Che Donald Trump non abbia esattamente a simpatia l’Unione Europea è evidente sin dall’inizio del suo secondo mandato alla guida degli USA. Frasi come “l’UE imparerà presto a non essere cattiva con noi” oppure “l’UE è stata creata per danneggiare gli Stati Uniti”, per via del fatto di avere “molte tasse ingiuste” contro le aziende americane, non lasciano spazio ad altre interpretazioni. Se con la Cina e la Russia il dialogo di Trump è impostato come un confronto tra super-potenze, per il presidente statunitense l’UE è né più né meno che un vassallo, come ha dimostrato l’imposizione del 5% del PIL per la difesa e il mantenimento dei dazi commerciali sulle merci.
D’altra parte tali scelte rientrano nella politica MAGA (Make America Great Again) e per perseguire questo obiettivo Trump si sta affidando ai potentati economici degli Stati Uniti, dalla finanza ai colossi petroliferi. E proprio su questi ultimi si incentra un recente scoop del Wall Street Journal, che ha raccontato di come su sollecitazione delle grandi compagnie energetiche USA – da Exxon Mobile a Chevron passando per Occidental Petroleum – l’amministrazione Trump intende “picconare”, questa è la parola scelta dal celebre quotidiano con sede a New York, le normative ambientali dell’Unione Europea.

L’obiettivo, neanche a dirlo, sarebbe l’architettura complessiva del Green Deal, cioè l’insieme di regolamenti e direttive che nella scorsa legislatura la Commissione ha eretto per fare del Vecchio Continente il primo “continente a emissioni zero”. Un’ambizione ambientale che in realtà da più di un anno è continuamente sconfessata dal nuovo corso intrapreso dall’UE e che potrebbe vedere l’affossamento ulteriore da parte di un (presunto) alleato.
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Perché un’UE più debole conviene agli USA di Trump
Come riporta il Wall Street Journal, già da tempo il presidente Donald Trump si è mostrato molto a favore delle compagnie petrolifere, se non proprio manovrato da esse, specie dopo la rapida dipartita del potente Elon Musk dall’esecutivo USA. Tolto Musk, infatti, Trump è tornato a schierarsi a favore delle auto col motore a combustione – benzina, diesel, metano, gpl – e ha già minacciato Tesla, regina delle auto elettriche che deve fare i conti col sopravanzare della cinese Byd. “Senza aiuti di Stato Musk dovrebbe tornare in Sudafrica, altro che auto elettriche” ha ringhiato Trump di fronte alla possibilità che l’ex sodale possa fondare un nuovo partito.
Ma non c’è solo questo. “I dirigenti petroliferi – scrive il WSJ – hanno arruolato il presidente Trump nelle lotte contro le regole sulle auto a emissioni zero, le restrizioni di perforazioni e le leggi sul clima, da New York alla California. Ora hanno ottenuto il suo sostegno nel loro sforzo di reprimere le normative ambientali di punta dell’Europa”. I dazi USA sui prodotti realizzati nell’Unione Europea sono sospesi fino al 9 luglio, a meno di eventuali e non prevedibili nuovi colpi di testa di Trump. Ma la presidente della Commissione ha annunciato che intende farsi trovare all’appuntamento.
E il possibile confronto tra le diplomazie USA e UE, dunque, potrebbe essere il tavolo in cui Trump potrebbe avanzare le nuove richieste, atte soprattutto a rafforzare le esportazioni statunitensi. Già ad aprile Trump aveva annunciato l’idea che l’Europa debba acquistare più energia dagli Stati Uniti per un valore complessivo di 350 miliardi di dollari, in modo da riequilibrare gli scambi commerciali tra i due blocchi. Senza considerare che già nel 2024 l’Unione Europea ha importato oltre 100 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto (GNL), con gli Stati Uniti che si sono confermati il principale fornitore con quasi il 45% del totale. GNL che, val la pena ricordarlo, è il più costoso combustibile fossile sul mercato ed è ottenuto attraverso la devastante tecnica ambientale del fracking.

Il mercato dell’UE resta il più allettante per gli USA, a patto che il Vecchio Continente resti in una posizione debole in cui gli acquisti sono imposti, pur se meno convenienti per le casse degli Stati membri dell’UE. D’altra parte, ricorda ancora il Wall Street Journal, colossi come Exxon Mobil negli ultimi anni hanno tagliato gli investimenti in Europa di circa il 70%. Come a dire: prendetevi i nostri prodotti ma non aspettatevi nient’altro in cambio.
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AGGIORNAMENTO DELL’8 LUGLIO 2025
Come è ormai prassi dello “stile Trump”, a meno di 24 ore dalla scadenza del 9 luglio, in cui sarebbero dovuti entrare in vigore i dazi USA sui prodotti dell’Unione Europea, è arriva la proroga fino all’1 agosto. Anche se le istituzioni europee contano di chiudere la partita prima, per non restare legate alla volubilità di Trump. Tuttavia Washington nella stessa giornata di ieri ha deciso intanto dazi dal 25% al 40% per 7 Stati ritenuti non collaborativi (erano 12 fino a una manciata di giorni fa) tra cui Giappone, Corea del Sud e Sudafrica. Ciò avrà conseguenze inevitabili per il commercio europeo. Come riporta il sito Euronews, “la linea tedesca e italiana è che si possa accettare un compromesso sui dazi con Trump, accettando un rialzo delle tariffe doganali in determinati settori”. Resta il fatto che in questo modo diventa difficile, se non impossibile, pianificare una seria politica ambientale. Specie quando il tuo “alleato” fa di tutto per tenerti al guinzaglio.
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