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domenica, Dicembre 15, 2024

Pneumatici ricavati da bottiglie di plastica. Tutte le novità per essere sostenibili su strada

L'inquinamento da particelle di pneumatici può risultare fino a 1000 volte peggiore delle emissioni dallo scarico di un’auto, senza contare l’impatto dello smaltimento a fine vita. Tra rigenerazione, riciclo e materiali sostenibili, le aziende puntano su modelli di produzione circolare

Antonio Carnevale
Antonio Carnevale
Nato a Roma, giornalista pubblicista dal 2012, autore radiofonico ed esperto di comunicazione e new media. Appassionato di sport, in particolare tennis e calcio, ama la musica, il cinema e le nuove tecnologie. Da qui nasce il suo impegno su StartupItalia! e Wired Italia, dove negli anni - spaziando tra startup, web, social network, piattaforme di intrattenimento digitale, robotica, nuove forme di mobilità, fintech ed economia circolare - si è occupato di analizzare i cambiamenti che le nuove tecnologie stanno portando nella nostra società e nella vita di tutti i giorni.

L’azienda tedesca Continental, uno dei primi produttori mondiali di pneumatici, ha  annunciato la produzione in serie di pneumatici ottenuti da bottiglie di plastica in PET riciclate. Per ogni set di pneumatici per autovetture c’è bisogno di circa 40 bottiglie.

Del resto, la nocività della plastica per l’ambiente, la sua incontrollata diffusione e i lunghissimi tempi di smaltimento non sono più una novità. Solamente nel Mediterraneo ogni giorno in mare giungono oltre 730 tonnellate di rifiuti plastici. Rispetto a 20 anni fa utilizziamo e gettiamo il doppio della plastica ma, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), neanche il 10% del totale della plastica prodotta nel mondo viene riciclato.

Il suo corretto smaltimento rappresenta, dunque, una delle maggiori sfide per il nostro Pianeta. Se, da un lato, è fondamentale dare una nuova vita alla plastica, è però altrettanto importante ridurre l’impatto ambientale dei pneumatici. Questi ultimi, infatti, rappresentano la superficie di collegamento tra il veicolo e la strada, contribuendo in vari modi all’inquinamento delle nostre città.

Anche i pneumatici inquinano

L’Oms ha certificato che solo il 50% circa delle polveri sottili da traffico sono prodotte dalle emissioni delle nostre auto dovute all’uso di combustibili fossili. L’altra parte di inquinamento proviene dall’usura dei freni, dell’asfalto e dei pneumatici, che consumandosi rilasciano particelle microscopiche molto tossiche.

Ogni anno in Unione Europea vengono diffuse circa 500mila tonnellate di particelle dovute all’abrasione dei pneumatici a contatto con la superficie stradale. La maggior parte delle emissioni di microplastica deriva proprio dall’abrasione delle gomme delle auto che produce piccoli frammenti di gomma, conosciuti come polvere di pneumatico o particolato (PM).

Queste particelle finiscono nei nostri polmoni, oltre ad essere trasportate dal vento e dalle precipitazioni atmosferiche nell’ambiente, attraverso le reti fognarie, inquinando inevitabilmente acque e terreni. Ci sono poi gli idrocarburi poliaromatici (IPA) – componenti chimici presenti negli oli utilizzati durante la produzione delle gomme – che, disperdendosi nell’ambiente sotto forma di vapori, sono tossici e cancerogeni. Senza contare che il rendimento e le caratteristiche delle gomme arrivano a incidere fino al 20% sui consumi di carburante, causando maggiori (o minori) emissioni.

Emission Analytics, uno dei principali specialisti mondiali per la validazione di test e dati di natura scientifica inerenti le emissioni inquinanti prodotte dagli autoveicoli, ha lanciato l’allarme sull’inquinamento da particelle di pneumatici. In base alle loro rilevazioni, può risultare “fino a 1000 volte peggiore delle emissioni dallo scarico di un’auto”.

Secondo il loro ultimo studio sull’inquinamento da pneumatici percorrendo un tratto stradale con un’automobile familiare, con pneumatici correttamente gonfiati, vengono emessi 5.8 grammi di particolato ogni chilometro percorso. Non esiste attualmente nessuna norma che regola le emissioni dovute ai pneumatici, che rientrano nelle cosiddette NEE, ovvero Non-Exhaust Emission. Secondo Emission Analytics, le NEE costituirebbero il 60% di PM2.5 e il 73% di PM10, due tra le più pericolose particelle che si trovano in particolar modo nei centri abitati.

