mercoledì, Novembre 5, 2025

L’UE riduce le ambizioni sulla legge per il clima: è la vittoria italiana

Dopo quasi 24 ore di discussione è stato raggiunto un compromesso al Consiglio Ambiente in merito alla legge europea sul clima: il target del 90% rimane giuridicamente vincolante ma con la possibilità di accedere al 5% di crediti internazionali di “alta qualità” con l’aggiunta di un “periodo pilota dal 2031 al 2036”

Carlotta Indiano
Carlotta Indiano
Classe ‘93. Giornalista freelance. Laureata in Cooperazione e Sviluppo e diplomata alla Scuola di Giornalismo della Fondazione Basso a Roma. Si occupa di ambiente ed energia. Il suo lavoro è basato su un approccio intersezionale, femminista e decoloniale. Scrive per IrpiMedia e collabora con altre testate.

Non si è chiuso occhio stanotte a Bruxelles, dove il Consiglio Ambiente ci ha messo quasi 24 ore per raggiungere un compromesso prevedibile ma che rappresenta un contraccolpo per le ambizioni climatiche europee. Si è tenuta fino alle 5 del mattino, infatti, l’accesa discussione sugli emendamenti proposti il 2 luglio dalla Commissione europea sui target di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990

Rimane legalmente vincolato l’obiettivo di riduzione al 90% delle emissioni a effetto serra rispetto ai livelli del 1990 (articolo 4, punto 3), ma i cambi più significativi riguardano gli emendamenti sull’accesso ai crediti internazionali, definiti nella proposta “di alta qualità”, senza rimando a criteri più specifici, a cui ora si potrà accedere fino al 5%. Nell’iniziale proposta della Commissione l’esternalizzazione della riduzione delle emissioni era segnata al 3%. 

crediti carbonio

I Paesi che si sono battuti di più per annacquare la proposta dell’esecutivo dell’UE sono stati Italia e Polonia: quest’ultima aveva richiesto inizialmente la possibilità di ridurre le proprie emissioni domestiche fino al 10% con crediti all’estero. L’altra vittoria è sulle tempistiche: in questo caso era stata l’Italia a richiedere richiesto di poter accedere ai crediti internazionali a partire dal 2031. Nel compromesso la data è settata al 2036 ma “con un periodo pilota dal 2031 al 2036” durante il quale non è ancora chiaro cosa succederà. Aggiunta anche una clausola di flessibilità, quest’ultima voluta principalmente dalla Francia, su come gli Stati membri raggiungeranno la riduzione delle emissioni. 

Leggi anche: Cop30, l’impegno dell’Unione Europea sulla finanza per il clima

Le richieste di Italia e Polonia per non compromettere la Cop30

La discussione del Consiglio ha portato anche a rimandare l’introduzione dell’ETS2 al 2028, (noto anche come mercato per i crediti di carbonio), cioè l’emission trading system pensato per il settore dei trasporti e degli edifici, come pegno per il raggiungimento del compromesso (ne avevamo scritto qui).

La necessità di raggiungere un accordo e la lunghezza delle negoziazioni sono dovute al fatto che nessuno degli Stati membri avrebbe voluto intestarsi l’enorme fallimento sfiorato dall’UE, e cioè arrivare alla Cop30 di Belèm senza i cosiddetti  “Contributi determinanti a livello nazionale”, noti con l’acronimo Ndc, vale a dire gli impegni di riduzione delle emissioni dei Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi. 

Il risultato raggiunto dimostra l’enorme spaccatura che si è creata dentro l’Unione Europea rispetto alle politiche climatiche, con Paesi come Francia e Germania, politicamente deboli a livello domestico, che finiscono per appoggiare Paesi meno ambiziosi, ma più stabili, come l’Italia e la Polonia.

“Abbiamo un compromesso solido, il migliore che potessimo raggiungere. Possiamo andare alla Cop30 con una leadership globale” ha dichiarato la presidenza danese del lunghissimo Consiglio Ambiente conclusosi questa mattina a Bruxelles. “Le conseguenze di questo accordo non rappresentano uno svantaggio per la competitività e la forza dell’industria europea”. Le esigenze climatiche, invece, non vengono più neanche citate.

Leggi anche lo SPECIALE COP30

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