“Alla fine ce l’abbiamo fatta, abbiamo adottato la più grande legge sul clima di sempre”. Il sospiro di sollievo con il quale l’europarlamentare tedesco Peter Liese (Cdu, Ppe) accoglie il voto del Parlamento europeo di ieri pomeriggio su alcuni atti legislativi che fanno parte del pacchetto Fit for 55, vale a dire l’ambizioso piano con il quale l’Unione europea intende ridurre le emissioni di anidride carbonica del 55% al 2030 (rispetto a quelle del 1990), fa comprendere solo in parte quanto complicata sia stata la votazione.
Seppur il tono entusiasta arrivi dal relatore degli emendamenti approvati, le riforme ambientali approvate a Strasburgo – la modifica del mercato ETS, il fondo sociale per il clima e il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere – si attendevano da tempo. Negli scorsi giorni proprio il Parlamento si era spaccato sull’intero pacchetto Fit for 55, mostrando la propria vulnerabilità alle pressioni delle lobby che si battono affinché la sostenibilità non diventi un costo aziendale.
La votazione di ieri, seppur importante, è ancora interlocutoria, nel senso che le posizioni espresse dal Parlamento dovranno poi essere valutate ed eventualmente approvate dal Consiglio europeo, in modo da avere la versione finale del Fit for 55 che indichi le modalità per raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici delle istituzioni europee. “Il pacchetto – si legge nel comunicato stampa del Parlamento Eu – è anche un passo verso l’indipendenza da combustibili fossili costosi e inquinanti provenienti dalla Russia, da raggiungere prima del 2030”. Ma quali sono concretamente le riforme approvate? E quali sono le reazioni delle ong e degli europarlamentari più “green”?
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La conferma: gli inceneritori nel mercato ETS dal 2026
La prima, e più discussa, riforma approvata è quella del mercato ETS, l’Emission Trading System, cioè il mercato europeo delle quote di carbonio. Dopo la bocciatura di poche settimane fa, il Parlamento ha approvato un nuovo compromesso che è passato con 439 voti a favore, 157 contrari e 32 astenuti.
Questi i punti salienti che sono stati votati:
– l’istituzione di un nuovo ETS II per gli edifici e il trasporto su strada, con l’esclusione degli edifici privati almeno fino al 2029;
– l’aumento dal 61% (proposto dalla Commissione) al 63% dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030;
– la graduale eliminazione delle quote gratuite dal 2027 e loro completa eliminazione entro il 2032;
– un sistema bonus-malus da introdurre a partire dal 2025 per favorire le imprese più ecologiche;
– entrate di bilancio da utilizzare esclusivamente per l’azione per il clima nell’UE e negli Stati membri.
Ciò che interessa il nostro Paese è soprattutto l’inclusione degli inceneritori nel nuovo schema ETS: gli impianti urbani che bruciano rifiuti indifferenziati, dunque, dal 2026 dovranno pagare le quote di C02 emesse. Provvedimenti importanti, certamente, che però (come dicevamo) lasciano insoddisfatti. Così, ad esempio, commenta Eleonora Evi, europarlamentare italiana che fa parte dei Verdi:
“Dal punto di vista di Zero Waste Europe – scrive invece la nota ong – l’inclusione proposta è molto positiva. Tuttavia, riteniamo che la data di inclusione del 2026 sia troppo tardiva poiché gli impianti di incenerimento dei rifiuti bruciano grandi quantità di plastica e di conseguenza sono ad alta intensità di carbonio Un recente rapporto mostra che un terzo delle emissioni di CO2 del sistema della plastica è causato dall’incenerimento dei rifiuti di plastica La determinazione del prezzo delle emissioni di CO2 fossile degli inceneritori di rifiuti è necessaria per incentivare la circolarità della plastica e la prevenzione dei rifiuti”.
La palla adesso al Consiglio europeo, che dovrà decidere se confermare la soppressione, finora vigente, degli impianti di incenerimento dal campo di applicazione delle quote ETS. Come abbiamo già ribadito, il nostro Paese segue con particolare attenzione questa decisione. Se il Consiglio darà seguito alle indicazioni del Parlamento, infatti, il nascente inceneritore di Roma vedrebbe aumentare di molto i costi di esercizio.
