Non un deposito nucleare, ma tre. Dopo che Sogin ha indicato le 51 aree papabili per ospitare il sito nazionale per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, mentre procede la valutazione di impatto ambientale su questi siti e dopo che l’unica autocandidatura (quella di Trino Vercellese) è evaporata, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin mette sul tavolo l’ipotesi dello spacchettamento: non più un solo grande deposito, ma piuttosto tre depositi più piccoli. Ipotesi che certamente avrà moltiplicato per tre l’allarme delle comunità indicate da Sogin come adeguate ad accogliere questi rifiuti. E mentre fatica a trovare un sito che ospiti le scorie del passato, il governo progetta di produrne altre aprendo in Italia una nuova stagione nucleare.
“Valutare lo spacchettamento”
“Tutti i giorni produciamo scorie nucleari a bassa e media intensità (industriali ed ospedaliere, n.d.r.), e in questo momento abbiamo 30 e più siti di stoccaggio” ha detto il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, a margine di un convegno (il 24 settembre scorso) a Roma alla sede di Confindustria. “La cosa bella sarebbe ridurli a uno. Altrimenti uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud. È una valutazione da fare“. Tutti e tre, anche se probabilmente più piccoli dell’unico deposito nazionale, dovranno ovviamente avere le caratteristiche di sicurezza del primo. E, probabilmente, i siti adatti ad ospitarli sarebbero gli stessi 51 già identificati nella Carta Nazionale delle Aree Idonee-CNAI (ma il governo ha anche aperto anche ad autocandidature fuori lista).
Come EconomiaCircolare.con ha raccontato, per trovare casa ai rifiuti radioattivi si deve partire dalla CNAI. Pubblicata il 13 dicembre 2023 dal MASE, è stata elaborata dalla Sogin e approvata dall’Ispettorato nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione (Isin). Identifica 51 aree che presentano requisiti che “sono stati giudicati in linea con i parametri previsti dalla Guida tecnica Isin, che recepisce le normative internazionali per questo tipo di strutture”. “Questo governo farà il deposito delle scorie nucleari“, aveva detto il ministro Pichetto un mese prima. “Non dico entro Natale, ma in tempi molto brevi. Dobbiamo trovare una soluzione. Dopo trent’anni non ce l’abbiamo ancora fatta. Questo governo vuole farcela, e farà il deposito delle scorie”.
Parendo dalla lista dei 51, la Sogin ha aperto la fase di confronto per “raccogliere le manifestazioni d’interesse, volontarie e non vincolanti, da parte delle Regioni e degli enti locali il cui territorio ricade anche parzialmente nelle aree idonee”. Manifestazioni mai pervenute, anzi, si sono susseguite le proteste e i dinieghi. Ad oggi comunque, ha fatto sapere Pichetto durante l’incontro di Confindustria, procede la procedura di valutazione di impatto ambientale sui siti indicati da Sogin.
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Meloni, Confindustria e il nucleare
“L’Unione europea – ha continuato il ministro – non ci dice di fare ‘un’ deposito. Ci dice che deve esserci ‘il’ deposito dei rifiuti, in particolare per quelli a bassa e media intensità. In questo momento in Italia i depositi sono decine”.
Picchetto Fratin ha dedicato attenzione anche al “deposito geologico”, quello che dovrà ospitare per migliaia di anni le scorie più pericolose. I Paesi Ue lavorano per identificare il proprio (solo la Francia avrebbe già stabilito dove: Bure). “Sul deposito geologico – ha ipotizzato il responsabile dell’Ambiente e della Sicurezza energetica – possono esserci soluzioni diverse. Possiamo anche lasciarle (le scorie ad alta radioattività, ndr) in Francia, facendo pagare noi e i nostri figli a vita”.
Giusto qualche giorno fa di nucleare – non di scorie, ma di produzione energetica – si è parlato durante l’assemblea annuale di Confindustria. “Siamo convinti che il ritorno al nucleare sia strategico”, ha detto il presidente dell’associazione, Emanuele Orsini.
Ha colto l’assist la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “Abbiamo bisogno di tutte le tecnologie che ci permettono di trasformare l’economia da lineare a circolare e tutte le tecnologie utili alla transizione devono essere prese in considerazione: le tecnologie già in uso, quelle che stiamo sperimentando, quelle che dobbiamo ancora scoprire, quindi certo le rinnovabili, ma anche il gas, i biocarburanti, l’idrogeno, la cattura dell’anidride carbonica, senza dimenticare il nucleare”.
Ovviamente – quando si devono immaginare ‘magnifiche sorti e progressive’ – le scorie e il deposito escono dal radar.
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L’ultima parola al Ministero delle imprese e del made in Italy
Ma anche se fossero tre, come propone Pichetto, dove li faremo questi depositi, visto che territori che si offrono volontari non ce ne sono? La legge prevede una ulteriore fase di trattative bilaterali con le Regioni nel cui territorio ricadono le aree idonee. Trattative, si può immaginare, finalizzate a rassicurare ma anche a blandire con l’offerta di vantaggi. E se le trattative non avranno successo? In assenza di un’intesa con le Regioni il legislatore ha immaginato una nuova fase di confronto: un tavolo interistituzionale come “ulteriore tentativo di pervenire a una soluzione condivisa”. E se nemmeno il tavolo interistituzionale permetterà di arrivare a meta? A questo punto arriverà comunque – “anche nel caso in cui dovessero fallire le diverse e reiterate procedure per il raggiungimento dell’intesa”, si legge sul sito del deposito nazionale – un decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy che, con parere vincolante dell’ISIN e legato a campagne d’indagine tecnica della Sogin, stabilirà la localizzazione del sito.
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