Mentre il nucleare esce dalla Cop 28 sul clima come una delle tecnologie da impiegare contro la crisi climatica (con grande soddisfazione del ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin e del governo che almeno a parole hanno riaperto il capito atomico), in Itala il Ministero dell’Ambiente (MASE) ha pubblicato ieri la lista delle aree idonee alla localizzazione del Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi.
Sono 51 le aree identificate nella di Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI), ricadono in 47 Comuni (un Comune può presentare diverse aree idonee; un’area identificata per il deposito può ricadere anche in diversi Comuni) e interessano 6 diverse Regioni: Piemonte, Lazio, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna.
“Questo governo farà il deposito delle scorie nucleari“, aveva detto il ministro Fratin il mese scorso. “Non dico entro Natale, ma in tempi molto brevi. Dobbiamo trovare una soluzione. Dopo trent’anni non ce l’abbiamo ancora fatta. Questo governo vuole farcela, e farà il deposito delle scorie”.
Le aree e i Comuni della Carta Nazionale delle Aree Idonee
La CNAI è stata elaborata dalla Sogin partendo dalla Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) e sulla base delle osservazioni emerse a seguito della consultazione pubblica e del Seminario nazionale. È stata approvata dall’Ispettorato nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione (Isin).
Le 51 arre identificate nella Carta presentano requisiti che “sono stati giudicati in linea con i parametri previsti dalla Guida tecnica Isin, che recepisce le normative internazionali per questo tipo di strutture”.
Ecco, divisi per regione, i Comuni in cui ricadono le aree idonee ad ospitare il deposito dei rifiuti nucleari:
Lazio (14 Comuni)
Montalto di Castro (Viterbo) 4 aree
Canino (Viterbo) 5 aree
Cellere (Viterbo)
Ischia di Castro (Viterbo) 2 aree
Soriano nel Cimino (Viterbo)
Vasanello (Viterbo)
Vignanello (Viterbo) 3 aree
Corchiano (Viterbo) 3 aree
Gallese (Viterbo) 2 aree
Tarquinia (Viterbo)
Tuscania (Viterbo) 8 aree
Arlena di Castro (Viterbo) 4 aree
Piansano (Viterbo) 2 aree
Tessennano (Viterbo) 2 aree
Sardegna (14 Comuni)
Albagiara (Oristano) 2 aree
Assolo (Oristano)
Usellus (Oristano) 2 aree
Mandas (Sud Sardegna)
Siurgus Donigal (Sud Sardegna)
Segariu (Sud Sardegna)
Villamar (Sud Sardegna)
Setzu (Sud Sardegna)
Tuili (Sud Sardegna)
Turri (Sud Sardegna)
Ussaramanna (Sud Sardegna)
Nurri (Sud Sardegna)
Ortacesus (Sud Sardegna)
Guasila (Sud Sardegna)
Piemonte (8 Comuni)
Bosco Marengo (Alessandria)
Novi Ligure (Alessandria)
Alessandria 2 aree
Oviglio (Alessandria)
Quargnento (Alessandria) 2 aree
Castelnuovo Bormida (Alessandria)
Sezzadio (Alessandria)
Fubine Monferrato (Alessandria)
Basilicata (6 Comuni)
Montalbano Jonico (Matera) 2 aree
Matera 5 aree
Bernalda (Matera) 2 aree
Montescaglioso (Matera)
Irsina (Matera)
Genzano di Lucania (Potenza) 5 aree
Puglia (3 Comuni)
Altamura (Bari) 2 aree
Laterza (Taranto)
Gravina in Puglia (Bari)
Sicilia (2 Comuni)
Calatafimi-Segesta (Trapani)
Trapani
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Cosa succede adesso? L’iter e le autocandidature
Il primo passo del cammino che dovrebbe portare al deposito nazionale è stata la pubblicazione, il 5 gennaio 2021 della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI). Dopo il nulla osta del ministero dello Sviluppo e del ministero dell’Ambiente, la Sogin – società responsabile della localizzazione, realizzazione e dell’esercizio del Deposito nazionale per smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi – ha pubblicato (sul sito www.depositonazionale.it) la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), che contiene appunto la lista delle aree che hanno le caratteristiche necessarie per conservare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività e provvisoriamente, in attesa di un adeguato sito geologico, di quelli ad alta intensità che oggi sono all’estero per il trattamento. Erano 67 i i luoghi ritenuti idonei ad ospitare il deposito: 22 nel Lazio, 14 in Sardegna, 12 in Basilicata, 8 in Piemonte, 4 in Sicilia, 1 in Puglia più altri 4 condivisi con la Basilicata e 2 in Toscana.
La pubblicazione della CNAI, dunque, quasi due anni dopo, fa una piccola scrematura delle aree in base a quanto emerso dalla consultazione pubblica avvenuta nel frattempo.
E ora, cosa succede?
