Le soluzioni climatiche naturali possono mitigare i cambiamenti climatici a breve termine, ma una serie di interpretazioni erronee ritardano tale azione di mitigazione. A sostenerlo è uno studio dal titolo “I principi delle soluzioni climatiche naturali”, pubblicato nei mesi scorsi su Nature.
Dopo aver revisionato la letteratura scientifica sul tema e le pratiche più virtuose, lo studio propone un’esemplificazione utile per fare chiarezza e passare all’azione, riassumendo cinque principi fondamentali delle soluzioni climatiche naturali – basate sulla natura, sostenibili, “aggiuntive” al clima, misurabili ed eque – e quindici principi operativi per l’attuazione pratica. Aderendo a questi principi, “si possono attivare soluzioni climatiche naturali efficaci e durature, consentendo un’adozione rapida e su larga scala necessaria per contribuire in modo significativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici”. Ma partiamo dal principio. Cosa sono le soluzioni climatiche naturali?
Soluzioni climatiche naturali: definizione e principi
Nel 2017 scienziate, scienziati, insieme ad altre professionalità che si occupano di conservazione, hanno elaborato il concetto olistico di “soluzioni climatiche naturali” – indicate con l’acronimo NCS, dall’inglese Natural climate solutions – per adattare le conoscenze e l’esperienza esistenti all’azione per il clima.
Per definizione, le NCS sono azioni umane intenzionali che proteggono, ripristinano e migliorano la gestione di foreste, zone umide, praterie, oceani e terreni agricoli per mitigare i cambiamenti climatici. L’equilibrio sembra però essere un elemento centrale per capire cosa possa definirsi una NCS e cosa no: le NCS non devono avere un impatto negativo sull’approvvigionamento di cibo e non devono, ovviamente, danneggiare la biodiversità, garantendo al contempo che le azioni siano attuate in modo socialmente e culturalmente responsabile.
L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), cioè il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, sottolinea che il rapido dispiegamento delle misure di mitigazione delle NCS – che l’IPCC chiama AFOLU, dall’inglese Agriculture, Forestry and Other Land Use, riferendosi a misure di mitigazione dell’agricoltura, della silvicoltura e di altri usi del suolo – è essenziale per raggiungere emissioni nette zero ed evitare il riscaldamento globale: secondo l’IPCC, se utilizzate con attenzione e in modo appropriato , le NCS possono fornire un terzo della mitigazione climatica necessaria entro il 2030. Tuttavia, gli investimenti richiederanno più di 400 miliardi di dollari l’anno, ovvero più di nove volte l’importo speso oggi.
Oltre a difficoltà legate alla necessità di investimenti, come anticipato, le NCS sono state nel tempo travisate e l’entusiasmo è spesso sfociato, ad esempio, in progetti di piantumazione di alberi progettati in modo frettoloso e inadeguato.
In altri casi, sono state liquidate come greenwashing perché “vulnerabili allo sfruttamento da parte di aziende che vogliono apparire all’avanguardia nell’azione per il clima”. Ma per gli autori e le autrici dello studio quella di “dipingere le NCS come meccanismi di compensazione delle emissioni di carbonio promossi prevalentemente da industrie ad alta intensità energetica” è invece una “percezione errata”.
Un’altra confusione nasce dalla sovrapposizione tra le NCS e la rimozione dell’anidride carbonica (in inglese Carbon dioxide removal, CDR): è vero che alcune soluzioni naturali climatiche, come ad esempio la riforestazione, rimuovono effettivamente la CO2 dall’atmosfera, ma altre soluzioni evitano solo le emissioni di CO2 o di altri gas serra.
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Le NCS non sono le NBS
Le soluzioni climatiche naturali sono spesso confuse anche con altri termini come soluzioni basate sulla natura, cioè le Nature-based solutions (NbS) e le soluzioni climatiche basate sulla natura (NbCS).
L’errore più comune è quello di non distinguere tra le soluzioni naturali climatiche (NCS) e le Nature-based solutions (NbS), queste ultime infatti si riferiscono a un insieme molto più ampio di azioni che affrontano una serie di sfide sociali che vanno oltre la sola mitigazione del clima. Le NbCS sono invece quasi identiche alle NCS, ma includono alcune attività aggiuntive in ecosistemi ingegnerizzati, ad esempio l’allevamento di macroalghe, che sono stati allontanati dal loro stato naturale.
Vediamo ora i concetti principali che aiutano a definire le peculiarità di questo tipo di soluzioni, sulla base degli esempi offerti dallo studio.
Le NCS sono basate sulla natura
Le NCS comportano una gestione attiva che riguarda la gestione umana degli ecosistemi e si traduce in una mitigazione climatica.
La definizione di ecosistema da prendere come punto di riferimento comprende tutti gli organismi viventi, compresi gli esseri umani, e le loro interrelazioni all’interno di un ambiente fisico; in particolare, include sia i terreni naturali che quelli sfruttati dall’uomo. Ad esempio, l’agroforestazione – cioè l’attività congiunta di impianto di colture agricole e di foreste – può portare al sequestro di carbonio e avviene all’interno di un ecosistema che coinvolge gli agricoltori, le colture e il suolo.
I cambiamenti nella gestione degli ecosistemi da parte dell’uomo possono essere innescati localmente da decisioni sul lato dell’offerta, come un allevatore che adotta pratiche silvopastorali, o della domanda, come un consumatore che decide di non mangiare più carne bovina.
