mercoledì, Dicembre 3, 2025

Alla Cop30 sul clima la solita Italia: poco ambiziosa su temi e impegni

In attesa dell’avvio della Cop30, l’Italia conferma di voler portare sul tavolo delle negoziazioni i temi cari al governo Meloni: dalla neutralità tecnologica ai biocarburanti fino all’adattamento. E con la spada di Damocle dei mancati impegni sulla finanza climatica. La capo-delegazione italiana del MASE Federica Fricano ammette: “è una cosa lunga e ci stiamo mettendo un po’ troppo”

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista glocal, ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane per poi specializzarsi su ambiente, energia ed economia circolare. Redattore di EconomiaCircolare.com. Per l'associazione A Sud cura l'Osservatorio Eni

“Porteremo alla Cop30 un approccio pragmatico e concreto all’insegna delle neutralità tecnologica”: con queste parole il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin ha illustrato ieri alla Sala Regina della Camera dei Deputati, organizzato dal think tank italiano per il clima ECCO, i propositi del governo Meloni alla prossima Conferenza per il clima, che si terrà a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre.

A dieci giorni di distanza dall’avvio di un appuntamento che si annuncia cruciale ci si sarebbe aspettati qualche slogan in meno e qualche dettaglio in più. E invece il ministro ha parlato genericamente di “passare dalla pianificazione all’attuazione degli investimenti” per quel che riguarda la finanza climatica, con la “consapevolezza che la digitalizzazione è in grado di ridurre i consumi”, per perseguire una “vera transizione che sfugga ai dogmi” e “performare la cooperazione in sviluppo”.

Come abbiamo ribadito più volte, la Cop30 sarà l’occasione per trarre un bilancio del multilateralismo climatico, a 10 anni di distanza dagli storici Accordi di Parigi, con un pianeta che per la prima volta ha superato la soglia dell’aumento di 1 grado e mezzo rispetto ai livelli pre-industriali. Mentre il mondo sembra aggrovigliato in continue crisi – il direttore di EconomiaCircolare.com Raffaele Lupoli parla efficacemente di “un’era delle policrisi” -, la crisi climatica sembra essere passata in secondo piano. E in questo senso, purtroppo, l’Italia sembra confermare tale prospettiva.

In ogni caso la presenza dell’Italia alla Cop30 sarà evidente grazie a due padiglioni e alla partecipazione ad alcuni tavoli di confronto. Per quanto riguarda la parte dei temi, la priorità sarà data all’adattamento, in modo da far diventare i piani di adattamento dei singoli Paesi a piani di investimento. Un lavoro che è realizzato in tandem col Brasile, Paese organizzatore della Cop30. Sempre col Brasile lo scorso 15 ottobre l’Italia ha presentato un’iniziativa congiunta che punta a quadruplicare la produzione globale di biocarburanti entro il 2035, con l’obiettivo di far adottare la proposta dai capi di stato e di governo nella riunione che aprirà la Cop30. Oltre la cortina fumogena degli slogan, dunque, l’Italia continua a giocare un ruolo marginale nelle conferenze sul clima, accontentandosi di portare i temi cari al governo Meloni: neutralità tecnologica (un espediente per non affrontare il tema del graduale addio ai combustibili fossili, così come sancito dalla Cop28), i biocarburanti (idem) e focalizzando l’attenzione sull’adattamento, senza parlare più di mitigazione

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“Una transizione economicamente sostenibile”: così l’Italia alla Cop30

Se è vero che dalle figure politiche c’è da attendersi poco alla Cop, dove invece prevalgono le negoziazioni e le questioni più tecniche, vale la pena allora considerare un altro incontro di ECCO in preparazione dell’appuntamento brasiliano, vale a dire il briefing rivolto alla stampa nella mattinata di ieri, alla presenza, tra le altre figure, di Federica Fricano, dirigente della Direzione Generale attività europea e internazionale e, soprattutto, capo-delegazione italiana alla Cop30. Una figura, quella di Fricano, molto esperta (tantissime le Cop alle quali ha partecipato) e molto apprezzata in ambito internazionale, tanto che quest’anno farà da facilitatrice per l’Unione Europea sul tema cruciale della “just transition”, o “giusta transizione”.

Prima di riportare le parole e le considerazioni di Fricano, tuttavia, è necessario un passo indietro. Come ha ricordato Luca Bergamaschi, direttore e co-fondatore di ECCO, “sicuramente oggi la Cop è non solo uno spazio negoziale ma uno spazio geopolitico e politico. Uno spazio di confronto per lavorare su interessi comuni, messo però in discussione dagli Stati Uniti e che quest’anno non si riconosce neppure nel multilateralismo climatico. L’Europa è da sola, e la Cina ancora tende a nascondersi e a rappresentare ancora i Paesi emergenti. Dagli Accordi di Parigi ad oggi – ha ricordato  ancora Bergamaschi – ci sono stati notevoli miglioramenti, si sono abbassati notevolmente i costi della tecnologia e in parte quelli energetici, la produzione elettrica da rinnovabili ha superato quella del carbone, in quella che è una prima volta storica”.

