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martedì, Maggio 21, 2024

“Solo il 9% della plastica viene riciclata”: i dati allarmanti del nuovo rapporto Ocse

Il report Global Plastics Outlook, curato dell’Ocse, è l’ennesima prova che documenta come non si stia ancora facendo abbastanza per combattere l'inquinamento da plastica e rendere circolare la filiera

Simone Fant
Simone Fant
Simone Fant è giornalista professionista. Ha lavorato per Sky Sport, Mediaset e AIPS (Association internationale de la presse sportive). Si occupa di economia circolare e ambiente collaborando con Economia Circolare.com, Materia Rinnovabile e Life Gate.

A una settimana dalla conferenza Onu che avvierà un negoziato su un trattato internazionale contro l’inquinamento dalla plastica, l’Ocse – l’organismo internazionale per la cooperazione e lo sviluppo internazionale – ha pubblicato il report Global Plastics Outlook che fotografa bene quanto l’economia globale sia lontana dal rendere le plastiche materie davvero circolari. Sono necessari miglioramenti in più ambiti: in termini di riutilizzo, riduzione della produzione, efficienza di raccolta e qualità di riciclo.

Nel 2019 a livello globale la produzione annuale di plastica è raddoppiata, passando da 234 milioni di tonnellate nel 2000 alle 460 milioni di oggi. Lo stesso si vede con la produzione di rifiuti – più che raddoppiata – che ha raggiunto le 353 milioni di tonnellate.

Tenendo conto della quantità di plastica non idonea ai processi di riciclo e quindi scartata, solo il 9% dei rifiuti di plastica viene effettivamente riciclato, mentre il 19% viene incenerito e circa 50% finisce in discariche controllate. Il restante 22%, invece, viene direttamente abbandonato in discariche a cielo aperto, bruciato o gettato nell’ambiente.

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I dati sull’inquinamento da plastica nel report Ocse

Solo nel 2019 22 milioni di materie plastiche sono state disperse nell’ambiente e la maggior parte (88%) sono macroplastiche (più grandi dei 5 millimetri), una dispersione dovute principalmente a una raccolta e uno smaltimento inadeguati.

Il restante 12% è rappresentato dalle microplastiche, polimeri con un diametro inferiore a 5 mm, difficili da vedere e quindi da intercettare. La loro dispersione può essere causata da una serie di attività come l’abrasione dei pneumatici, l’usura dei freni o il lavaggio dei tessuti. La presenza documentata di queste piccole particelle negli ambienti d’acqua dolce e terrestre, nonché nei flussi di cibo e bevande, suggerisce che le “microplastiche possono contribuire a sostanziali rischi per la salute degli ecosistemi e quella degli esseri umani”, avvisa l’Ocse.

Notevoli quantità di plastica si sono accumulate anche negli ambienti acquatici, con 109 milioni di tonnellate nei fiumi e 30 nell’oceano. L’accumulo di plastica nei fiumi implica che la dispersione nell’oceano continuerà per decenni a venire, anche se la gestione dei rifiuti di plastica dovesse nettamente migliorare. Inoltre, la raccolta di queste plastiche sta diventando più difficile e costosa data la frammentazione in particelle sempre più piccole.

È vero che i lockdown e il calo dell’attività economica durante il 2020 hanno ridotto l’uso della plastica del 2,2% rispetto ai livelli del 2019. Tuttavia, l’aumento dell’uso di dispositivi di protezione individuale e plastica monouso ha esacerbato il consumo di rifiuti di plastica, specialmente quelli monouso. Con il rimbalzo dell’economia, si prevede che l’uso della plastica riprenderà a crescere, portando a una rinnovata crescita dei rifiuti di plastica e alle relative pressioni ambientali.

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Cosa non va secondo Ocse

Il rapporto mostra che le tecnologie brevettate per rendere le plastiche più sostenibili (come la biodegradabilità) sono più che triplicate tra il 1990 e il 2017. Tuttavia, l’innovazione attinente alla circolarità costituisce solo l’1,2% di tutte le innovazioni legate alla plastica.

Il mercato della plastica riciclata rimane ancora piccolo e fragile rispetto a quello delle materie plastiche vergini, più economiche grazie al supporto dalla potente filiera petrolchimica.

Ocse spiega anche che solo 13 Paesi dell’inventario dispongono di strumenti politici nazionali che forniscono incentivi finanziari per il corretto smistamento di rifiuti di plastica. Solo 25 Paesi hanno effettivamente implementato strumenti ben noti che incoraggiano il riciclo, come tasse sulle discariche e sulle pratiche di incenerimento. Sebbene siano limitati a sacchetti di plastica o altri articoli di piccolo volume, in più di 120 Paesi sono in vigore divieti o imposte nazionale su articoli di plastica monouso,.

Per costruire o migliorare i centri di riciclo nei Paesi a basso e medio reddito, i costi stimati richiesti si aggirano attorno di 25 miliardi di euro all’anno. Secondo Ocse sarà necessario mobilitare tutte le fonti di finanziamento disponibili, compresi fondi pubblici per uno sviluppo delle infrastrutture che attualmente copre solo il 2% di ciò che sarebbe necessario. Un uso efficiente di questi investimenti richiederà anche quadri giuridici efficaci per far rispettare gli obblighi di riciclo e smaltimento.

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