Quali sono e come si riconoscono i pneumatici green

Come diminuire il nostro impatto ambientale? Innanzitutto, avendo cura dei pneumatici – un pneumatico troppo sgonfio contribuisce a un’usura anomala del materiale polimerico e crea un’ulteriore resistenza all’avanzamento, incrementando le emissioni -, effettuando scelte di qualità e ponendo particolare attenzione al corretto smaltimento.

Molte aziende produttrici stanno sviluppando pneumatici innovativi, in grado di fornire massime prestazioni e sicurezza ma, allo stesso tempo, anche una durata maggiore e un’usura limitata rispetto alle gomme tradizionali. I pneumatici ecologici sono contraddistinti da un’etichetta UE, una sorta di carta d’identità del prodotto, che fornisce le informazioni utili ai consumatori. I pneumatici vengono classificati in base alla loro sostenibilità attraverso parametri come le prestazioni sul bagnato, il livello di efficienza della gomma in merito ai consumi, la resistenza al rotolamento o il livello di rumorosità.

Tutti questi dati devono essere facilmente individuabili dagli acquirenti. Inoltre, nell’etichetta è integrato un QR Code che può essere scansionato per visualizzare tutti i dati della gomma direttamente sul proprio smartphone.

I pneumatici migliori (classe A), emettono meno di 120 grammi al chilometro di anidride carbonica, i peggiori oltre 225 grammi di CO2 per ogni chilometro di strada percorsa. Oltre a minori emissioni di anidride carbonica, i pneumatici di fascia alta garantiscono anche consumi più contenuti e un risparmio notevole sul costo del carburante.

Ci sono anche altri fattori che influiscono in maniera importante sull’inquinamento da pneumatici. In primis, il materiale di cui sono fatti e la filiera da cui provengono. A questo proposito, i principali produttori di gomme stanno sviluppando nuove tecniche meno impattanti che fanno ricorso ai principi dell’economia circolare.

Pneumatici dalle bottiglie di plastica: il progetto Continental

In questi ultimi anni Continental ha lavorato nel campo dei materiali innovativi, per produrre pneumatici ancora più efficienti dal punto di vista energetico e rispettosi dell’ambiente, utilizzando ad esempio le radici della pianta di tarassaco. Come anticipato, l’azienda tedesca ha appena annunciato di essere riuscita a produrre – grazie alla nuova tecnologia ContiRe.Tex – pneumatici con filato di poliestere ottenuto da bottiglie di plastica in PET riciclate.

“Nell’ambito di uno speciale processo di riciclaggio, – si legge sul sito ufficiale – le bottiglie vengono smistate e pulite meccanicamente, dopo aver rimosso i tappi. Dopo la triturazione meccanica, il PET viene ulteriormente trasformato in poliestere granulato e, infine, filato”.

Prodotti nello stabilimento Continental di Lousado, in Portogallo, i pneumatici con tecnologia ContiRe.Tex riportano sul fianco lo speciale logo Contains Recycled Material. “Stiamo costantemente espandendo la quota di materiali rinnovabili e riciclati presenti nei nostri pneumatici”, ha spiegato Ferdinand Hoyos, responsabile business replacement di Continental in Europa, Medio Oriente e Africa (EMEA). “Entro il 2050, al più tardi, miriamo a utilizzare solo materiali sostenibili nella nostra produzione”.

Anche Goodyear sta lavorando alla realizzazione di gomme per auto con materiali organici e riciclati, come gli scarti di riso e le bottiglie di plastica recuperate. L’azienda ha un obiettivo ancora più ambizioso: raggiungere il 100% di materiali sostenibili entro il 2030, trasformando l’intera produzione dei pneumatici in un processo ecologico.

Leggi anche: Il riciclo dei pneumatici in Italia spiegato con i numeri

Pneumatici ecologici: le novità in vista

La multinazionale francese Michelin, invece, sta lavorando per ridurre al minimo l’impatto ambientale dovuto alla produzione dei pneumatici e al loro smaltimento, usando materiali derivati da trucioli di legno, paglia, barbabietola, zucchero e bucce d’arancia. Entro il 2024, Michelin punta ad avere l’80% di componenti sostenibili.

Intanto, sempre per quella data, è fissata la commercializzazione dei Michelin Uptis (Unique Puncture-proof Tire System), innovativi pneumatici attualmente in fase di sperimentazione. Sono senza camera d’aria, connessi, ecologici e a prova di foratura. L’obiettivo è ridurre il numero di oltre 200 milioni di gomme stradali gettate via prima del tempo utile e fornire un supporto importante alla mobilità elettrica.