Inoltre, come detto, la gestione della NCS non allontana gli ecosistemi dal loro stato naturale più di quanto non lo siano già. Nel pianificare le azioni da intraprendere si devono considerare diversi aspetti del sistema naturale: la struttura, la composizione, la funzione, nonché l’attuale uso del territorio. Ad esempio, mentre la piantumazione di alberi può essere percepita come un’attività positiva, la sostituzione di una foresta naturale con una piantagione di specie arboree non autoctone, anche se a crescita più rapida, non sarebbe considerata una NCS, perché la struttura e la funzione naturali della foresta ne risulterebbero penalizzate.
Tuttavia molti ecosistemi sono in fase di transizione a causa dei cambiamenti climatici e alcuni necessitano dell’assistenza umana per diventare più resilienti al clima: è perciò spesso necessaria un’attenta valutazione per determinare che cosa significhi, nella pratica, allontanarsi da uno stato naturale ed essere resiliente al clima.
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Le NCS sono sostenibili
Le attività che allontanano un ecosistema dal suo stato “non modificato” non possono infatti essere considerate NCS, perché, come ribadito più volte, le NCS devono sostenere la biodiversità. Anche, ad esempio, la piantumazione di alberi in zone come praterie a scapito della vegetazione autoctona, non può considerarsi come NCS.
Le NCS devono, al contempo, sostenere la produzione alimentare. “Le soluzioni climatiche – scrivono nello studio – non saranno durature se non si riuscirà a garantire la sicurezza alimentare insieme ai mezzi di sostentamento di agricoltori e pescatori”. E a fare la differenza è la scala: per esempio, 100 ettari di rimboschimento di terreni coltivati può non riuscire a sostenere la produzione alimentare richiesta a livello di progetto.
Tuttavia vi sono delle misure che consentono di attuare le NCS, aumentando al contempo la sicurezza alimentare: ad esempio, diverse modalità di mantenimento delle terre coltivate attraverso la gestione dei fertilizzanti in modo da ridurre i costi di produzione delle colture, l’implementazione del silvopascolo per incrementare la produttività del bestiame nei sistemi pastorali esistenti, limitando la produzione di bioenergia e la relativa domanda di terra, e, non per ultimo, l’adozione di diete che incidono sulle emissioni climalteranti.
Sono diversi i servizi di adattamento al clima e agli ecosistemi che le NCS possono fornire, come l’attenuazione dei rischi delle inondazioni, dell’erosione del suolo, delle frane e i benefici per l’uomo che ne derivano. Tuttavia, gli ecosistemi esistenti spesso forniscono già servizi di adattamento, dunque qualsiasi implementazione di NCS dovrebbe sostenere i livelli esistenti di servizi di adattamento per garantire che l’adattamento sia co-prodotto insieme alla mitigazione.
Le NCS sono misure aggiuntive
Le NCS forniscono un’ulteriore mitigazione del clima che non avverrebbe senza l’intervento umano. Ma, nei luoghi in cui si assiste all’abbandono delle terre e al recupero naturale degli ecosistemi autoctoni, non sarebbe appropriato reputare un recupero preesistente come una soluzione climatica naturale, perché il recupero fa parte del paesaggio a condizioni di base e non associate all’intervento umano.
Tuttavia, i terreni disboscati che si prevede rimangano tali, ad esempio i pascoli, e in cui si è scelto deliberatamente di consentire il recupero naturale, possono essere considerati come NCS perché l’intervento umano cambia la traiettoria dell’uso del suolo.
Un discrimine in questa valutazione è quindi se l’attività di NCS fornirà una mitigazione per un periodo sufficientemente lungo da fornire benefici climatici netti positivi misurabili e aggiuntivi. Per esempio, le iniziative di riumidificazione delle torbiere – aree umido in grado di immagazzinare grandi quantità di carbonio – potrebbero non essere qualificate come NCS se le torbiere ripristinate non vengono mantenute abbastanza a lungo da controbilanciare le emissioni di metano necessarie per la bagnatura. Molti ecosistemi gestiti attraverso le NCS si sono dimostrati estremamente duraturi: ad esempio, la foresta pluviale australiana di Daintree ha immagazzinato efficacemente carbonio per 135 milioni di anni ed è attualmente protetta come parco nazionale.
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Le NCS sono misurabili
È necessario che le NCS siano misurabili per garantire che il loro potenziale sia quantificato in modo coerente e chiaro: esistono molteplici azioni potenziali di NCS che possono verificarsi in un determinato paesaggio e la quantificazione dell’entità complessiva delle opportunità può aiutare a concentrare gli sforzi sulle azioni che possono offrire i maggiori ritorni in termini di mitigazione.
Le NCS sono eque
Le popolazioni indigene, le comunità locali, gli agricoltori, i gestori delle foreste, le comunità costiere, gli agricoltori, i gestori forestali, gli ambientalisti, le donne e altri gruppi emarginati subiscono i costi e gli impatti maggiori dei cambiamenti climatici, eppure sono spesso i più attivi ed efficaci amministratori delle NCS. Molti piani di salvaguardia dell’equità sociale da utilizzare con le NCS sono in fase di sperimentazione.
Si riconoscono molteplici dimensioni di equità da applicare in questo ambito: tra cui quella procedurale (coinvolgimento e inclusione di tutti i titolari dei diritti e delle parti interessate), distributiva (equa ripartizione di costi, benefici, oneri e delle parti interessate), di riconoscimento (rispetto dei sistemi di conoscenza, dei valori, dei diritti sociali), e contestuale (attenzione alle dinamiche di potere e alle condizioni sociali che influiscono sulla capacità di difendere l’equità nelle altre dimensioni).
“L’urgenza della nostra situazione climatica – concludono i ricercatori e le ricercatrici – richiede che la società umana di adottare una cultura di gestione adattiva, in cui le soluzioni climatiche (naturali e non) possano adattarsi in modo rapido e trasparente, di concerto con la loro in modo trasparente, di pari passo con la loro adozione diffusa”.
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