fbpx
venerdì, Novembre 29, 2024

Più sono circolari e più resistono alla crisi: le imprese italiane secondo GreenItaly 2020

La resilienza delle imprese green e circolari torna ancora a far parlare di sé. L’ultimo rapporto GreenItaly 2020 di fondazione Symbola e Unioncamere analizza punti di forza e capacità di risposta alla crisi causata dalla pandemia

Caterina Ambrosini
Caterina Ambrosini
Laureata in Gestione dell’ambiente e delle risorse naturali presso la Vrije Universiteit di Amsterdam con specializzazione in Biodiversità e valutazione dei servizi forniti dall'ecosistema. Da inizio 2020, collabora con l’Atlante Italiano dell’Economia Circolare nel lavoro di mappatura delle realtà nazionali e nella creazione di contenuti.

Sono già sui binari della riconversione ecologica, soprattutto quelle guidate da giovani. Innovano di più, investendo maggiormente in ricerca e sviluppo. E resistono meglio delle altre alla crisi. Sono le imprese italiane secondo il rapporto GreenItaly 2020 di Symbola e Unioncamere, che mostrano resilienza e dinamismo nonostante la battuta d’arresto imposta dalla pandemia. 

Leader di circolarità

Al consueto monitoraggio su circa metà delle imprese non agricole italiane con almeno un dipendente, circa 600mila, quest’anno il report ha aggiunto un focus su 1.000 aziende manifatturiere svolto nel corso del mese di ottobre per avere un aggiornamento “ad oggi” su come stanno reagendo al rallentamento prodotto dalle conseguenze dell’epidemia da coronavirus. 

Un primo dato che emerge dal dossier è che l’Italia è al terzo posto in Europa dopo Lussemburgo e Irlanda, e prima tra i grandi Paesi seguita dal Regno Unito, nella classifica dell’ecoefficienza, della capacità cioè di ottimizzare l’uso di materia ed energia, le emissioni in atmosfera e la gestione dei rifiuti. Non a caso siamo il Paese con la percentuale più alta di riciclo – il 79,3% nel 2008, doppiando la media europea –  e la quantità di materiali riciclabili tradizionali (carta, plastica, vetro ecc.) avviati a riciclo più alta di Europa, pari a 29,4 milioni di tonnellate.

L’Italia registra importanti prestazioni anche in termini di utilizzo di materiali da riciclo, con 17,7% di uso di materia seconda sui consumi totali di materia. Questo risultato posiziona il nostro PAese al secondo posto, dopo la Gran Bretagna, nella classifica continentale dell’introduzione di materia seconda in sostituzione di materie vergini: questo si traduce in un risparmio potenziale annuo di 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e 63 milioni di tonnellate di CO2, in pratica l’equivalente del 14,6 % della domanda interna di energia e del 14,8% delle emissioni climalteranti.

“Per dirla con una battuta, questo rapporto conferma che essere buoni conviene – ha dichiarato Ermete Realacci, presidente di Symbola -. Si dice spesso che le politiche ambientali non devono danneggiare l’economia, ma questi dati dimostrano esattamente il contrario. Tante piccole e medie imprese spesso hanno portato questi cambiamenti non per obbligo di legge ma per i loro cromosomi: siamo un Paese povero di materie prime e da sempre abbiamo messo in campo quella più preziosa, l’intelligenza, dando vita a filiere più efficienti, dai rottami di Brescia agli stracci di Prato, fino alle cartiere della Lucchesia”.

Reattivi di fronte al lockdown

Passando all’esame delle dinamiche che coinvolgono il campione di 1.000 imprese del manifatturiero di diverse dimensioni nel mese di ottobre 2020,  emerso che quelle green che prevedono un calo del fatturato superiore al 15% in seguito alla pandemia sono l’8% contro il 14% delle imprese non green. Resilienza mostrata anche nella maggiore capacità di adattamento al lockdown con un ricorso più massiccio al lavoro digitale e alle vendite on line. Resistono di più, sono più reattive e hanno un atteggiamento più ottimistico, guardando con maggior fiducia al 2021 e soprattutto al 2022. 

E i segnali di maggior resilienza non si fermano qui: il 9% delle imprese green assume personale rispetto al 7% delle non-green, e anche nell’export, aumentato del 16%, si coglie un altro segnale incoraggiante. Molte delle oltre 432 mila imprese nazionali che negli ultimi 5 anni (2015-2019) hanno deciso di dedicarsi a investimenti green, ovvero il 31,2% dell’imprenditoria (agricoltura esclusa), hanno risposto più prontamente allo shock causato dalla pandemia. E il 16% delle realtà che hanno dedicato investimenti a favore della sostenibilità ha aumentato il proprio fatturato.

Investimenti lungimiranti 

Le imprese italiane che hanno investito in sostenibilità nel 2019 sono il 21,5%, circa 300mila, e quelle green di casa nostra risultano più performanti delle loro concorrenti: negli ultimi 5 anni, registra il rapporto GreenItaly, il fatturato supera quello delle imprese non green del 7%, stesso distacco in percentuale che si registra per gli occupati, mentre l’export delle imprese green supera del 10% quello delle imprese non green.  

C’è poi l’aspetto legato agli investimenti in innovazione che si concentrano su ricerca e sviluppo, e sfruttamento delle tecnologie di nuova generazione 4.0. Nel solo 2020, il 20% delle realtà che hanno cavalcato l’onda del 4.0 hanno registrato un aumento di fatturato. Strategia green più tecnologia hanno dunque potenziato le capacità competitive dell’azienda. Ultimo punto importante del report: le imprese più giovani risultano essere quelle più indirizzate verso strategie verdi e sostenibili, con eco-investimenti sostenuti dal 47% delle realtà guidate da under 35, contro un 23% delle altre imprese. 

Pronti per Next Generation Eu

Gli investimenti fatti nel 2019 (da circa 300mila aziende) hanno toccato principalmente l’ambito dell’energia, quindi efficientamento e energie rinnovabili, così come anche la riduzione di consumo di acqua, di rifiuti e di sostanze inquinanti. 

Il report ci racconta poi di un’Italia con un consumo procapite di materia inferiore del 40% rispetto alla media europea, dato che delinea un contesto nazionale caratterizzato da una ‘dematerializzazione dell’economia’, come definito dagli autori del report. Parliamo quindi di uno dei principali obiettivi che l’Europa vuole raggiungere con il Green Deal: permettere ai paesi dell’Unione di avere una crescita economica dissociata dall’uso delle risorse. 

“C’è un’Italia pronta al Recovery Fund e la green economy è la migliore risposta alla crisi” aggiunge Realacci, confermando che i presupposti della riconversione ecologica ci sono. Ora tocca al sistema Italia dimostrare di saper cogliere l’opportunità rappresentata dal pacchetto Next Generation Eu, che aggiunge 750 miliardi di euro ai 1.100 già stanziati nel bilancio pluriennale dell’Unione. 

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie