mercoledì, Dicembre 3, 2025

Dimmi cosa compri e ti dirò chi sei: una biografia del consumo in 12.795 oggetti

Il progetto fotografico “Katalog” racconta con precisione chirurgica l’invisibile rapporto quotidiano che intratteniamo con gli oggetti, ponendo al centro i temi dell’iperconsumo e dell’accumulazione segnati dalla veloce obsolescenza programmata e affettiva

Vittoria Moccagatta
Vittoria Moccagatta
Classe 1998. Laureata in filosofia all'Università degli Studi di Torino, è dottoranda in Design for Social Change presso l'ISIA Roma Design. È stata ricercatrice per il progetto "Torino città solidale e sostenibile"

Nella contemporaneità iperconsumistica, dove ogni oggetto può essere acquistato con un clic e gettato via con altrettanta facilità, la fotografa belga Barbara Iweins compie un gesto originale: cataloga singolarmente, con metodo archivistico, tutti i 12.795 oggetti presenti nella sua casa.

Dall’occasione di un trasloco nasce così il progetto “Katalog”, un archivio domestico che, nel corso di quattro anni, trasforma una necessità logistica d’inventario in un’indagine sociologica sulla vita materiale: ogni pezzo viene fotografato su sfondo neutro, numerato, classificato per colore, materiale e frequenza d’uso e il risultato è una mappa dell’accumulo domestico, dalla quale emerge una specifica regolarità: quella dei doppioni, dei “mai usati”, degli acquisti fatti per tentazione o per routine. 

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Fonte: Katalog

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Microcosmo domestico: usi, consumi e costi

A consuntivo, l’autrice stima di aver speso 121.046 euro per l’intero contenuto della sua casa, eppure considera davvero importante appena l’1% di ciò che possiede: “del 99% potrei liberarmene”. Nel catalogo, infatti, compaiono anche oggetti privi di utilità e affezione, come un uovo finto in plastica, cinquantotto cavi USB, soprammobili kitsch, una tazza rotta, sette pettini di metallo, vestiti mai indossati, una scarpa solitaria, cinque lampade da tavolo identiche. Oggetti futili o ridondanti che pure sono stati acquistati, conservati, dimenticati, ri-acquistati e ri-dimenticati. “Nascondiamo le cose che compriamo”, commenta Iweins. “Tutto è negli armadi, e mentre riscoprivo le gonne e pensavo: ‘non le ho mai indossate, sono davvero carine!’”.

Se guardiamo oltre la singola casa, gli elementi di “Katalog” sono coerenti con il modo in cui oggi si progetta il consumo in generale: non solo si accorcia intenzionalmente la vita utile degli oggetti, ma se ne incentiva la sostituzione prima che l’usura lo richieda. Oltre l’obsolescenza programmata, infatti, esiste quella simbolica che agisce sulla percezione sociale del nuovo e del possesso e, tramite marketing e fashion system, accelera il ritmo delle aspettative: basta, per esempio, un piccolo restyling, un testimonial più famoso del precedente o una pubblicità che incita all’accumulo per trasformare ciò che è ancora funzionale in qualcosa di percepito come superato e da gettare via per essere riacquistata sotto l’egida del bollino “novità”.

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Inventario di sé: ciò che abbiamo, ciò che siamo

Lo spazio domestico, terreno privilegiato per la costruzione e personalizzazione della propria identità, emerge in “Katalog” come un microcosmo materiale e simbolico capace di rendere visibile la distanza che intercorre tra possesso e impiego. La casa, infatti, non è e non appare come un magazzino organizzato razionalmente, ma come un sistema che tiene insieme necessità, abitudini, vizi, ricordi e non solo, in cui molti oggetti non servono tanto a fare qualcosa, quanto a comunicare qualcosa: appartenenze, gusti, aspirazioni. Per questo gli oggetti vengono equiparati a “dèi Lari antropomorfi” ne Il sistema degli oggetti di Jean Baudrillard: quei feticci di spiriti che nell’antica Roma proteggevano la casa e che ora si venerano non più davanti all’altare chiamato “larario”, ma di fronte agli scaffali, alle vetrine e alle inserzioni degli e-commerce, in una liturgia che si sposta dalla protezione del focolare alla fede nella novità, nell’eccesso e nel possesso.

Anche EconomiaCircolare.com, insieme alla sua community, ha stilato un inventario: è il catalogo dell’assurdo, una finta vetrina online che imita gli e-commerce e raccoglie, anche grazie alle vostre segnalazioni, gli oggetti più inutili realmente acquistabili: porta-banane di plastica, tazze auto-riscaldanti, macinaspezie elettrici, schiaccia-brufoli in silicone e non solo. Se Katalog rivela quanti oggetti finiscono dimenticati negli armadi, l’e-commerce dell’assurdo mostra quelli che nascono già con la condanna all’oblio, pronti a diventare rifiuti subito dopo l’entusiasmo del clic su “acquista ora”. Segnalaci altri oggetti assurdi a segreteria@economiacircolare.com!

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Uno degli oggetti assurdi di Katalog: lo specchio deformante.
“Sempre meglio vedere solo un’immagine distorta di sé prima di uscire di casa”. Fonte: Katalog

Ogni oggetto catalogato porta con sé un conto materiale a monte (materie prime, acqua, energia, trasporti…) e uno a valle (gestione dei rifiuti). “Katalog” e il catalogo dell’assurdo possono servire da diari visivi dell’eccesso e quindi da control test: spenta l’aura pubblicitaria, restano gli oggetti e tre domande semplici (quanti sono, con quale frequenza vengono usati, quanta ridondanza c’è) trasformano l’estetica del nuovo in contabilità del reale. Così l’obsolescenza programmata o affettiva diventa osservabile in casa: si sostituiscono beni ancora funzionanti; molti restano inutilizzati per mesi o anni sugli scaffali e nei cassetti; coesistono più pezzi che svolgono la stessa funzione. L’inventario di Iweins, infatti, traduce la retorica della novità in evidenza empirica: breve uso iniziale, lunga inattività successiva, costi materiali ed energetici che non entrano nel nostro bilancio. Eppure “ora che il progetto è terminato e ho identificato quali oggetti hanno valore, posso vivere consapevolmente”.

In piccolo si può fare ciò che ha fatto Barbara Iweins: non necessariamente fotografando ogni cosa, ma con occhio critico e attento, stanza per stanza, per capire cosa abbiamo per non ricomprarlo, cosa davvero ci serve e cosa invece può essere donato. Qualche spunto pratico per cominciare:

  • Parti dagli armadi e dai cassetti: sono i luoghi dove spesso si accumulano i “mai usati” – filtro che Iweins stessa crea per indicizzare la maggior parte degli oggetti visibili sulla pagina online di “Katalog”.
  • Fai l’inventario dei doppioni: quanti oggetti svolgono la stessa funzione? Tienine uno, dona gli altri.
  • Pensa al ciclo di vita dell’oggetto: chiediti quale impatto ambientale e sociale ha avuto la sua produzione e quale avrà come rifiuto.
  • Premia la riparazione. Prima di sostituire un oggetto, prova a ripararlo: è un modo per risparmiare risorse e prolungare la sua storia.
  • Impara a dire no al superfluo: prima di ogni acquisto chiediti se stai davvero rispondendo a un bisogno o solo a un impulso. Spesso gli oggetti che finiscono tra i “mai usati” nascono proprio da un clic fatto per noia, curiosità o moda. Fermarsi un attimo prima del “compra ora” è già un atto di decluttering.

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