauro si lega ad un progetto e ogni progetto ad una raccolta fondi. Attualmente la facciata è in fase di restauro che è stato possibile grazie a Parmalat, l’altare maggiore è stato restaurato dai Piacentino, che alla fine innamorati del progetto ci hanno regalato il restauro.
“A marzo 2022 abbiamo anche investito nel restauro e consolidamento del teschio con le orecchie che si stava danneggiando. Aprendo al pubblico, nel cimitero sono cambiate le condizioni di umidità per cui abbiamo dovuto contattare degli specialisti. Un’équipe di chimici e antropologi è arrivata da Roma e per questo intervento abbiamo chiuso per 3-4 giorni. A breve faremo una presentazione di tutto questo lavoro dove trasmetteremo anche un video” racconta Simona.
Ma quella dell’associazione Respiriamo Arte non è solo un’attività culturale. Riaprire la Chiesa di Santa Luciella per questo gruppo di ragazzi non è stato semplicemente aprire l’ennesimo museo nel centro storico, ma restituire al quartiere i suoi culti, uno spazio di preghiera e avvicinare i più piccoli all’arte e alla storia della propria città con laboratori ed eventi. Nel tempo sono diventati un punto di riferimento per l’intero rione e ogni mese nella chiesa viene celebrata una messa per i malati, così insieme ai turisti sono tornati anche gli ex voto nella chiesa.
“La signora che ci aiuta con le pulizie, è una donna del quartiere che aveva bisogno di lavorare e così l’abbiamo integrata nell’organico” aggiunge Simona che con una certa soddisfazione annuncia che in primavera sono stati assunti sette ragazzi con un contratto a tempo indeterminato e altri due sono in prova.
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Un incontro fortunato
La cappella è stata restituita alla città alla fine del 2019, dopo quasi dieci anni di lavoro da parte di questi quattro ragazzi che non si sono scoraggiati di fronte alla burocrazia e ai mille intoppi che possono presentarsi di fronte ad un’impresa di questo genere. Ma la sorte avversa, dopo il terremoto, ha imposto anche la pandemia alla storia di questo luogo con un altro stop. Ma il regalo più grande è arrivato la notte di Natale del 2021. Su Rai 1 va in onda Una notte a Napoli dove Alberto Angela conduce gli spettatori tra i tesori della città partenopea, includendo nel suo giro anche Santa Luciella. “Noi fondatori dell’associazione eravamo insieme davanti alla tv e abbiamo pianto – confida Simona ancora con la voce che trapela emozione e gioia. – Il giorno dopo la messa in onda, il 26 dicembre, la fila per visitare la cappella occupava tutto il vicolo”.
Così tra visione e ostinazione, tra sacro e profano, un luogo è stato recuperato, restituito al suo quartiere e alla collettività, generando economia positiva. E dopo tanto lavoro, è arrivata la buona sorte…sarà stata la tv o la capa co e’ recchie?
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