domenica, Marzo 9, 2025

ENEA, la sfida del riciclo dei pannelli solari si vince con la ricerca

La sostenibilità della transizione energetica passa per l’economia circolare. L’Italia già nei prossimi anni sarà investita dall’onda d’urto dei rifiuti fotovoltaici dei pannelli dismessi. C’è bisogno di farsi trovare pronti. Migliorare le tecnologie e rendere il riciclo più conveniente e sostenibile: è quello che sta cercando di fare ENEA con una serie di progetti

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

L’Italia deve prepararsi a una crescita esponenziale di rifiuti fotovoltaici ed ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, è attiva contemporaneamente con quattro progetti per chiudere il ciclo dei pannelli solari, attraverso lo sviluppo di prodotti e di processi di trattamento che favoriscano il massimo recupero dei materiali e che siano sostenibili, sotto il profilo economico ed ambientale. Questi vanno da nuove linee di trattamento più efficienti nel recupero a processi a minore impatto ambientale.

L’energia solare è sicuramente quella che si è imposta tra le varie fonti rinnovabili e in base alle stime dell’IEA rappresenterà l’80% della nuova capacità rinnovabile installata entro il 2030. Solo nel 2023 sono stati infatti installati 447 GW di nuovo solare, di cui più della metà in Cina, con una crescita addirittura dell’87% rispetto ai valori del 2022. Adesso la capacità solare totale del mondo è di 1,6 TW, che arriverà secondo le previsioni a 5,1 TW nel 2028. L’Italia, con oltre 30 GW di potenza installata, è in linea con il trend mondiale e ha registrato un’accelerazione importante di nuovi pannelli installati.

Sebbene questi dati siano ben lungi dal fotografare un’Italia che ha abbracciato l’energia solare, visto che ancora mancano grossi impianti capaci di fare la differenza a livello di sistema, si parla comunque di una quantità importante di pannelli fotovoltaici. Questo significa, però, che è necessario farsi trovare pronti per il riciclo dei pannelli fotovoltaici. In Italia ad oggi ci sono una decina di impianti di recupero, con differenti capacità produttive: dai 60 ai 200 pannelli processati in un’ora e con differenti livelli di qualità del prodotto finale. Per il flusso di lavoro attuale bastano, ma in futuro ci saranno seri problemi se l’offerta di trattamento non aumenterà.

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Non tutti i pannelli sono riciclabili allo stesso modo

La versatilità del fotovoltaico è stata sicuramente una delle ragioni del successo: la produzione è standardizzata, è possibile fare impianti domestici o giganteschi, utilizzando sempre un identico pezzo, il pannello, moltiplicato secondo le esigenze. I pannelli solari sono semplici da trasportare e possono essere installati ovunque e non serve una manodopera iper-specializzata. L’assenza di parti in movimento gli garantisce una lunga durata e una manutenzione minima. Tuttavia è necessario sviluppare tecniche meccaniche o chimico meccaniche per recuperarli: attualmente ci sono già, ma dovranno diventare economicamente più sostenibili. Ed è proprio quello che l’ENEA sta cercando di fare, per migliorare l’efficienza e così rendere più redditizio il riciclo.

Il pannello rappresenta un rifiuto particolare, in quanto è progettato e costruito per essere resistente alle intemperie e per durare nel tempo, quindi presenta una serie di problematiche per il trattamento finalizzato a disassemblaggio e recupero dei materiali. Inoltre esistono diverse tipologie di pannelli fotovoltaici: “Tra le principali – ricorda l’ENEA in un recente studio sul riciclo dei pannelli – si annoverano i pannelli in silicio (mono- e poli-) cristallino (c-Si), e a film sottile, che possono usare celle a base di silicio amorfo (a-Si) o di rame, indio e selenio (CIS) oppure di rame, indio, gallio e selenio (CIGS) o ancora di tellururo di cadmio (CdTe).

Attualmente la tipologia più diffusa – si legge – è rappresentata dai pannelli in silicio cristallino che costituiscono circa il 90% del parco fotovoltaico a livello mondiale. I moduli fotovoltaici in silicio contengono vetro (73% circa) e alluminio (10% circa), oltre a piccole quantità di rame, argento e, ovviamente, silicio, che possono essere recuperati e riutilizzati, sia per realizzare nuovi moduli fotovoltaici sia in altri processi”.

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Il riciclo è problematico, ma i danni della discarica sono enormi

“I processi cui sono sottoposti i pannelli fotovoltaici a fine vita sono numerosi”, spiega ENEA in un’altra ricerca. “Fisico (frantumazione, flottazione, sabbiatura), termico (combustione), chimico (dissoluzione mediante solventi) o di tipo fisico-chimico combinato. In molti casi un tipo di processo si alterna ad un altro, fino al recupero completo dei pannelli”. Per quel che riguarda la percentuale di riciclabilità delle sostanze, differenti metodi di riciclo raggiungono risultati differenti.

“Vale la pena ricordare – prosegue ENEA – che alcuni elementi sono presenti in percentuali molto basse. L’opportunità del loro recupero a fine vita del pannello fotovoltaico dipenderà non solo dalla possibilità tecnica di realizzare l’azione, ma anche dal costo/beneficio del processo in termini economici”.

