mercoledì, Dicembre 3, 2025

Le lezioni della Cop30: il multilateralismo del clima va riformato

Gli esiti della Cop30 sono stati pessimi. Ma c'è qualcosa che va salvato? E quali possono essere le prospettive future della giustizia climatica? Ne abbiamo discusso, di ritorno da Belém, con Marica Di Pierri, portavoce di A Sud

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista glocal, ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane per poi specializzarsi su ambiente, energia ed economia circolare. Redattore di EconomiaCircolare.com. Per l'associazione A Sud cura l'Osservatorio Eni

Ora che la Cop30 è terminata, consegnandoci un accordo che è stato definito da più parti deludente, è utile analizzare con calma ciò che è avvenuto nelle due settimane di fuoco – letteralmente, dato l’incendio di alcuni padiglioni poco prima dei negoziati finali – in quel di Belém, in Brasile. All’insegna del giornalismo lento e costruttivo che è una delle cifre caratteristiche di EconomiaCircolare.com, ne abbiamo parlato in una diretta social con Marica Di Pierri, portavoce dell’associazione A Sud, appena rientrata dal Sud America dove ha seguito in diretta incontri, manifestazioni e trattative.

C’erano molte attese e aspettative su questa Conferenza Annuale sui Cambiamenti climatici. Ma il portato simbolico di alcune scelte – dalla volontà di realizzare la Cop nel cuore dell’Amazzonia al ritorno del protagonismo della società civile, dopo le precedenti tre Cop che si erano svolte in Stati autoritari e la cui economia è basata sulle fonti fossili – è stato poi sopraffatto dalla realtà di un’attualità che vede un prepotente ritorno degli egoismi nazionali. Da una parte il multilateralismo climatico e dall’altra la geopolitica. E a prevalere è stata quest’ultima, con conseguenze che appaiono preoccupanti per lo stato di salute del pianeta e di chi ci vive.

Leggi anche: lo Speciale sulla Cop30

Cop30 e la necessità di riformare il multilateralismo climatico

Potete recuperare l’intero confronto con Marica Di Pierri sui canali social (qui il link di YouTube) di EconomiaCircolare.com.

cop30 1

Noi intanto vi forniamo una sintesi dei contenuti più interessanti che sono emersi:

  • Al di là degli esiti della Cop30, la conferenza sul clima di quest’anno in Brasile si è contrassegnata per un rinnovato protagonismo delle persone: dal vertice dei popoli all’invasione pacifica delle popolazioni indigene. Ma secondo Marica Di Pierri questa spinta non si è concretizzata in un risultato adeguato;
  • doveva essere la Cop dell’adattamento e della finanza climatica e invece, un po’ inaspettatamente, il nodo cruciale dell’accordo finale è diventato l’inserimento di una sorta di tabella di marcia per l’abbandono dei combustibili fossili. Tuttavia questa tabella di marcia non è stata inserita. Di Pierri ricorda comunque che “il Fossil Fuel Treaty, l’iniziativa per un trattato globale di non-proliferazione dei combustibili fossili, vede al momento 82 Paesi partecipare. Si tratta di un’iniziativa che conferma il multilateralismo a geometrie variabili, e la prima conferenza di questa iniziativa si terrà il 28 e 29 aprile 2026 a Santa Marta, in Colombia”;
  • sui risultati della Cop30 una delle assenze più clamorose è la roadmap sulla deforestazione, proprio nella Cop che era stata decisa per questo a fianco dell’Amazzonia. Sia sull’adattamento che sulla mitigazione, poi, sostiene ancora Di Pierri, restano i richiami alla volontà degli Stati ma senza obblighi e cifre concrete. Per la portavoce di A Sud “i Paesi industrializzati hanno fatto passi indietro”;
  • gli esiti deludenti della Cop30 confermano, nella visione di A Sud, la necessità a livello personale di “stare comunque dentro le sedi dove si decidono le soluzioni climatiche” e dall’altra che non è più rinviabile una riforma ampia e profonda delle conferenze sul clima;
  • la maggiore delusione arriva dal ruolo assolutamente marginale del governo italiano. Un ruolo che non sorprende Di Pierri: “nelle ultime quattro Cop il governo ha portato avanti i propri interessi, senza alcuna cognizione delle sfide globali che ci attendono mentre il riscaldamento globale avanza, in una posa che non si può che definire imbarazzante”;
  • alla luce di tutto ciò, la prossima Cop31 in Turchia si svolgerà, ricorda la portavoce di A Sud, “in un’altra democratura”. Un’altra occasione persa perché fino a pochi giorni fa sembrava che invece la conferenza sul clima dovesse svolgersi in Australia, dove le popolazioni delle isole del Pacifico, le prime vittime dell’innalzamento dei mari conseguente all’aumento delle temperature, avrebbero potuto essere protagoniste.
Cop30 Popoli indigeni
FOTO: © UN Climate Change – Zô Guimarães

Nonostante gli esiti infausti, per la giustizia climatica non tutto è perduto. Marica Di Pierri ha infatti ricordato che i segnali positivi comunque ci sono: dall’appuntamento colombiano di aprile 2026 all’attenzione (seppur timida) del Brasile, Paese ospitante della Cop30, verso le popolazioni indigene, che vanno considerate la prima tutela delle foreste tropicali. In questi tempi di retromarcia climatica e ambientale è già qualcosa, anche se ovviamente non basta. 

Leggi anche: “A resposta somos nós”. Ma alla Cop30 le richieste dei popoli indigeni non fanno breccia

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