Bridgestone ha progettato un modello piuttosto simile, chiamato Air Free: si tratta di gomme a base di resina, attualmente prodotte soltanto per le biciclette. Inoltre, l’azienda in partnership con LanzaTech, un grande produttore di pneumatici, sta mettendo a punto una strategia per creare pneumatici da materiale riciclato: il sistema a circuito chiuso utilizza batteri per scomporre la gomma, catturare il carbonio e creare la materia prima per la nuova gomma. Nello specifico, i pneumatici verranno trasformati in etanolo, che potrà poi essere nuovamente trasformato in pneumatici: LanzaTech quindi gassifica parzialmente i pneumatici, producendo monossido di carbonio e idrogeno, poi introduce dei batteri che si nutrono di questi gas e creano nuovo etanolo, senza perdere carbonio lungo il percorso.

L’italiana Pirelli lavora invece da anni a una catena di approvvigionamento sostenibile di gomma naturale e proprio lo scorso anno, al Salone di Monaco, ha presentato il primo pneumatico al mondo certificato FSC. Si tratta di una certificazione che attesta la provenienza delle materie prime, assicurando che vengano prelevate da foreste gestite in modo responsabile e sostenibile.

Anche Directa plus è della partita. La società italiana leader nella realizzazione di prodotti a base di grafene ha appena brevettato dei pneumatici innovativi. Il grafene migliora le prestazioni del prodotto, riducendo di molto la resistenza al rotolamento e quindi i consumi.

Leggi anche: Pneumatici fuori uso, le garanzie dell’End of waste e il ruolo di UNI

L’importanza di un corretto smaltimento

Tutte queste soluzioni rappresentano certamente il futuro del settore. Una soluzione efficace e immediata è rappresentata invece dai pneumatici ricostruiti o “rigenerati”. Affidabili al pari dei modelli nuovi di fabbrica, possono aiutare già oggi a ridurre l’inquinamento, l’impatto ambientale delle auto e almeno il 30% del costo complessivo rispetto a pneumatici nuovi. Secondo uno studio di Market Research Future (MRFR), il mercato degli pneumatici rigenerati per autoveicoli, raggiungerà un tasso di crescita annuale composto del 5% entro il 2027.

Ultima ma non meno importante è la questione legata allo smaltimento. Ogni anno in Europa vengono generate circa 3 milioni e mezzo di tonnellate di Pneumatici Fuori Uso (PFU), in Italia sono 500mila tonnellate ogni anno. Anche se l’80% circa viene recuperata, molto deve essere ancora fatto per evitare che lo smaltimento dei pneumatici continui a rappresentare un danno per l’ambiente.

I pneumatici a fine vita devono essere portati al proprio gommista di fiducia che per legge deve aderire a un consorzio di riciclo gomme. Le strategie per il riciclo sono diverse da quelle già in uso per la plastica: Ecotyre, che è uno dei consorzi italiani che si occupa dell’avvio al corretto smaltimento e al recupero degli Pneumatici Fuori Uso (PFU) – insieme a Ecopneus e Greentire gestiscono circa l’85% del totale nazionale – sottolinea che dagli PFU è possibile, attraverso il riciclo, recuperare gomma, pari circa al 70% del peso, acciaio (20%) e fibre tessili (10%).

Attraverso diverse fasi di triturazioni, speciali macchine riescono a separare le fibre tessili e la gomma viene ulteriormente spezzettata fino ad ottenere granulato o polverino di gomma, che viene utilizzato in diversi modi: asfalti, pavimentazioni, superfici sportive, barriere stradali, arredi urbani e materiale per l’isolamento. Una percentuale di PFU riciclati vengono invece avviati al recupero di energia, per essere utilizzati come combustibile per centrali termoelettriche, cementifici, cartiere o altre industrie.

In questa dinamica virtuosa, si innesta il problema dei flussi illegali che continuano a condizionare fortemente il funzionamento del sistema e a penalizzare l’attività di raccolta e riciclo degli operatori onesti. Il grande rischio è l’incremento di abbandoni illegali nell’ambiente di pneumatici fuori uso che non esistono e sono dunque fuori dalle regole del sistema nazionale di gestione dei PFU. Un problema non da poco: secondo i dati forniti dall’Osservatorio sui flussi illegali, sarebbero circa 40mila le tonnellate di pneumatici che ogni anno vengono immessi illegalmente nel mercato italiano.

Solo nel 2021, EcoTyre nell’ambito di PFU Zero, il progetto per la raccolta straordinaria di PFU sul territorio, ha realizzato 49 interventi straordinari su discariche abbandonate, avviando a recupero quasi 200.000 chili di PFU.

Leggi anche: Le 6 (principali) ragioni per cui il Paese è disseminato di montagne di pneumatici fuori uso

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