mercoledì, Novembre 5, 2025

Ritorno del nucleare in Europa: cosa sta cambiando e perché se ne parla di nuovo

La bozza del Piano europeo sul nucleare indica gli investimenti necessari. E punta sui mini reattori modulari, che però non sono diffusi in Occidente e rischiano di avere tempi lunghi. Intanto l'Italia ha assegnato a Nuclitalia - una srl con dentr Enel, Ansaldo e Leonardo - lo studio delle tecnologie del settore

Alessandro Coltré
Alessandro Coltré
Giornalista pubblicista, si occupa principalmente di questioni ambientali in Italia, negli ultimi anni ha approfondito le emergenze del Lazio, come la situazione romana della gestione rifiuti e la bonifica della Valle del Sacco. Dal 2019 coordina lo Scaffale ambientalista, una biblioteca e centro di documentazione con base a Colleferro, in provincia di Roma. Nell'area metropolitana della Capitale, Alessandro ha lavorato a diversi progetti culturali che hanno avuto al centro la rivalutazione e la riconsiderazione dei piccoli Comuni e dei territori considerati di solito ai margini delle grandi città.

L’Europa ne è convinta: il nucleare aiuterà gli Stati membri a realizzare la transizione ecologica e a decarbonizzare le proprie economie. L’energia atomica torna sulla scena, prende sempre più spazio nelle discussioni pubbliche e trova nuovi piani di investimento. E a sostenere la rinascita dell’atomo c’è anche l’Italia.

Dopo un periodo di osservazione durato quasi due anni, il nostro Paese ha ufficialmente aderito all’Alleanza Nucleare Europea promossa dalla Francia e oggi appoggiata da Bulgaria, Croazia, Finlandia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Ungheria.

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Investimenti e incertezze

Per potenziare il comparto nucleare europeo saranno necessari investimenti per circa 241 miliardi di euro. Una cifra enorme, che non rappresenta l’unica sfida: mancano infatti strumenti finanziari adeguati per ridurre i rischi economici legati a questo tipo di operazioni e bisogna attirare nuovi investitori.

Secondo la bozza del piano europeo sul nucleare (Nuclear Illustrative Program), oltre l’80% di questi fondi sarebbe destinato alla costruzione di nuovi impianti, con l’obiettivo di raggiungere una capacità complessiva di 109 gigawatt entro il 2050, rispetto agli attuali 98 gigawatt. Le prospettive non sono del tutto rassicuranti: oltre ai problemi di finanziamento, pesa il fatto che solo 3 dei 68 reattori attualmente in fase di costruzione nel mondo si trovano in Stati membri.

Il documento della Commissione avverte che eventuali ritardi nei nuovi cantieri potrebbero portare a una diminuzione di quasi 9 gigawatt di capacità installata, con un conseguente aumento dei costi stimato in 45 miliardi di euro. Nonostante queste incertezze, il commissario europeo per l’energia Dan Jørgensen considera il nucleare un alleato per la decarbonizzazione. “Per realizzare davvero la transizione verso l’energia pulita, abbiamo bisogno di tutte le soluzioni energetiche a zero o basse emissioni di carbonio. L’energia nucleare ha un ruolo da svolgere nella costruzione di un sistema energetico resiliente e più pulito. Garantire le condizioni quadro necessarie consentirà all’UE di mantenere la sua leadership industriale in questo settore, rispettando al contempo i più elevati standard di sicurezza e una gestione responsabile dei rifiuti radioattivi“, ha dichiarato Jørgensen.

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Cosa sono i mini reattori modulari

Al centro di questa strategia per la rinascita dell’atomo c’è lo sviluppo dei Small Modular Reactors (SMR). Si tratta di reattori di piccola taglia con una potenza contenuta fino a 300 megawatt elettrici (MWe). Pensati per essere prodotti in serie e installati nei siti prescelti, questi impianti sono costituiti da reattori a fissione che si distinguono dalle altre centrali nucleari soltanto per la taglia. Infatti anche i mini reattori utilizzano la scissione del nucleo di atomi pesanti, come l’uranio-238: un processo che libera grandi quantità di energia trasformata in elettricità.

Per questo tipo di tecnologia possono essere utilizzate diverse varianti di reattori a fissione: da quelli termici, ai reattori veloci, passando per quelli raffreddati a gas o con sali fusi. L’obiettivo è rendere operativi questi impianti entro i primi anni del 2030 contribuendo così all’indipendenza energetica dell’Europa. A investire nell’atomo ci sono anche i giganti tech: tra data center, gigafactory e intelligenza artificiale, Amazon, Google e Microsoft puntano alla costruzione di mini reattori per avere energia 24 ore su 24.

Di recente Google ha siglato un accordo strategico con Kairos Power, una startup della Silicon Valley fondata nel 2016 e attiva nello sviluppo di reattori avanzati. L’intesa prevede la realizzazione di circa 500 megawatt di capacità entro il 2035, con l’obiettivo di mettere in funzione il primo impianto già nel 2030. Kairos punta su una tecnologia innovativa: anziché usare acqua, impiega sale fluorurato fuso come liquido di raffreddamento, una scelta che consente di mantenere l’impianto a bassa pressione, riducendo i rischi di incidente. Questo approccio, più compatto e potenzialmente più sicuro rispetto alle centrali tradizionali, ha attirato l’attenzione anche del governo federale: finora la startup ha ricevuto 629 milioni di dollari di fondi pubblici e, nel novembre 2024, ha ottenuto il via libera per costruire due reattori dimostrativi da 35 megawatt ciascuno in Tennessee.

