Cresce la spesa media sostenuta dalle famiglie per i rifiuti – 329 euro nel 2024, con un aumento del 2,6% rispetto all’anno precedente – ma migliora anche la raccolta differenziata. A dirlo è il rapporto 2024 dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva (disponibile sul sito www.cittadinanzattiva.it). Sotto esame le tariffe rifiuti applicate in tutti i capoluoghi di provincia italiani nel 2024, con l’Osservatorio che ha preso come riferimento una famiglia tipo composta da 3 persone e una casa di proprietà di 100 metri quadri.
Tra i tanti dati messi a disposizione dal rapporto, un contrasto tra luci e ombre – che poi è da anni la gestione italiana dei rifiuti – quello che più risalta è il superamento dell’obiettivo, richiesto a livello europeo dal Piano d’azione dell’economia circolare del 2018, del 65% per il riciclaggio dei rifiuti urbani entro il 2035. Un obiettivo che l’Italia ha superato nel 2022 e che, si spera, saprà mantenere e ampliare, migliorando anche nella qualità della raccolta differenziata.
Il paradosso principale della gestione dei rifiuti in Italia è che si tende a spendere di più dove si differenzia di meno. La TARI, cioè la tassa sui rifiuti, è in questo senso una tassa che aumenta le iniquità, perché chiede più soldi a chi usufruisce di un servizio peggiore. Sul fronte delle tariffe è il Trentino Alto Adige la regione più economica (203 euro all’anno), mentre la Puglia è la più costosa (426,50 euro, con un aumento di oltre il 4% rispetto all’anno precedente).
Per quel che riguarda le città è Catania è il capoluogo di provincia in cui, come lo scorso anno, si paga di più: 594 euro annui, senza variazioni sul 2023. Trento invece è quello in cui si paga meno: 183 euro, di poco inferiore rispetto al 2023. Dalla top ten dei capoluoghi più costosi escono Benevento, Latina, Messina e Salerno; entrano invece Andria, Cagliari, Pistoia e Trapani. Dalla top ten dei meno cari esce Bolzano ed entra Siena. Ma in sostanza sui rifiuti si confermano le differenze tra Sud e Nord che riguardano anche molti altri settori.
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“Sui rifiuti non si può pensare solo al riciclaggio”
“I dati del nostro rapporto evidenziano le criticità principali del sistema di gestione dei rifiuti, come la carenza di un’adeguata rete di impianti di raccolta e trattamento, il persistente ricorso allo smaltimento in discarica e i poco soddisfacenti livelli di differenziazione dei rifiuti e recupero delle risorse, soprattutto in alcune aree del Paese. A fronte di ciò è urgente e necessario lavorare su più fronti”, dichiara Tiziana Toto, responsabile nazionale delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva.
“Pensare solo al riciclaggio, aspetto sul quale il nostro Paese in diverse categorie di rifiuti ha raggiunto ottime prestazioni, non è più sufficiente. È necessario lavorare per ridurre la produzione di rifiuti, a partire da quei settori merceologici per i quali la raccolta differenziata non raggiunge gli obiettivi richiesti, come le AEE (di pochi mesi fa l’avvio di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia e di altri Stati membri per non aver raggiunto gli obiettivi di raccolta RAEE) e i prodotti tessili, per i quali si attende la normativa comunitaria relativa al regime EPR – continua Tiziana Toto – Il tessile è responsabile del 10% delle emissioni globali di gas serra, ma solo l’1% dei rifiuti tessili del mondo è riciclato correttamente; l’Italia immette sul mercato 23 Kg/ab di prodotti di questo tipo all’anno a fronte di una raccolta di soli 2,7 Kg/ab. Nella riduzione dei rifiuti dovrà essere riconosciuto e valorizzato il ruolo centrale dei cittadini. Solo con un pieno coinvolgimento di tutti i soggetti, economici e non, che hanno un ruolo nella filiera circolare – dalla produzione, all’acquisto, al riuso fino al riciclo – sarà possibile rendere praticabile una vera transizione ecologica”.
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Le pagelle sui rifiuti
Oltre al Trentino Alto Adige, che si caratterizza per la spesa più bassa e un’elevata percentuale di raccolta differenziata, tra le regioni virtuose spiccano anche Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Marche dove a una TARI molto al di sotto della media nazionale, si associano i più elevati livelli di raccolta differenziata. Al Sud, invece, abbiamo visto che si spende di più e si differenzia di meno: come fa notare Cittadinanzattiva, “non esiste una regione virtuosa su entrambi i fronti”.
