Semplificare senza compromettere l’integrità, l’efficacia e le ambizioni ambientali delle normative europee sulla sostenibilità. È l’appello lanciato da 260 accademici e rivolto all’Unione Europea in vista dell’approvazione del Pacchetto Omnibus I. La contestata iniziativa di Bruxelles sulla semplificazione delle normative dedicate alla sostenibilità d’impresa, in particolare le direttive CSRD sul reporting di sostenibilità e la direttiva CSDDD sulla due diligence, è da mesi oggetto di critiche da parte di esperti, associazioni ambientaliste e perfino dalla Banca centrale europea.
Il punto è definire cosa sia semplificazione e cosa invece sia retromarcia, perché sotto la scure delle semplificazioni le normative rischiano di essere indebolite in una maniera tale da diventare irrilevanti. È quello, in sostanza, che ritengono anche i 260 accademici firmatari della lettera. La dichiarazione congiunta esorta i politici dell’Unione Europea a prendere le decisioni seguendo criteri scientifici. Mentre quello che li ha motivati finora, a partire dalle elezioni europee che hanno modificato la composizione del Parlamento UE spostandolo più a destra, sembrano essere state più motivazioni politiche.
La dicotomia tra sostenibilità e competitività è un’invenzione
“Siamo uniti nella preoccupazione per il futuro della politica di sostenibilità in Europa”, premette la lettera. “Pur sostenendo gli sforzi dell’Unione Europea per semplificare la legislazione e creare quadri normativi più efficienti – si legge nel documento – siamo allarmati dall’attuale direzione del pacchetto Omnibus dell’UE. Questa iniziativa rischia di indebolire la Direttiva CSRD e la Direttiva CSDDD”.
Gli accademici sottolineano come la sostenibilità non sia “un onere normativo, ma un vantaggio strategico che rafforza la competitività, la resilienza e la capacità di innovazione dell’Europa”. Le aziende dovrebbero essere le prime a rendersi conto che si tratta di una falsa dicotomia quella tra sostenibilità e competitività: “Indebolire il quadro normativo di sostenibilità dell’Unione Europea mette a repentaglio le condizioni necessarie al successo delle imprese europee in un mondo sempre più influenzato dai rischi climatici, dalle mutevoli aspettative degli investitori e dalla crescente domanda globale di trasparenza e obiettivi”. In poche parole, sarebbero le loro le prime a rimetterci dalla semplificazione.
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Le cinque richieste degli studiosi
La dichiarazione congiunta (denominata “Dichiarazione di Copenaghen”, perché è stata redatta durante una recente conferenza sul tema a Copenaghen), è stata scritta dai professori ed esperti di tematiche ambientali e di finanza sostenibile Andreas Rasche, Laura Marie Edinger-Schons, Judith Stroehle, Gaia Melloni, Ali Aslan Gümüsay, Florian Berg, Florian Hoos ed è stata firmata da oltre 260 accademici. Il testo invita i responsabili politici dell’UE “a perseguire la semplificazione senza compromettere l’integrità e l’ambizione di queste normative vitali”.
Sono cinque i punti principali evidenziati nella lettera. Per prima cosa la semplificazione deve avvenire a fronte di “prove concrete”. Invece, “l’attuale proposta Omnibus manca di una solida base di evidenze. Chiediamo una più approfondita integrazione della ricerca scientifica sul reporting di sostenibilità e sulla due diligence nelle fasi restanti del processo legislativo, in particolare nelle negoziazioni finali al Parlamento europeo e nel successivo trilogo”, scrivono i professori.
Questo significa, sostanzialmente, come evidenzia il secondo passaggio, “allinearsi alla scienza climatica”, che invece viene trascurata da alcune disposizioni del pacchetto Omnibus: “In particolare, l’eventuale indebolimento o eliminazione dei piani di transizione climatica compromette il loro ruolo di strumenti essenziali per allineare i modelli di business agli obiettivi scientifici sul clima. Tali piani rappresentano roadmap fondamentali per una trasformazione sostenibile”.
Inoltre, i firmatari, chiedono di “garantire la coerenza normativa” tra le entità soggette agli obblighi di reporting all’interno dell’UE. Ma, fanno notare, “per mantenere coerenza con la Direttiva NFRD, le aziende con più di 500 dipendenti dovrebbero rimanere nell’ambito di applicazione della CSRD (mentre il pacchetto Omnibus ha alzato la soglia a 1.000 dipendenti, ndr). Questa inclusione è necessaria per creare un insieme coerente e significativo di entità soggette a reporting in tutta l’UE”. La coerenza (etica e legale), nel caso della direttiva sulla due diligence, deve essere anche nell’approccio “basato sul rischio”, in linea con gli standard internazionali, in particolare “i Principi guida ONU su imprese e diritti umani e le Linee guida OCSE per le imprese multinazionali”.
Infine, gli accademici invitano i politici dell’Unione Europea a riflettere sui costi e benefici di quello che stanno facendo, per trovare un giusto equilibrio: “Incoraggiamo i negoziatori a considerare i costi di conformità insieme ai significativi vantaggi strategici di un reporting di sostenibilità robusto e di pratiche di due diligence. L’attuale proposta si concentra quasi esclusivamente sulla riduzione degli oneri, trascurando l’ampia ricerca che dimostra il valore a lungo termine per le aziende di tali pratiche”, concludono.
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Cosa stabiliscono le semplificazioni del pacchetto Omnibus I
Il 25 luglio 2024 è entrata in vigore la Direttiva CSDDD, stabilendo obblighi legali per le imprese nel rispetto dei diritti umani e dell’ambiente. Tuttavia, il dossier è stato riaperto all’interno del pacchetto Omnibus I per la semplificazione, insieme ad altre leggi fondamentali per il Green Deal europeo, come la Direttiva CSRD, recepita in Italia il 6 settembre 2024. Si tratta di due processi legislativi ancora in itinere, perché alcuni degli obblighi scatteranno nel tempo.
La Commissione ha pubblicato il progetto di pacchetto Omnibus I il 26 febbraio 2025, includendo piani per eliminare la responsabilità civile armonizzata e concentrare la due diligence delle aziende sui fornitori diretti (tier 1): questo approccio, sostenuto ad esempio da alcune lobby tedesche, secondo gli esperti potrebbe, per assurdo, aumentare il rischio di conformità formale (“tick-box”) e pratiche aziendali burocratiche, invece di ridurle.
La relazione del Consiglio europeo alla proposta Omnibus, pubblicata nel giugno 2025, ha suggerito ulteriori riduzioni drastiche di ambito ed efficacia. Attraverso il meccanismo “stop-the-clock”, la Commissione propone di posticiparel’applicazione di tutti gli obblighi di rendicontazione previsti dalla CSRD per le aziende che devono riportare i dati nel 2026 e 2027 (le cosiddette aziende di seconda e terza ondata) e di posticipare di un anno, fino al 2028, sia la scadenza per il recepimento della CSDDD a livello nazionale sia la prima fase di applicazione della direttiva.
Il Parlamento europeo è attualmente in fase di negoziazione, con il rapporto Omnibus della commissione Affari legali atteso per ottobre 2025. Seguiranno il voto in plenaria sulla posizione del Parlamento e poi le negoziazioni trilaterali tra tutti e tre i co-legislatori dell’Unione Europea.
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