Nuove norme in arrivo per ridurre l’inquinamento da plastica. In particolare l’Europa si avvia ad approvare in via definitivo un testo per prevenire la dispersione nell’ambiente delle pellets di plastica.
I pellet di plastica (detti anche nurdles in inglese) sono piccoli granuli solidi di plastica, di forma sferica o cilindrica, con diametro di circa 2-5 millimetri. Sono la materia prima usata dall’industria della plastica: vengono fusi e trasformati in prodotti finiti (bottiglie, imballaggi, tubi, giocattoli, componenti automobilistici, tessuti sintetici, ecc.). In pratica, quasi ogni oggetto di plastica nasce da questi granuli.
Durante produzione, trasporto e stoccaggio, i pellets possono fuoriuscire e disperdersi nell’ambiente. Secondo il legislatore europeo ogni anno fino a 184 000 tonnellate di questi piccoli oggetti finiscono nell’ambiente.
Nell’aprile scorso, Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio su un regolamento volto a prevenire la dispersione.
Le nuove norme impongono obblighi a produttori, trasportatori e commercializzatori (UE e non UE): come la redazione di piani di gestione del rischio, misure preventive (imballaggio, carico, formazione), interventi di contenimento e pulizia. Saranno previste certificazioni obbligatorie per chi manipola oltre 1 500 tonnellate/anno, mentre le micro-imprese potranno limitarsi ad un’autodichiarazione.
“Le microplastiche, compresi i pellet di plastica, si trovano ormai ovunque: negli oceani, nei mari e persino nel cibo che mangiamo. Ogni anno, l’equivalente di 7.300 camion di pellet di plastica viene disperso nell’ambiente”, ha commentato la ministra polacca per il clima e l’ambiente Paulina Hennig-Kloska: “L’UE ha compiuto un passo fondamentale per ridurre l’inquinamento da pellet, adottando misure per affrontare le perdite e garantire una corretta gestione, anche nel trasporto marittimo”.

Leggi anche lo SPECIALE Trattato sulla Plastica
Perché i pellet sono particolarmente dannosi
Al di là delle enormi quantità di pellet dispersi, è la loro natura a renderli pericolosi. Essendo leggeri e resistenti, finiscono facilmente in fiumi, mari e spiagge, dove una volta frammentati diventano microplastiche. Possono essere ingeriti da pesci, uccelli marini e altri animali, entrando nella catena alimentare. E poi non c’è rimedio: una volta dispersi sono quasi impossibili da raccogliere – è esperienza comune trovarne in spiaggia, ad esempio.
Attualmente, nessuna norma dell’UE riguarda specificamente le perdite di pellet di plastica, nonostante il loro impatto negativo sull’ambiente, sul clima, sull’economia e potenzialmente sulla salute umana. I pellet di plastica – afferma la Commissione UE – sono al terzo posto tra le maggiori fonti di rilascio non intenzionale di microplastica, dopo le vernici e i pneumatici.
Leggi anche: Trattato sulla plastica, l’importanza di includere anche gli additivi
Cosa prevede l’accordo
La normativa sarà vincolante per tutta la filiera. Vediamo cosa prevede:
- Gli operatori – sia UE che non UE – saranno tenuti a prevenire la dispersione attraverso un piano di gestione del rischio che comprenda imballaggio, carico/scarico, formazione del personale e dotazioni tecniche;
- I vettori non UE dovranno designare un rappresentante autorizzato in UE per garantire responsabilità e trasparenza;
- Viene adottato un approccio graduato in base al volume annuo di pellets trattati. Sopra le 1.500 tonnellate/anno è previsto l’obbligo di certificazione da parte di un ente terzo indipendente; per le piccole imprese oltre questa soglia, prevista una certificazione unica entro 5 anni dall’entrata in vigore. Sotto le 1.500 tonnellate/anno e per le microimprese è prevista una autodichiarazione di conformità;
- la normativa include il trasporto marittimo in container (che rappresenta circa il 38% del volume totale di pellets movimentati nel 2022), con obblighi specifici: packaging di qualità, informazioni su carico e trasporto, conformi alle linee guida.
-

Foto: Canva
Leggi anche lo SPECIALE Mare
Critiche e ambiti di miglioramento
Secondo la Commissione, l’applicazione delle nuove norme dovrebbe comportare una riduzione delle perdite fino al 74%, proteggendo ecosistemi, biodiversità, e riducendo i rischi per la salute umana. Si tratterebbe di un passo significativo anche per settori come agricoltura, acquacoltura e turismo.
Ma non sono mancate le critiche. Questi gli aspetti potenzialmente problematici:
- Autovalutazione aziendale. Le stime delle perdite annuali saranno fornite dalle aziende stesse, basandosi su indicazioni autodichiarate: un punto che secondo gruppi come Rethink Plastic Alliance potrebbe indebolire la responsabilità e la trasparenza;
- Esclusioni per le PMI. Le piccole e medie imprese — che rappresentano gran parte del settore — godranno di regole più flessibili: solo le aziende più grandi saranno sottoposte a certificazione da parte di un ente terzo. Questo, secondo le ONG, crea una scappatoia normativa che può limitare l’efficacia delle misure;
- Ritardi nell’implementazione per il trasporto marittimo. Sebbene il trasporto via mare sia incluso — in particolare dopo incidenti recenti — è prevista una deroga temporale per la sua applicazione, che gli ambientalisti considerano ingiustificata, soprattutto perché molte compagnie già seguono le linee guida volontarie dell’IMO
I prossimi passi formali
Il testo provvisorio deve essere formalmente adottato dal Consiglio e dal Parlamento dopo una revisione legale e linguistica, e successivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. La normativa entrerà in vigore due anni dopo la pubblicazione.
© Riproduzione riservata