Dei 10 capoluoghi che si posizionano come più costosi ben 7 appartengono a regioni meridionali. In modo speculare, dei 10 capoluoghi più economici, 7 sono a Nord.
Secondo i dati raccolti dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in Italia nel 2022 sono state prodotte circa 29,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (-1,8% rispetto al 2021). La produzione pro capite è di circa 494 chilogrammi per abitante (-1,6% rispetto al 2021), con valori più elevati al Centro (532 Kg/ab.) seguito dal Nord (506 kg/ab.) e dal Sud (454 Kg/ab.).
La media nazionale di raccolta differenziata ha raggiunto il 65,2% (+ 1,2% rispetto al 2021) mentre il 18% dei rifiuti urbani prodotti finisce in discarica. A livello di aree geografiche il Nord si posiziona al primo posto (71,8%) seguito da Centro (61,5%) e Sud (57,5%). A livello di capoluoghi di provincia, la percentuale di raccolta differenziata pari o superiore al 65% è stata raggiunta da poco più della metà di essi (57%). In 20 capoluoghi di provincia siamo ancora al di sotto dell’obiettivo del 50%, il cui raggiungimento era previsto nel 2009. Tra questi spiccano Palermo, con percentuale di raccolta differenziata al 15,6%, Crotone al 21,4%, Catania al 22% e Foggia al 26%.
Per quanto riguarda la tipologia di rifiuti differenziati nel 2022 la percentuale più elevata è relativa alla frazione organica (38,3%), seguita da carta (19,3%) e vetro (12,3%) e plastica (9%). Le percentuali più basse riguardano i RAEE (1,4%) e i rifiuti tessili (0,8%).
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Le opinioni delle famiglie italiane sui rifiuti
Per l’edizione 2024 del report il lavoro di Cittadinanza attiva non si limita solo all’analisi dei dati ma aggiunge anche le valutazioni provenienti dalla ricerca “Economia circolare e consumi sostenibili. Comportamenti delle famiglie, criticità ed efficacia della risposta pubblica”, realizzata e presentata da EURES Ricerche Economiche e Sociali nel mese di aprile 2024 per conto di Adoc, Cittadinanzattiva, Federconsumatori, U.Di.Con e Unione Nazionale Consumatori (UNC), nell’ambito dei progetti finanziati dal MIMIT.
“Il fatto che l’85% delle famiglie si dichiari sensibile al ciclo dei rifiuti e l’89,5% affermi di impegnarsi nel differenziare i rifiuti è sicuramente positivo e riflette una crescente consapevolezza ambientale – si legge – Tuttavia, la discrepanza tra l’impegno dichiarato e la pratica effettiva (solo il 61% dei rifiuti viene differenziato correttamente) è un segnale che ci sono delle difficoltà nel portare nella quotidianità quanto promesso. Questo gap può essere attribuito a una serie di ostacoli pratici”.
Tra le difficoltà principali individuate dalla ricerca ci sono fenomeni noti come la scarsa chiarezza sulla composizione dei materiali di imballaggio (55,7%), un problema che rende complicata la corretta separazione dei rifiuti. “La gestione inadeguata del servizio (52,4%) è un altro fattore che frena l’adozione di pratiche più sostenibili – si legge ancora – così come l’assenza di incentivi (47,2%) e la difficoltà nel reperire informazioni o nel gestire il tempo necessario per la differenziazione (42,1%), nonché la mancanza di spazi adeguati nelle abitazioni (35,4%) per gestire correttamente i vari tipi di rifiuti”.
Serve poi fare ancora molti in avanti a livello di sensibilizzazione. Nel sondaggio presentato da Cittadinanzattiva solo il 51,4% delle famiglie è orientato ad acquistare prodotti sfusi per ridurre gli imballaggi, mentre circa il 36% trova difficoltà nel recupero e nel riutilizzo dei prodotti, e il 30% ha problemi nel ridurre la quantità di rifiuti prodotti. Per migliorare la situazione sono molte le famiglie che propongono la strada dell’incentivazione economica tramite vantaggi in bolletta (62,4%), seguita da campagne di sensibilizzazione (40%).
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