Dov’è la trasparenza sui progetti relativi alle materie prime critiche? Lo hanno chiesto quattro deputate del Parlamento europeo (del gruppo Verdi/Alleanza Libera europea), affermando di non aver potuto accedere alle valutazioni d’impatto per i progetti minerari definiti strategici dalla Commissione Europea e approvati ai sensi del Critical Raw Materials Act, il regolamento sulle materie prime critiche che è stato approvato a maggio 2024.
Si tratta in realtà di un’accusa non nuova, che era stata già avanzata dalla società civile (qui), e che però mette ulteriormente in discussione la velocità con la quale l’Unione Europea sta affrontando la corsa con la quale intende rendersi meno dipendente dalle forniture di metalli e minerali come litio, rame e ferro, fondamentali per il settore energetico, quello legato alla difesa e il settore digitale. “Mancanza di trasparenza e di responsabilità” è la formula con la quale le deputate del Parlamento europeo (Maria Ohisalo, Sara Matthieu, Majdouline Sbaà e Ana Mirand) hanno apertamente accusato la Commissione di aver respinto le richieste di informazioni. Uno scontro che potrebbe sfociare addirittura in un’azione legale.
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“Sulle materie prime critiche la Commissione ripete informazioni già note”
A dare la notizia del malcontento parlamentare è il sito Euronews, un portale molto ben informato sulle politiche europee. Come è noto, da anni l’Unione Europea sta tentando di diventare più autonoma sul fronte delle materie prime critiche, dove la dipendenza dalla Cina è molto ampia su ogni versante, dall’estrazione fino ai prodotti finiti (si pensi ai chip o ai pannelli fotovoltaici). Nel corso di quest’anno la Commissione ha annunciato di aver attivato ben 60 progetti strategici per sciogliere i nodi sull’intera catena del valore: 47 nel suolo dell’UE e 13 al di fuori dell’Unione.

Come abbiamo già raccontato, la selezione della Commissione è stata piuttosto rapida (meno di un anno) e prevede un investimento complessivo di 22,5 miliardi di euro. Inoltre più della metà dei progetti selezionati riguardano nuove estrazioni minerarie, mentre si distinguono i 4 progetti italiani, tutti incentrati sul riciclo.
Le quattro deputate hanno inviato una lettera alla Commissione all’inizio di maggio, visionata da Euronews, chiedendo l’accesso alle valutazioni d’impatto dei progetti minerari. “Inoltre – scrive EuroNews – hanno anche chiesto i nomi degli esperti indipendenti che hanno condotto le valutazioni per verificare la loro imparzialità, le posizioni geografiche e le informazioni dettagliate su come la Commissione intende monitorare i loro progressi”. Ma le risposte della Commissione, che pure ci sono state, sono state giudicate vaghe ed evasive. “Dall’inizio del mandato – ha affermato una deputata – la Commissione continua a ripetere le informazioni già rese pubbliche”.
A Euronews un portavoce della Commissione ha spiegato che “la decisione della Commissione è disponibile sul sito web, insieme a una mappa interattiva di progetti selezionati. Si prega di notare che, in linea con l’articolo 46 del Critical Raw Material Act, le informazioni commerciali delle domande ricevute devono essere mantenute riservate”. Inoltre, ha spiegato ancora il portavoce della Commissione, “per proteggere il processo di valutazione indipendente e la privacy degli esperti, i nomi degli esperti non sono divulgati pubblicamente”.
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Restano i dubbi sui progetti più problematici
Ad attivare le quattro eurodeputate sono stati soprattutto i progetti minerari considerati sin dalla prima comparsa “problematici”, tutti relativi a nuove estrazioni minerarie. In particolare sono sei i progetti sotto esame: Mina Doade in Spagna, Barroso in Portogallo, Sakatti in Finlandia, Allier in Francia e due al di fuori dei confini dell’Unione Europea, più precisamente in Serbia e in Nuova Caledonia (Oceania).
Alcuni di questi progetti, d’altra parte, hanno avuto percorsi di approvazione complicati, che sono stati poi superati dopo il loro inserimento nella categoria dei progetti strategici previsti dal Critical Raw Material Act. Ad esempio il progetto Allier, in Francia, prevede di estrarre enormi quantità di litio: si prevede che possa costare circa un miliardo di euro e sta registrando forti polemiche a livello locale. Ancora più criticità ci sono attorno al progetto serbo di Jabar, che secondo le stime di Fastmarkets, agenzia di rilevazione dei prezzi delle materie prime, potrebbe da solo soddisfare il 13% della domanda di litio prevista dall’Europa nel 2030.

Proprio per via dell’enorme quantità del cosiddetto oro bianco il progetto ha visto sin dal 2004, anno della scoperta dei primi giacimenti, da una parte l’esibizione di interessi sfrontati da parte dell’UE (persino dei singoli Stati membri, come la Germania) e dall’altra un’ampia e duratura opposizione popolare, alla quale ha dato il proprio supporto anche la nota attivista Greta Thunberg. In tutto questo ampio periodo, tuttavia, sugli impatti ambientali delle estrazioni minerarie si è preferito non fare chiarezza. Una scelta che, a quanto pare, è tuttora in corso.
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