Da molto tempo l’Unione Europea vuole creare un mercato europeo volontario di crediti di carbonio di alta qualità per garantire rimozioni permanenti di anidride carbonica (CO₂) nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura e dell’uso del suolo come contributo per il raggiungimento degli obiettivi climatici. Sarebbe un mercato importante per ampiezza e significato politico, e tornerebbe a dare all’UE quel ruolo di avanguardia tanto sbandierato quanto disatteso. Ora, con la pubblicazione del nuovo regolamento, c’è da capire quanto sia reale questo “sogno”.
L’obiettivo del nuovo regolamento è quello di armonizzare i “sistemi di certificazione e gli organismi di certificazione” volontari e stimolare una domanda interna per i certificati di rimozione della CO₂attraverso progetti agricoli. Le nuove norme sono in linea con la richiesta del governo italiano di decarbonizzazione attraverso l’utilizzo di 5% di crediti di alta qualità domestici – e cioè con progetti all’interno dell’Unione e non in Paesi extraeuropei – ulteriori rispetto al 5% previsto dagli obiettivi della legge clima al 2040. Un argomento, quest’ultimo, già discusso alla recente Cop30 e che ora torna alla carica.
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Le caratteristiche del mercato volontario dei crediti di carbonio
Il sistema di certificazione è un’implementazione del regolamento CRCF (Carbon Removals and Carbon Farming), pubblicato a dicembre 2024, che pone le basi per il primo quadro volontario a livello europeo per la certificazione della rimozione del carbonio, dell’agricoltura a basse emissioni di carbonio e dello stoccaggio di CO₂ nei prodotti in tutta Europa. Obiettivo del CRCF è quello di stimolare gli investimenti privati per la rimozione come contributo agli obiettivi climatici a lungo termine dell’UE.
Qui entra in gioco il primo elemento delle nuove regole: per contribuire a sviluppare una domanda interna, la Commissione si affiderà al Buyer’s Club, il club degli acquirenti, che raggrupperà le imprese private in unico organismo in grado di generare entrate per gli agricoltori e sostenere la catena di valore nel settore della biomassa. A partire da gennaio 2026, la Commissione inizierà ad accettare le domande di riconoscimento dei sistemi di certificazione, e, se tutti i requisiti saranno soddisfatti, emetterà una decisione di riconoscimento con un periodo di validità di cinque anni. Nella prima metà del prossimo anno, la Commissione prevede anche un’attività di formazione per i membri del “club degli acquirenti”.

Il secondo elemento di novità è la costituzione di una banca dati dell’Ue sul carbon farming per centralizzare modelli, fattori di emissione, strumenti di rilevamento e set di dati, a cui la Commissione affida il compito di ridurre i costi di monitoraggio e verifica; la rendicontazione delle emissioni Scope 3 (le,emissioni indirette di gas serra che si verificano nella catena del valore di un’azienda) e la creazione di inventari nazionali per i dati di emissione per il settore Lulucf (uso del suolo, cambiamento di uso del suolo e silvicoltura).
In questo ambito, molti Stati membri, tra cui l’Italia, sono indietro rispetto agli obiettivi di neutralità climatica per il 2030, fissati complessivamente per l’Ue a 310 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente, e cioè 42 MtCO₂e in meno rispetto alla media dell’UE nel periodo 2016-2018. Secondo l’European Environmental Agency, nel complesso, la capacità di rimozione è diminuita a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, degli eventi estremi legati alle foreste e del minor sequestro di carbonio da parte delle foreste invecchiare. Per l’EEA, allo stato attuale, l’obiettivo dell’Ue per il 2030 di 310 MtCO₂e non è raggiungibile.
Il terzo elemento di novità è l’introduzione di una metodologia CRCF per lo stoccaggio del carbonio nel settore degli edifici, che consentirà ai proprietari di dimostrare il potenziale di stoccaggio di CO₂dei materiali da costruzione e punta a incoraggiare le pratiche di bioeconomia circolare nel settore edile.
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“Il rischio è quello di una corsa al ribasso”
Nel 2026 sono previsti altri due atti delegati per implementare il regolamento: il primo riguarderà le rimozioni permanenti, come la cattura diretta dell’anidride carbonica con stoccaggio (DACCS), la cattura e lo stoccaggio del carbonio biogenico (BioCCS) e il biochar (carbone vegetale); il secondo riguarderà le attività di carbon farming, tra cui l’agroforestazione, il riumidificazione delle torbiere e l’imboschimento.
Dal punto di vista delle procedure, l’Unione Europea sta preparando un registro unico, che però sarà accessibile solo a partire dal 2028, mentre fino ad allora si utilizzeranno registri nazionali. Ogni Stato membro dovrà servirsi di “un’autorità nazionale competente per garantire che gli esecutori del controllo dell’organismo di certificazione dispongano di tutte le competenze tecniche e dell’esperienza in materia di controllo necessarie per svolgere le relative attività”, come già accade con il sistema dell’Ets, il mercato europeo della CO₂, in questo caso obbligatorio. Inoltre, da regolamento, a seconda del loro ambito di certificazione, “i sistemi di certificazione istituitiranno un comitato tecnico o un sistema equivalente di assistenza tecnica di esperti che comprenderà tutti portatori di interessi, per fornire consulenza alla gestione del sistema su questioni tecniche”.

Secondo l’ong Carbon Market Watch, che si occupa di mercati della CO₂, la nuova normativa rischia di lasciare “agli organi di certificazione ai revisori da essi retribuiti le decisioni sull’adeguata attuazione delle norme da parte degli operatori”. Anche qui si tratta di un meccanismo già visto nel sistema Ets. “Considerando che i revisori sono destinati a competere tra loro sui costi e sulla quota di mercato, possiamo solo aspettarci una corsa al ribasso”, commenta la ricercatrice Marlene Ramon Hernandez, che si occupa di rimozione della CO₂ e politiche europee. “Il rischio è dato dall’eccessiva libertà e autonomia che l’atto delegato sulle metodologie di certificazione delle rimozioni permanenti concede agli operatori e agli organismi di certificazione nell’interpretazione e nell’estensione delle norme”.
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