I molteplici utilizzi della canapa sono noti e apprezzati da tempo: il canapulo, il nucleo interno legnoso della pianta, è usato come materiale per l’edilizia, la farina e gli oli ricavati dai semi di canapa hanno un buon mercato in campo alimentare, mentre i fiori e le foglie vengono utilizzate nei prodotti farmaceutici e nella cosmesi. L’ultima frontiera è impiegarla come materiale per sostituire la plastica nel packaging e negli imballaggi. E questa potrebbe essere una buona notizia anche per l’industria automobilistica, come dimostra la recente notizia arrivata dagli Stati Uniti.
La One World Products, società del Nevada specializzata in prodotti a base di cannabis, ha, infatti, cominciato a produrre contenitori e pallet riutilizzabili per l’industria automobilistica realizzati proprio con la canapa. Finora, i contenitori e pallet riutilizzabili usati dall’industria automobilistica erano in plastica. Il valore aggiunto dei contenitori in canapa sta nella materia prima, che offre all’industria automobilistica un’alternativa alle plastiche tradizionali e la possibilità di ridurre le emissioni di carbonio all’interno delle proprie catene di fornitura.
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I contenitori e pallet in canapa
L’azienda ha annunciato nei giorni successivi al lancio del prodotto un ordine iniziale di 1400 unità da parte di Flex-N-Gate, un fornitore dell’industria automobilistica. Questi contenitori a base di canapa hanno superato i test e dimostrato la capacità di soddisfare gli standard del settore per quanto riguarda la resistenza e altre esigenze tecniche. I contenitori e i pallet riutilizzabili sono progettati per durare a lungo e possono compiere centinaia di viaggi durante il loro ciclo di vita e al termine sono completamente riciclabili.
“Il successo dei nostri test sottolinea la possibilità di fornire soluzioni rinnovabili all’avanguardia, in linea con la catena logistica del settore automobilistico”, ha dichiarato Isiah Thomas, presidente e ceo di One World Products (e leggenda del basket: Isiah Thomas, infatti, prima di dedicarsi alla produzione di cannabis ha vinto due volte il campionato Nba con i Detroit Pistons, giocando insieme all’altra leggenda Dennis Rodman, ndr). La speranza dell’azienda è di rendere la produzione di scala, ottenere nuove commesse ed espandersi nel comparto automobilistico.
Già in passato, come previsto da un precedente accordo con Stellantis, proprietaria di Chrysler, Citroën, Dodge, Fiat, Jeep e Peugeot, la One World Products aveva accettato di sviluppare e fornire componenti in bioplastica a base di canapa per gli interni e gli esterni dei veicoli. “Immagino un futuro in cui le Ford, le GM e le Stellantis del mondo tolgano la plastica dalle loro automobili e la sostituiscano con oggetti in canapa industriale, riducendo così l’impronta di carbonio”, aveva dichiarato Thomas nel 2022.
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Canapa: benefici ambientali e dibattito sulle bioplastiche
Efficiente nella crescita, necessita di poca acqua, cattura fino a quattro volte la CO2 immagazzinata dagli alberi e ha bisogno di ridotte quantità di fitosanitari o concimi: la canapa è sicuramente una pianta interessante da utilizzare come materiale alternativo a minore impatto ambientale. Quando, però, si parla di bioplastiche, il discorso è molto articolato, visto che in alcuni casi è stata messa in dubbio la loro utilità, per una serie di problematiche che vanno dall’opportunità di continuare a produrre oggetti usa e getta a ostacoli tecnici legati allo smaltimento. Inoltre molte bioplastiche necessitano comunque di additivi chimici per garantirne la durata, la resistenza al calore, l’impermeabilità e la resistenza dei colori.
La plastica di canapa, tuttavia, è una bioplastica a base vegetale ed è biodegradabile al 100% in natura. Sono incoraggianti anche le performance tecniche: la struttura fibrosa della canapa funziona in maniera efficace come rinforzo ed è più forte e malleabile di molti altri biomateriali. Sebbene non raggiunga il livello della plastica per quanto riguarda le performance, rappresenta sicuramente un’opzione da preferire dal punto di vista ambientale, soprattutto se, come nel caso citato in questo articolo, viene usata come materia prima per oggetti riutilizzabili.
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In Italia si rischia di tornare all’anno zero
L’unico vero ostacolo sono i costi. Che non sembrano tuttavia scoraggiare gli investitori, almeno negli Stati Uniti. Secondo uno studio curato da market.us, si stima che il mercato globale delle bioplastiche in canapa passerà dagli 83,5 milioni di dollari del 2021 ai 290,7 milioni di dollari entro il 2031, con un tasso di crescita annuale del 13,6%. C’è da chiarire che i costi maggiori sono un problema marginale negli Stati Uniti, poiché il business della canapa va in un’altra direzione, quella delle infiorescenze. Gli steli sono, di fatto, uno scarto che nella migliore delle ipotesi può diventare compost e, dunque, utilizzarlo per produrre biomateriali è una soluzione allettante.
In Italia, soprattutto in questo momento, la situazione è molto più incerta. La Cannabis è il genere in cui rientrano sia la canapa industriale sia la marijuana, con la differenza che la canapa è stata coltivata e selezionata con lo scopo di ottenere materie prime (cellulosa, fibre, semi, olio), mentre della marijuana si utilizzano le infiorescenze per la loro proprietà psicoattiva. Solo nel primo caso la coltivazione è legale, purché siano varietà di canapa con contenuto di THC (il cannabinoide psicoattivo incluso nella lista delle sostanze stupefacenti) inferiore allo 0,2%, come ha stabilito una legge del 2016.
Questa legge aveva in realtà aperto all’utilizzo anche delle infiorescenze (nel rispetto dei limiti di THC), creando un mercato della cosiddetta cannabis light per la produzione di oli al CBD (un cannabinoide non psicoattivo) per la cosmesi, gli integratori alimentari, l’erboristeria. La stretta del governo Meloni che vieta l’impiego e la trasformazione di qualsiasi infiorescenza, rischia però di bloccare tutto e questo potrebbe causare problemi anche per chi produce fibra o canapulo, perché la pianta di canapa produce comunque un fiore. Inoltre, investire nella canapa diventerà sicuramente una scelta molto meno attraente e con minori coltivazioni sarà più difficile e costoso averla a disposizione come biomateriale.
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