Lo scorso 15 febbraio i negoziatori di Consiglio e Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo preliminare per aggiornare le norme sulla prevenzione dell’inquinamento causato dalle navi nei mari europei e disciplinare le relative sanzioni.
L’accordo punta ad intervenire sull’attuale divieto di scarico di idrocarburi dalle navi, aggiornando l’elenco di sostanze di cui è vietato lo scarico per includere lo scarico di liquami, acque di scarico e residui dei sistemi di depurazione dei gas di scarico (i cosiddetti scrubber).
La Commissione dovrà inoltre presentare una valutazione dell’attuazione della direttiva cinque anni dopo il recepimento nelle legislazioni nazionali, per valutare se anche altri possibili rifiuti dispersi dalle navi, come ad esempio i pellet di plastica, debbano essere soggetti a sanzioni.
Il 75% del commercio estero dell’Unione europea avviene via mare: ciò che viene rilasciato in mare dalle imbarcazioni è dunque da attenzionare per proteggere la salute delle acque europee, i suoi ecosistemi, e minimizzare l’impatto ambientale. L’accordo fa parte del pacchetto sulla Sicurezza marittima presentato dalla Commissione nel giugno 2023: cinque proposte legislative che puntano a modernizzare e rafforzare le norme marittime dell’UE in materia di sicurezza e prevenzione dell’inquinamento, attraverso un’estensione delle capacità e delle competenze degli Stati di bandiera e degli Stati di approdo delle navi e un ruolo rafforzato dell’Agenzia europea per il trasporto marittimo (Emsa) nell’aderire agli obblighi di conformità con le norme internazionali, come la Convenzione delle Nazioni unite sulla legge del mare (Unclos).
Come detto, si tratta di un accordo preliminare che deve ancora essere approvato dal Consiglio e dal Parlamento: i Paesi dell’UE avranno poi 30 mesi di tempo per recepire le nuove norme nel diritto nazionale e prepararsi alla loro attuazione.
Comunicazione degli incidenti
Tra gli obiettivi dell’accordo c’è anche quello di sviluppare un sistema di comunicazione più efficace tra i Paesi comunitari e la Commissione sugli incidenti di inquinamento provocati dalle navi e sulle attività di aggiornamento e controllo.
Ad oggi gli incidenti legati al trasporto marittimo sono circa 2.000 l’anno. Per evitare che gli scarichi illegali si disperdano in acqua e diventino quindi non rilevabili, il testo prevede il controllo digitale di tutti gli allarmi lanciati da CleanSeaNet classificati “ad alta affidabilità” e l’obiettivo di verificarne almeno il 25% da parte delle autorità nazionali competenti.
CleanSeaNet è il sistema di sorveglianza satellitare per il monitoraggio dell’inquinamento da idrocarburi relativo alle fuoriuscite delle imbarcazioni. In particolare, si occupa dell’identificazione e del tracciamento dell’inquinamento sulla superficie del mare, di monitorare l’inquinamento accidentale durante le emergenze e di contribuire all’identificazione degli inquinatori. Il servizio si basa su immagini satellitari SAR (Synthetic Aperture Radar), che forniscono una copertura notturna e diurna delle aree marittime indipendentemente da nebbia e da copertura nuvolosa. I dati provenienti dai satelliti vengono poi elaborati in immagini e analizzati per individuare fuoriuscite di petrolio, imbarcazioni e variabili meteorologiche.
Le informazioni comprendono, tra l’altro: la posizione, l’area e la lunghezza della fuoriuscita, il livello di attendibilità del rilevamento ed informazioni di supporto sulla potenziale fonte della fuoriuscita (ad esempio, il rilevamento di imbarcazioni e impianti di petrolio e gas).
A pianificare ed ordinare le immagini satellitari è un team dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA). Dopo l’acquisizione delle immagini, operatori addestrati valutano le immagini insieme ad altre informazioni di supporto (come quelle meteorologiche e quelle che riguardano il rilevamento delle imbarcazioni) per identificare possibili fuoriuscite, determinare la probabilità della presenza di petrolio sulla superficie del mare e aiutare a identificare la fonte dell’inquinamento.
Tuttavia quello del CleanSeaNet è uno strumento che, secondo un dossier della Camera dei deputati, potrebbe essere usato in modo migliore: “non appare completamente risolutivo nell’identificazione dei responsabili dell’inquinamento, per la limitata precisione della sorveglianza satellitare. Ad esempio numerosi sversamenti non sono stati verificati sul posto e gli Stati membri avrebbero potuto registrare una maggiore quantità di dati relativi ai riscontri in CleanSeaNet”.
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Sanzioni dissuasive
Oltre al monitoraggio e alla comunicazione, i Paesi UE dovranno rafforzare il quadro giuridico in materia introducendo sanzioni amministrative che siano dissuasive, effettive e proporzionate; mentre le sanzioni penali sono state affrontate in una legislazione separata che gli eurodeputati avevano già concordato con i governi dell’UE lo scorso novembre.
“Le sanzioni – ha dichiarato il relatore del PE Marian-Jean Marinescu (PPE, Romania) – devono rispecchiare la gravità di questi reati, agendo da vero deterrente. Il nostro impegno è chiaro: mari più puliti, responsabilità più severe e un futuro del mare sostenibile per tutti”.
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