È un aspetto fondamentale se si vuole evitare il conferimento in discarica dei pannelli: non può essere la soluzione più conveniente. Se i moduli vengono smaltiti in discarica, o avviati a processi di incenerimento, possono inoltre rilasciare sostanze altamente inquinanti nei terreni, nelle falde acquifere o in atmosfera, con un costo ambientale stimato di circa 2 miliardi di euro per il piombo e di 14 milioni di euro per il cadmio da qui al 2050.

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Gestione del fine vita: i progetti di ENEA

Sono aspetti complessi e necessitano un approccio integrato tra diverse competenze, che Enea cerca di coordinare attraverso i suoi progetti di ricerca. In questo contesto si inserisce il progetto ReSiELP (REcovery of silicon and other materials from end of life Photovoltaic panels), finanziato dalla KIC EIT RawMaterials, in cui ENEA ha realizzato un impianto pilota per il trattamento termico in grado di recuperare da pannelli fotovoltaici a fine vita non soltanto alluminio e vetro, ma anche materiali come silicio, argento e rame. ENEA ha inoltre sviluppato sistemi di trattamento dei reflui liquidi e gassosi, e ha valutato le prestazioni ambientali ed economiche dell’intero processo di riciclo.

Lo stesso approccio è stato seguito con il progetto PARSIVAL, sempre finanziato dal KIC EIT RawMaterials, sebbene in questo caso i ricercatori stanno sviluppando soluzioni tecnologiche per il trattamento delle celle di silicio recuperate per produrre anodi per batterie agli ioni di litio a più alta densità di energia rispetto a quelle commerciali.

pannelli enea 1

Infine, all’interno del progetto IEMAP, finanziato dal MASE (2022-2024) nell’ambito dell’iniziativa “Mission Innovation”, ENEA sta sviluppando un processo innovativo, basato su un brevetto, che consente di recuperare i principali componenti dei pannelli fotovoltaici, come vetro, celle, contatti elettrici, componenti in plastica, grazie a un trattamento a raggi infrarossi che permette la degradazione termica dello strato di materiale plastico e di evitare la combustione, tipica di altri metodi, con benefici in termini di ridotte emissioni in atmosfera.

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Vantaggi e svantaggi dei diversi sistemi di trattamento

L’impatto ambientale del riciclo è, infatti, un tema troppo spesso affrontato con superficialità. “In molte fasi di trattamento è possibile individuare passaggi potenzialmente pericolosi per l’ambiente e la salute. In alcuni casi si tratta di processi che richiedono un utilizzo energetico molto elevato, che vanno quindi attentamente valutati in termini di LCA”, spiega ENEA.

I sistemi di trattamento dei pannelli a fine vita sono diversi e tutti presentano vantaggi e svantaggi, sia economici che ambientali. Perciò è necessario individuare un processo che minimizzi gli impatti ambientali ma che allo stesso tempo sia economicamente sostenibile. A tal proposito ENEA ha brevettato un processo a basso impatto ambientale per recuperare il silicio e trasformarlo in nanomateriale utile per lo sviluppo di batterie più efficienti e durature. Il processo è applicabile sia negli impianti di riciclo che negli stabilimenti di produzione di pannelli fotovoltaici.

Al fine di ottimizzare i parametri del processo utilizzato per il recupero del silicio, risulta di estrema utilità conoscere i materiali costituenti la cella fotovoltaica, monitorare il processo di trattamento ed infine valutare la qualità dei materiali recuperati. Studi condotti da ENEA, però, evidenziano che non è possibile definire con esattezza il contenuto di metalli o sostanze pericolose nei moduli fotovoltaici in quanto pannelli tecnologicamente simili, ma costruiti da differenti produttori, possono contenere differenti sostanze potenzialmente impattanti, a causa delle diverse tipologie di brevetti utilizzati.

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Ecodesign dei pannelli: l’importanza della prevenzione

Questo evidenza come alle tecnologie di riciclo e recupero sia importante accostare interventi legati all’ecodesign, ovvero progettare in anticipo i moduli fotovoltaici e i loro componenti con il minor utilizzo possibile di materiali critici o sostituendo sostanze a forte impatto ambientale con materiali rinnovabili a base vegetale. Insomma, una progettazione innovativa di moduli ed impianti deve garantire al tempo stesso efficienza tecnologica e sostenibilità economica ed ambientale nell’intero ciclo di vita.

ENEA fa una lista delle sostanze più impattanti. “Cadmio nei pannelli a film sottile; alcuni ftalati usati nei plasticizzanti; composti bromurati usati come ritardanti di fiamma; piombo usato nelle paste di metallizzazione; composti fluorurati derivanti dai polimeri usati come backsheet (lo strato isolante posteriore dei moduli inserito allo scopo di proteggere i componenti del pannello da elementi ambientali ndr) nei pannelli a base di silicio”. In particolare, gli studi condotti nel Dipartimento Tecnologie Energetiche si sono focalizzati sulla sostituzione dei polimeri fluorurati più comunemente usati nella fabbricazione dei moduli a base di silicio con bio-polimeri.

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Grazie all’alta conducibilità termica, i bio-backsheet possono aumentare la potenza dei pannelli trasferendo rapidamente il calore lontano dalle celle solari, il che abbassa la temperatura operativa e migliora l’efficienza di conversione solare e la potenza erogata. E i vantaggi riguardano anche la fase di riciclo: l’uso di bio-polimeri comporta una significativa riduzione dell’impatto ambientale associato ai convenzionali processi di recupero dei materiali riciclabili, effettuati su pannelli contenenti polimeri fluorurati.

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