mercoledì, Novembre 5, 2025

4. È vero che i parchi fotovoltaici rubano terreno fertile all’agricoltura?

Quando si parla di fotovoltaico può capitare di sentire molte fake news che ne minano la fattibilità: analizziamo le più comuni, punto per punto, con un approccio scientifico e basato sui fatti

Letizia Palmisano
Letizia Palmisanohttps://www.letiziapalmisano.it/
Giornalista ambientale 2.0, spazia dal giornalismo alla consulenza nella comunicazione social. Vincitrice nel 2018 ai Macchianera Internet Awards del Premio Speciale ENEL per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all’economia circolare. Co-ideatrice, con Pressplay e Triboo-GreenStyle del premio Top Green Influencer. Co-fondatrice della FIMA, è nel comitato del Green Drop Award, premio collaterale della Mostra del cinema di Venezia. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.

L’obiezione sull’uso del suolo è una delle più complesse, perché tocca un tema sensibile come la produzione alimentare. La visione di campi coperti di pannelli anziché di grano può generare preoccupazione. L’impatto sull’uso del suolo è reale, ma la narrazione apocalittica è esagerata e ignora le normative e le soluzioni innovative. Da tempo si lavora per garantire un punto di equilibrio e la sensibilità a riguardo si è indirizzata (o almeno dovrebbe) in tal senso. Come? Facciamo alcuni esempi pratici.

Si può e si deve dare priorità a tetti ed aree marginali. Ad oggi, la maggior parte (circa i due terzi al 2022) della potenza fotovoltaica installata in paesi densamente popolati come l’Italia non si trova su terreni agricoli, ma su tetti di edifici residenziali, commerciali e industriali, coperture di parcheggi, aree industriali dismesse, ex-cave e discariche bonificate. Secondo l’ENEA, solo il potenziale dei tetti italiani potrebbe ospitare una potenza di gran lunga superiore agli obiettivi nazionali.

La soluzione più promettente per gli impianti “fuori” dai tetti è probabilmente l’agrivoltaico (o agrovoltaico) che consiste nell’installazione dei pannelli solari sopraelevati sullo stesso terreno dove si continua a coltivare. Questa sinergia porta molteplici vantaggi: i pannelli proteggono le colture da eventi estremi (grandine, sole eccessivo), riducono l’evaporazione dell’acqua (e quindi il fabbisogno irriguo) e forniscono all’agricoltore un reddito aggiuntivo dalla vendita di energia. Studi dimostrano che, per molte colture, la produttività agricola rimane invariata o addirittura aumenta.

Lungi dal “rubare” terreno quindi, gli impianti fotovoltaici, se ben pianificati, possono integrarsi in modo virtuoso con il territorio e persino migliorare la resilienza dell’agricoltura. Peraltro, come ricorda Italia Solare, per realizzare tutta la potenza richiesta con il nuovo fotovoltaico previsto in Italia dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima al 2030, basterebbe una parte minima del suolo nazionale, pari allo 0,2% della superficie agricola totale, assai inferiore alla superficie agricola che non viene più coltivata (e che, di anno in anno, aumenta).

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