La pubblicazione della CNAI è il prerequisito per la scelta del sito. Partendo da questa lista di aree, Sogin “aprirà la successiva fase di confronto finalizzata a raccogliere le manifestazioni d’interesse, volontarie e non vincolanti, da parte delle Regioni e degli enti locali il cui territorio ricade anche parzialmente nelle aree idonee”. Ora Sogin cercherà insomma dei volontari tra i Comuni della lista. Ma attenzione, perché tutto l’iter – e addirittura l’idea stessa di partire da una lista di siti rigorosamente selezionati in base a criteri scientifici – subisce un capovolgimento quando, a fine novembre, viene approvato il decreto legge Energia: che consente agli enti locali italiani, anche quelli non contemplati nelle precedenti analisi, di autocandidarsi per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Stratagemma per superare lo stallo legato alla contrarietà manifestata da tutti i territori identificati come potenzialmente idonei.
“Gli enti territoriali le cui aree non sono presenti nella proposta di CNAI – spiega infatti la nota del MASE – nonché il Ministero della difesa per le strutture militari interessate, possono entro trenta giorni dalla pubblicazione della Carta, presentare la propria autocandidatura a ospitare il Deposito nazionale e il Parco tecnologico e chiedere al MASE e alla Sogin di avviare una rivalutazione del territorio stesso, al fine di verificarne l’eventuale idoneità. Possono inoltre presentare la propria autocandidatura, entro lo stesso termine, anche gli enti territoriali le cui aree sono presenti nella proposta di CNAI”. Se avrete pazienza di leggere le righe seguenti, questo passaggio vi potrà sembrare come uno dei famigerati bandi pubblici scritti su misura per uno specifico candidato.
L’”autocandidatura” di Trino Vercellese
Tra le aree indicate dalla CNAPI e dalla CNAI non figura Trino Vercellesse, che di scorie in casa già ne ha, avendo ospitato la centrale nucleare Enrico Fermi costruita tra il 1961 e il 1964 e il cui decommissioning dovrebbe concludersi nel 2030). Ma il sindaco, Daniele Pane, eletto tra le fila di Fratelli d’Italia e al secondo mandato, più volte si è detto possibilista. “Da 30 anni si parla del deposito nazionale e non si è nemmeno riusciti a trovare un’area dove costruirlo. Ma intanto qui a Trino ci sono i depositi temporanei, che sono precari e insicuri – ha detto alla Stampa – Se nessun territorio darà la sua disponibilità credo si debbano rivalutare le aree come la nostra che già oggi ospitano la quasi totalità dei rifiuti radioattivi”. In l’audizione alla commissione Ambiente della Camera qualche tempo fa, Pane ha rinnovato l’invito a “invitava ad effettuare “altre indagini per sondare soluzioni che consentano di ospitare il deposito a Trino se altri siti sono indisponibili“.
Un’autocandidatura a tutti gli effetti, anche se finora a titolo puramente personale, non essendo stato coinvolto il Consiglio Comunale.
Sempre in audizione alla Camera, poi, Westinghouse, società americana che negli anni ‘60 aveva fornito il reattore di Trino, ha alimenteto il dibattito su Trino presentando un documento per l’”Utilizzo dell’area radiologica (della centrale Fermi, ndr) come Deposito Temporaneo di Rifiuti ad Alta Attività”: si tratterebbe, secondo la società americana, di svuotare l’edificio di contenimento della centrale e posizionare temporaneamente al suo interno diversi contenitori di scorie ad alta intensità di ritorno dall’estero.
L’area dell’ex centrale Fermi era stata esclusa dalla CNAPI perché, spiega Legambiente Trino, “non è un luogo adatto da un punto di vista idrogeologico e non siamo noi a dirlo. Non vediamo perché dovrebbe diventarlo per motivi politici”. Il sito infatti è vicino al Po che in passato, esondando, ha sommerso il centro abitato.
Ma il sito della centrale potrebbe però non essere quello destinato al deposito, secondo il sindaco: “Il territorio è vasto e l’entroterra è al riparo dalle alluvioni”.
La reazione del territorio all’autocandidatura proposta da Daniele Pane non è stata delle più accoglienti: diversi sindaci dei Comuni vicini, anche di centrodestra, l’anno bocciata fermamente, così come il presidente della Regione Alberto Cirio: “Il Piemonte, e in particolare la provincia di Vercelli, la loro parte l’hanno già fatta. Non pensiamo quindi che si possa ipotizzare un nuovo deposito nella nostra regione”. E come il presidente di provincia, Davide Gilardino, anche lui del centrodestra.
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L’ultima parola al Ministero delle Imprese e del Made in Italy
E se non ci saranno volontari? Si aprirà allora una ulteriore fase di trattative bilaterali con le Regioni nel cui territorio ricadono le aree idonee. Trattative, si può immaginare, finalizzate a rassicurare ma anche a blandire con l’offerta di vantaggi. E se le trattative non avranno successo? In assenza di un’intesa con le Regioni il legislatore ha previsto una nuova fase di confronto: un tavolo interistituzionale come “ulteriore tentativo di pervenire a una soluzione condivisa”. E se nemmeno il tavolo interistituzionale permetterà di arrivare a meta? A questo punto arriverà comunque – “anche nel caso in cui dovessero fallire le diverse e reiterate procedure per il raggiungimento dell’intesa”, si legge sul sito del deposito nazionale – un decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy che, con parere vincolante dell’ISIN e legato a campagne d’indagine tecnica della Sogin, stabilirà la localizzazione del sito.
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