Il 31 ottobre segna una ricorrenza fondamentale per il futuro del nostro pianeta, e no, ovviamente non parliamo della ben più nota notte di Halloween, ma della Giornata Mondiale delle Città. Istituita dalle Nazioni Unite nel 2014, il World Cities Day chiude l’Urban October, un mese intero dedicato alla riflessione sulle sfide e le opportunità dei contesti urbani. Mai come oggi, le città sono al centro del dibattito sulla sostenibilità: se da un lato rappresentano i maggiori centri di consumo di risorse e produzione di emissioni, dall’altro sono anche i luoghi dove l’innovazione può generare il cambiamento più rapido e incisivo.
La densità di persone, infrastrutture, talenti e capitali rende, infatti, le aree urbane l’ecosistema ideale per sperimentare e scalare modelli di economia circolare. La transizione da un modello lineare (produci, usa, getta) a uno circolare (riduci, riusa, ricicla, rigenera) non è più un’utopia, ma una necessità e diverse amministrazioni stanno già provando a metterne in pratica alcuni dei principi. Tali storie a loro volta possono essere un modello per chi invece è ancora indietro nel processo di transizione. Di seguito, vi raccontiamo quindi alcuni esempi virtuosi che stanno trasformando le città in motori della transizione ecologica.
Gestione innovativa ed efficiente dei rifiuti
L’approccio circolare ai rifiuti urbani va ben oltre la semplice raccolta differenziata. Significa ripensare l’intero ciclo di vita dei prodotti e trasformare ciò che un tempo era considerato “scarto” in una risorsa preziosa.
Un esempio è l’implementazione di sistemi di tariffazione puntuale (Pay-As-You-Throw – PAYT), dove i cittadini pagano in base alla quantità di rifiuto indifferenziato prodotto. Questo meccanismo incentiva direttamente la riduzione dei rifiuti alla fonte e una maggiore attenzione alla differenziazione. Ad esempio, la città di Treviso, in cima alla classifica dei Comuni Ricicloni 2025, in Italia ha raggiunto percentuali di raccolta differenziata quasi dell’85% anche grazie all’attuazione di questi modelli.
Tutto ciò però non basta. Ciò che è fondamentale è che nei quartieri o nelle cittadine si riescano a reperire quei servizi (economici o su base volontaristica) che possano garantire ai residenti di vivere in maniera circolare senza dover sfidare l’impossibile, come teorizzato nell’idea di quartiere circolare. Ad esempio favorire la nascita di Repair Café, dove i cittadini possono portare i propri oggetti danneggiati per tentare di ripararli con l’aiuto di volontari invece di buttarli; i centri per il riuso, che danno una seconda vita a mobili, vestiti ed elettrodomestici; e ancora, la diffusione − in (lenta) crescita − delle stoviglioteche e delle oggettoteche, una sorta di “biblioteche” nelle quali, invece di prendere in prestito libri, si possono reperire stoviglie riutilizzabili, come ben suggerisce il nome dell’una, mentre nell’altra si possono “noleggiare” beni di uso comune come attrezzi da lavoro, da giardinaggio, giochi da tavolo e molto altro.

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Incentivare la mobilità condivisa e il trasporto pubblico
Le automobili private sono uno degli asset meno utilizzati: si stima che restino parcheggiate per oltre il 95% del loro tempo. La mobilità circolare urbana mira a ottimizzare l’uso di questi beni, promuovendo la condivisione anziché il possesso.
Il car-sharing, il bike-sharing e lo scooter-sharing sono ormai una realtà consolidata in molte metropoli. Questi servizi, integrati con un trasporto pubblico efficiente e accessibile tramite app di Mobility as a Service (MaaS), riducono la congestione, le emissioni e la necessità di costruire nuovi parcheggi, liberando spazio urbano prezioso per parchi, aree pedonali e piste ciclabili.
Un concetto all’avanguardia in questo campo è quello, già anticipato, della “città dei 15 minuti”. L’obiettivo è riorganizzare lo spazio urbano in modo che ogni cittadino possa − dalla propria abitazione − accedere a lavoro, scuola, sanità, negozi e svago entro 15 minuti a piedi o in bicicletta. Questo modello riduce drasticamente la dipendenza dall’auto e rafforza anche il tessuto sociale dei quartieri, creando comunità più resilienti e vivibili.

La simbiosi industriale urbana per chiudere il cerchio
Il concetto di simbiosi industriale, in cui lo scarto di un’azienda diventa la materia prima per un’altra, può e dovrebbe essere applicato anche su scala urbana o di quartiere. A differenza di un’area industriale, infatti, una città pullula di attori diversi: ristoranti, uffici, data center, palestre, abitazioni, impianti di depurazione e molte altre, che coesistono in prossimità. Se si riuscisse a far diventare una risorsa la vicinanza, si abbatterebbero i costi logistici e renderebbe possibile lo scambio di risorse che altrimenti andrebbero sprecate.
Si creerebbero così nuovi legami e connessioni, sia umane che economiche (oltreché ecologiche): per chi produce lo “scarto”, si riducono i costi di smaltimento; chi lo riceve, ha accesso a una materia prima a basso costo o addirittura gratuita. Da dove partire o a che modelli ispirarsi? Sono diversi gli esempi di simbiosi industriale che potrebbero essere messi in atto in città:
- Recupero del calore: il calore di scarto prodotto da un data center, una metropolitana o un’industria può venire catturato e utilizzato per riscaldare edifici residenziali, uffici o piscine pubbliche, riducendo il consumo di energia primaria.
- Cicli biologici a km0: i fondi di caffè raccolti dai bar di un quartiere possono essere usati come substrato per coltivare ciò che poi può essere servito nei ristoranti locali.
- Valorizzazione delle acque reflue: le acque reflue urbane sono una vera e propria miniera di risorse. Gli impianti di depurazione possono produrre biogas dalla digestione dei fanghi, utilizzabile per alimentare la flotta di autobus urbani, e recuperare fosforo e azoto da impiegare come fertilizzanti. Inoltre, sfruttando il calore delle acque reflue, può essere prodotta la cosiddetta energia reotermica: è infatti possibile recuperare il calore dagli effluenti installando nelle tubature fognarie scambiatori di calore collegati a pompe di calore.
Questi sistemi creano filiere locali, riducono i costi di smaltimento e approvvigionamento e generano nuove opportunità economiche, trasformando il quartiere in un piccolo ecosistema circolare autosufficiente.
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Uno sguardo al futuro: città intelligenti e a misura d’uomo
L’idea, come evidenziato anche dal tema previsto per il World Cities Day 2025, è quella di creare “città intelligenti incentrate sulle persone” (people-centred smart cities). La tecnologia, i dati e l’intelligenza artificiale sono strumenti fondamentali per migliorare la qualità della vita urbana e accelerare la transizione circolare.
Pensiamo a sensori sui cassonetti che ottimizzano i percorsi della raccolta rifiuti, a sistemi di gestione del traffico che dialogano con i servizi di sharing, o ad app che informano i cittadini in tempo reale su come e dove partecipare all’economia circolare della loro città. La tecnologia − se saputa gestire e rendere intellegibile − può diventare il sistema nervoso che permette alla città circolare di funzionare in modo efficiente, inclusivo e resiliente.
La sfida ora è passare dalla sperimentazione alla sistematizzazione, trasformando questi esempi di buone pratiche nello standard per tutte le città del mondo. La strada è tracciata: le città circolari non sono più un sogno, ma il progetto concreto per un futuro sostenibile.
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