giovedì, Novembre 6, 2025

“Negoziati sulla plastica prigionieri delle industrie fossili: il tempo della gradualità è finito”

L’intervento di John Beard Jr delegato di Break Free From Plastic e membro di una comunità che fronteggia in prima linea i danni della produzione di plastica

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Redazione EconomiaCircolare.com

Proponiamo di seguito l’intervento che John Beard Jr. della Port Arthur Community Action Network ha tenuto ieri a Ginevra durante la plenaria di apertura del round di negoziati per un Trattato Globale sulla Plastica. Lo proponiamo perché le parole di  John Beard Jr. – intervenuto a nome del movimento globale Break Free From Plastic e attorniato in segno di solidarietà dai rappresentanti delle popolazioni indigene – ci mostrano che parlare di plastica non è solo “parlare di plastica”: i polimeri che hanno riempito le nostre vite e che stanno intossicando l’ambiente e i nostri corpi raccontano anche una storia di ingiustizie, di patologie terribili, di zone di sacrificio, di inquinamento e di emergenza climatica.

 

Onorevole presidente, stimati delegati.

Mi chiamo John Beard Jr. e parlo a nome del movimento Break Free From Plastic e della United States Environmental Justice Delegation. Mi rivolgo a voi dal ventre della bestia di Port Arthur, in Texas – un “cluster di cancro” grazie all’industria petrolchimica. Port Arthur è in prima linea nella produzione di plastica tossica a causa di una storia di discriminazione nei confronti delle comunità di colore e a basso reddito. Questa ingiustizia dei diritti umani risale agli albori del colonialismo europeo e della tratta transatlantica degli schiavi.

Siamo chiari: questi negoziati sono stati fatti prigionieri dalle industrie dei combustibili fossili e petrolchimiche. La loro produzione incontrollata di plastica sta accelerando una crisi che mette a rischio il clima, la biodiversità, la salute umana e la capacità del pianeta di sostenere la vita. Senza un’azione decisa e una riduzione significativa della produzione di plastica, i danni già sperimentati da innumerevoli comunità come la mia non potranno che intensificarsi.

Un trattato che non limiti la produzione di plastica, non elimini le sostanze chimiche tossiche e non garantisca una giusta transizione per le persone più colpite è un trattato destinato a fallire. Dobbiamo affrontare il razzismo ambientale in corso in comunità come la mia e fermare la piaga del colonialismo dei rifiuti nel Sud del mondo. Dobbiamo rifiutare gli schemi tossici di termovalorizzazione e le tecnologie inquinanti come il cosiddetto riciclo chimico, dando invece priorità allo sviluppo di sistemi di riutilizzo e ricarica sicuri e privi di sostanze tossiche e ai diritti dei raccoglitori di rifiuti, delle popolazioni indigene e delle comunità in prima linea.

Se da un lato dovremmo essere guidati dal consensus (il voto all’unanimità, ndr), quando non è possibile raggiungerlo i Paesi devono avere la possibilità di votare su questioni sostanziali, assicurando che le situazioni di stallo non continuino a far deragliare il progresso.

Mentre la mia comunità è in prima linea nell’ingiustizia ambientale e nell’inquinamento tossico, la micro e la nanoplastica avvelenano le persone, a prescindere dalla distanza dal fronte in cui si vive. Il tempo dei passi graduali è finito.

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Foto: Break Free From Plastic

© Riproduzione riservata

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