Come segnala il rapporto di Arthur D. Little sul futuro del nucleare ” il mercato globale dei mini reattori potrebbe valere tra i 50 e i 100 miliardi di dollari già entro il 2030, con un tasso di crescita annuo superiore al 20%. A oggi, 68 progetti di SMR sono tracciati dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica e oltre 30 Paesi stanno valutando o avviando nuovi programmi nucleari su base modulare. Gli SMR stanno così riportando il nucleare al centro dell’agenda politica, industriale e finanziaria”.

L’entusiasmo per questa nuova frontiera del nucleare si scontra con una realtà ancora problematica. Lo ammette anche il rapporto Arthur D. Little, ossia che nessuno dei mini reattori modulari è in Occidente. “I primi esempi – si ricorda nel report – sono stati attivati in Cina e Russia, mentre in Europa e negli Stati Uniti progetti come NuScale in Idaho sono stati cancellati per mancanza di domanda e superamento dei costi. Anche la mancanza di armonizzazione regolatoria ostacola la diffusione degli SMR, allungando i tempi autorizzativi e aumentando i costi”.

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Tempi lunghi come i grandi reattori

Anche la promessa di una costruzione più rapida sembra destinata a scontrarsi con i tempi lunghi. Se da un lato l’industria puntava a tempi di realizzazione tra i 3 e i 4 anni, nella pratica i cantieri hanno richiesto dai 12 ai 13 anni per essere completati. Tempistiche che ricordano da vicino quelle dei grandi reattori europei di tipo EPR, come quelli di Flamanville (Francia) e Olkiluoto (Finlandia).

I rischi della “modularità”

Un altro punto debole emerso riguarda il concetto stesso di modularità. Se da un lato dovrebbe garantire risparmio grazie alla produzione in serie, dall’altro può comportare rischi sistemici: un errore o un difetto in un modello potrebbe ripetersi identico in decine di impianti, amplificando il problema invece di isolarlo. È una lezione già appresa in altri settori, come l’aeronautica, con il caso del Boeing 737 MAX.

A Nuclitalia il compito di sviluppare i mini reattori

Con l’ingresso ufficiale nell’alleanza Eu, l’Italia potrà accedere ai finanziamenti europei destinati ai progetti nucleari e parteciperà attivamente alle discussioni politiche e tecniche sullo sviluppo dei mini reattori. L ’esaltazione per l’atomo sembra aver oscurato del tutto i referendum abrogativi, quello 1987 e quello 2011; due consultazioni storiche che decretarono l’addio al nucleare.

Anche se ora si parla di rilancio dell’energia atomica, l’Italia è ancora nella sua fase di decommissioning, ossia di smantellamento delle quattro centrali nucleari. L’eredità atomica del nostro Paese è ancora racchiusa in questi impianti e nelle scorie che il gruppo Sogin deve gestire tra ritardi, difficoltà strutturali e una continua ricerca di un deposito unico per i rifiuti del nostro passato nucleare. Ma al momento il lascito delle vecchie centrali non sembra essere al centro delle politiche pubbliche.

Gli sforzi organizzativi e di programmazione sono andati da un’altra parte: di recente, infatti, è stata costituita Nuclitalia, una società a responsabilità limitata che ha come obiettivo lo studio delle tecnologie avanzate nel settore del nuovo nucleare. Le quote del capitale sono detenute per il 51% da Enel, per il 39% da Ansaldo Energia e per il 10% da Leonardo. Nuclitalia si concentrerà sulla valutazione dei design più innovativi e maturi del nuovo nucleare sostenibile. A questa nuova realtà è stato affidato il compito di sviluppare i mini reattori.

Il ministro Pichetto Fratin: “L’Italia pronta a tornare al nucleare con una tecnologia nuova”

Alla rinascita nucleare crede fortemente anche il Ministero dell’Ambiente. A riportarlo è il quotidiano tedesco Berliner Morgenpost, che sottolinea come il nostro Paese stia preparando un ritorno normato per legge alla produzione di energia atomica, puntando su tecnologie innovative e non sulle centrali tradizionali. A prendere posizione in modo chiaro è stato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che durante un incontro con gli altri omologhi europei a Lussemburgo ha parlato di una scelta strategica, con forti ricadute industriali e tecnologiche. Il ministro ha spiegato che l’ingresso dell’Italia nell’Alleanza nucleare europea rappresenta un passo coerente con la volontà del governo e del Parlamento di reintrodurre l’energia nucleare nel mix energetico nazionale attraverso una specifica proposta legislativa.

Pichetto Fratin ha ribadito che l’obiettivo dell’Italia è quello di “assumere un ruolo di primo piano a livello europeo nella promozione del nuovo nucleare, puntando in particolare sulla realizzazione di piccoli reattori modulari”. La strategia, ha sottolineato, è quella di “evitare la costruzione di impianti di grande dimensione, preferendo invece soluzioni più flessibili, sicure e adattabili ai territori”.

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