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La novità: i trasporti nel mercato ETS
Se il voto sugli inceneritori nel mercato ETS è un deja vu, è invece una prima volta in assoluto l’inserimento del trasporto marittimo e del trasporto su strada nel sistema di scambio di quote di emissione. Il voto arriva a distanza di due settimane dal voto sul pacchetto Fit for 55 che prevedeva, tra le altre cose, anche la copertura per tutti i voli in partenza dall’Unione europea. La ong Transport & Environment (T&E) accoglie con favore questa espansione storica e invita i governi nazionali ad adottare una posizione altrettanto ambiziosa in seno al Consiglio europeo alla fine di questo mese. Sofie Defour, responsabile clima di T&E, ha affermato che “questo segna una giornata storica per la politica climatica europea. L’ampliamento del programma di punta e di commercio dell’UE garantisce che più inquinatori europei siano costretti a pagare”.
Il Parlamento ha votato a favore dell’inclusione di tutte le navi di stazza lorda superiore a 400 tonnellate e delle navi offshore, come quelle che servono impianti offshore di gas e petrolio, nel mercato del carbonio dell’UE. Gli inquinatori dovranno pagare per tutti i gas serra che inquinano – CO2, metano e protossido di azoto – quando navigano all’interno dell’Ue e il 50% dei viaggi fuori dal blocco fino al 2027. Dopo il 2027, l’ambito del mercato del carbonio sarà automaticamente esteso al 100% delle navi in entrata e in uscita dai porti europei. I legislatori si sono tuttavia piegati alle pressioni includendo esenzioni per le navi ghiacciate e le navi che viaggiano verso le regioni ultraperiferiche, ritardando la decarbonizzazione di queste navi.
Per l’ETS stradale, invece, i deputati hanno votato per il nuovo prezzo del carbonio da dividere equamente tra compagnie petrolifere e consumatori. Ai fornitori di carburante sarà vietato trasferire più della metà dei costi ai consumatori finali. Sofie Defour ha aggiunto che “in un momento in cui le major del petrolio e del gas stanno ottenendo profitti eccezionali dalla guerra in Ucraina, questo è un forte passo avanti verso una transizione giusta. Se questa disposizione del Parlamento diventerà legge, alla fine le major petrolifere ripagheranno la società e consentirà all’Ue di iniziare a tagliare parte dei loro enormi margini di profitto”. I compromessi in questo caso hanno riguardato l’orizzonte temporale: per il 75% di questo settore, infatti, il pagamento delle emissioni avverrà soltanto a partire dal 2029.
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Approvato anche il Fondo sociale per il clima
Il Parlamento ha poi appoggiato la creazione di un Fondo sociale per il clima (SCF) per aiutare le persone più colpite dalla povertà energetica a far fronte all’aumento dei costi, soprattutto su materie prime e carburanti.
Dal comunicato stampa del Parlamento Eu, si apprende che il fondo dovrebbe includere:
– misure temporanee di sostegno diretto al reddito (come la riduzione delle tasse e delle tariffe energetiche) per far fronte all’aumento dei prezzi del trasporto su strada e del combustibile per riscaldamento;
– investimenti nella ristrutturazione degli edifici, nelle energie rinnovabili e per passare dal trasporto privato a quello pubblico, al car-pooling e car-sharing e all’utilizzo di modi di trasporto attivi quali la bicicletta. Le misure potrebbero prevedere incentivi fiscali, voucher, sovvenzioni o prestiti a tasso zero.
Più precisamente fino al 2027 il fondo dovrebbe avere una dotazione di 16,39 miliardi di euro, con la possibilità di raggiungere un totale di 72 miliardi di euro entro il 2032. A finanziare questo fondo saranno le nuove inclusioni nel mercato ETS. La correlatore Esther de Lange (PPE, NL) ha dichiarato che “la transizione energetica non dovrebbe diventare una transizione per pochi. Ecco perché ci siamo assicurati che i soldi del fondo raggiungano effettivamente le persone che hanno bisogno del massimo sostegno durante la transizione. Le misure includono, ad esempio, buoni per i più vulnerabili per isolare le loro case e lo sviluppo di un mercato delle auto elettriche di seconda mano”.
Il fondo, insomma, dovrebbe costituire una sorta di ancora economica per le famiglie e le microimprese.
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