mercoledì, Novembre 5, 2025

I Massive Attack cambiano le regole degli eventi live?

Uno studio del Dipartimento di ingegneria dell’Università di Manchester ha analizzato l’impatto di Act 1.5, il concerto del 2024 guidato dalla famosa band di Bristol. Il futuro della musica è sostenibile. Ma molto dipende da chi va a vedere gli show. Che dovranno essere non più intrattimento ma un atto collettivo

Alessandro Bernardini
Alessandro Bernardini
Nella redazione del progetto di podcasting Sveja, ha scritto per la rivista di letteratura Arti & Mestieri Laspro e per la cooperativa editoriale Carta. Per il quotidiano online Giornalettismo ha tenuto una rubrica settimanale sul conflitto Palestina-Israele. Ha collaborato con Lettera Internazionale e lavorato in Medio Oriente come videomaker. Si occupa di comunicazione, educazione e formazione in ambito formale e non formale per il Terzo Settore. Fa parte dell’area Formazione di A Sud Ecologia e Cooperazione. Autore dei romanzi “La vodka è finita” (Ensemble) e ’“Nonostante febbraio. Morire di lavoro” (Red Star Press)

Un concerto può davvero indicare la strada verso un diverso modo di concepire la musica live? Secondo il nuovo rapporto del Tyndall Centre for Climate Change Research dell’Università di Manchester la risposta è sì.

L’Act 1.5, un festival che ha attirato oltre 30.000 spettatori, organizzato a Bristol nell’agosto 2024 e guidato dai Massive Attack, è l’evento che è stato analizzato in base agli obiettivi fissati dalla Super-Low Carbon Live Music Roadmap, la mappa di decarbonizzazione pensata per ridurre drasticamente l’impatto climatico degli spettacoli dal vivo. 

Il risultato? Un taglio record alle emissioni, ottenuto grazie a scelte radicali e coraggiose.

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Un festival alimentato solo a batterie

La sfida più ambiziosa era eliminare del tutto i generatori a diesel, cuore energetico tradizionale dei grandi eventi. Act 1.5 ha dimostrato che è possibile sostituirli con un sistema di batterie di prima e seconda vita, ricaricate con camion elettrici collegati a fonti rinnovabili. L’esperimento ha funzionato: le emissioni legate all’elettricità sono state inferiori dell’81% rispetto a un festival convenzionale (fino al 98% se si considera l’approccio “market-based”).

Non solo meno inquinamento, ma anche benefici immediati: niente fumi né rumori di motori, aria più pulita e migliore qualità sonora. Un risultato che, sottolineano i ricercatori, può diventare modello replicabile per altri eventi.

Trasporti e pubblico: il nodo più difficile

La questione dei trasporti resta invece la sfida più complessa. L’organizzazione ha ridotto le emissioni dei tour truck dimezzando i mezzi necessari e scegliendo carburanti alternativi come HVO e CNG. Anche gli artisti hanno rinunciato agli aerei, viaggiando in treno, bus e traghetto da città come Dublino, Parigi e Glasgow.

Il pubblico, tuttavia, rappresenta il vero banco di prova: sebbene l’evento abbia favorito il treno con incentivi, shuttle elettrici e orari anticipati di chiusura, il 5% degli spettatori arrivato in aereo ha generato il 64% delle emissioni totali. È la dimostrazione, scrivono i ricercatori, che senza un cambio di rotta nelle abitudini dei fan e delle strategie di tour globale, l’industria non potrà contribuire in modo serio agli obiettivi climatici.

Cibo vegano e rifiuti compostabili

Altro elemento distintivo del festival è stata la scelta di offrire cibo interamente plant-based. Una decisione inizialmente discussa, ma che ha avuto un grande riscontro: le emissioni legate alla ristorazione sono state ridotte dell’89% rispetto a un menu tradizionale. Non sono mancati imprevisti – code più lunghe del previsto davanti agli stand – ma il dato più rilevante è la conferma che la domanda per piatti vegani esiste ed è forte.

In parallelo, l’evento ha eliminato la plastica monouso, utilizzato stoviglie compostabili e installato toilette a compostaggio, riducendo ulteriormente l’impatto ambientale.

sondaggio plastica monouso

Il ruolo della collaborazione

Il rapporto mette in evidenza come il successo del progetto sia dipeso dalla collaborazione tra attori diversi – produttori, sponsor, fornitori di energia, trasporti e istituzioni locali – e soprattutto dalla determinazione della band e del team organizzativo a non arretrare di fronte alle difficoltà.

 Come raccontano le persone intervistate, il rifiuto di installare generatori di backup a gasolio, arrivati sul sito all’ultimo momento, è stato un gesto simbolico: “volare senza rete di protezione”, ma con la consapevolezza che il sistema a batterie fosse già affidabile.

Un modello per il futuro

Il Tyndall Centre conclude che Act 1.5 non è solo un esperimento riuscito, ma un vero “proof of concept” per il settore: dimostra che la tecnologia necessaria esiste già, purché ci sia la volontà di metterla in campo. Le emissioni complessive sono state abbattute in ogni area controllabile: -70% per i trasporti delle attrezzature, -73% per i viaggi degli artisti, -89% per il cibo.

Il tallone d’Achille resta l’aviazione del pubblico, fenomeno in crescita con la tendenza a concentrare i tour in poche grandi città. Qui il documento invita a riflettere non solo sul ruolo degli artisti, ma anche sulle campagne promozionali che alimentano l’idea del “viaggio evento” come esperienza glamour.

Una rivoluzione culturale

Act 1.5 ha insegnato che ridurre le emissioni non significa rinunciare alla qualità dello spettacolo. Anzi, può migliorare l’esperienza per tutti. Ma la vera rivoluzione è culturale: pensare a un concerto non solo come intrattenimento, ma come un atto collettivo che può contribuire alla lotta contro la crisi climatica.

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Foto: Canva

Perché, come scrive il rapporto, il concerto dei Massive Attack ha dimostrato che la musica può ancora una volta essere avanguardia, questa volta non solo artistica ma ambientale.

I Massive Attack sono tra le band più attive nella sfida al cambiamento climatico e sono tra le più “politiche” del panorama internazionale. La loro sensibilità verso i temi ambientali nasce da un percorso coerente che intreccia musica e impegno civile. La band di Bristol segue il solco tracciato dai Coldplay che hanno iniziato il loro percorso verso la sostenibilità in Costa Rica nella primavera del 2022. 

Leggi anche: lo Speciale sulla cultura sostenibile

*La rubrica è realizzata nell’ambito di ECO-Ecologicamente Culturali, un progetto di Fondazione Ecosistemi, Promo PA Fondazione, 4Form e A Sud co-finanziato dall’Unione Europea – Next Generation EU nell’ambito del PNRR. Il progetto fa parte di Cultura Sostenibile, un programma di A Sud, EconomiaCircolare.com e CDCA in collaborazione con Melting Pro

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