Tra i temi sui quali c’è da attendersi un confronto aspro c’è certamente quello della finanza climatica, con i Paesi emergenti che continuano a chiedere un impegno pubblico da parte degli Stati appartenenti al G20. Come ha ricordato la stessa Fricano, è dalla Cop23 di Bonn che si continua a battere su questo tasto, finora senza grandi esiti. L’obiettivo collettivo di 100 miliardi di dollari all’anno non è stato raggiunto finora da nessun Paese, e la prima scadenza al 2025 è stata posticipata al 2035. 

Finanza sostenibile
Credit: Canva

In un contributo curato da ECCO, e citato al briefing per la stampa da Eleonora Cogo, esperta senior riforme finanza internazionale per ECCO, il punto della situazione non è particolarmente incoraggiante.  “I finanziamenti bilaterali dell’Italia per il clima  – si legge – mostrano una lodevole attenzione verso i Paesi a basso reddito e più vulnerabili, oltre ad una preferenza per le sovvenzioni rispetto ai prestiti. Questo orientamento indica una certa sensibilità alle esigenze e alle priorità dei Paesi beneficiari. Tuttavia si segnala come l’ammontare complessivo dei finanziamenti bilaterali destinati all’adattamento è diminuito del 13% tra il 2021 e il 2023, in contrasto con l’impegno assunto alla Cop26 di raddoppiare i contributi per l’adattamento entro il 2025. Inoltre alcuni progetti classificati come contributi di finanza per il clima si rivelano discutibili in termini di benefici effettivi, evidenziando la necessità di standard e meccanismi di controllo più rigorosi per garantire che i fondi pubblici perseguano realmente obiettivi di mitigazione, adattamento e risposta alle perdite e danni crescenti”.

Per questi motivi ECCO aggiunge che “per rafforzare la propria credibilità e dare nuovo impulso alla cooperazione internazionale in un contesto geopolitico complesso, l’Italia dovrebbe confermare con urgenza, prima della Cop30, tutti gli impegni non ancora formalizzati verso i fondi multilaterali; accelerare erogazioni dal Fondo Italiano per il Clima; e definire un obiettivo di contributo per il 2030 coerente con la propria quota equa del nuovo obiettivo di finanza per il clima, stabilito alla COP29 nel 2024. È inoltre essenziale che tutti i finanziamenti per il clima rendicontati siano effettivamente destinati a iniziative che contribuiscono agli obiettivi climatici”.

Critiche dalle quali siamo partiti nel briefing alla stampa per porre  questa domanda a Federica Fricano, la capo-delegazione del MASE alla Cop30: i mancati impegni sulla finanza per il clima non rischiano di pregiudicare la credibilità dei Paesi come l’Italia che intendono porsi, e lo stiamo vedendo ad esempio col Piano Mattei, da facilitatori? “In parte sì – ha ammesso Fricano – ma di certo stiamo continuando a lavorare, ad esempio col Piano Mattei, per dare i fondi che erano stati promessi. E’ una cosa lunga e ci stiamo mettendo un po’ troppo, di certo siamo intenzionati a fare in modo che l’impegno venga rispettato”.

Chissà se i Paesi più vulnerabili potranno ancora aspettare.

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AGGIORNAMENTO DEL 4 NOVEMBRE 2025

Alla vigilia della COP30 e della pubblicazione del GAP report del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) che analizza l’andamento dei Paesi verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, ECCO – il think tank italiano per il clima – presenta la valutazione annuale dei progressi dell’Italia verso gli obiettivi di riduzione delle emissioni. E, come avevamo accennato nel pezzo, le mancanze dell’Italia sono ancora evidenti. Con quale credibilità, dunque, si potrà chiedere un maggiore impegno ai Paesi che invece soffrono gli effetti di quelle emissioni?
 
In ogni caso l’analisi di ECCO mostra che i settori trasporti e civile non stanno riducendo le emissioni in linea con il percorso dell’Unione Europa, aprendo a rischio di infrazioni e a maggiori oneri per i conti pubblici. Nonostante i danni del clima siano costati all’Italia circa 12 miliardi di euro solo nel 2025, non si vede un cambio di passo nell’azione per contrastare i cambiamenti climatici a livello nazionale.
Chiara Di Mambro, direttrice strategia Europa e Italia di ECCO, ha detto: “Senza un riallineamento immediato del PNIEC agli obiettivi, l’Italia pagherà due volte: in competitività e in bolletta. Servono scelte sulle politiche fiscali e industriali che spostino consumi e investimenti verso elettricità, efficienza e rinnovabili”.

I numeri chiave settore per settore:
  • distanza dall’ obiettivo: circa 84 MtCO2eq tra il 2025 e il 2030, ovvero oltre 16 MtCO2eq/anno, con i settori trasporti e civile che non stanno riducendo le emissioni.
  • Trasporti (28% delle emissioni nazionali):
  •  -in costante crescita dal 2021, +7% vs 1990; 
  •  -Auto elettriche BEV circolanti: 333.000; target PNIEC 2030: 4,3 milioni;
  •  -Punti di ricarica: 67.500 al settembre 2025, +19% in un anno
  • Civile:
  •  -emissioni stabili dopo il calo 2021–2022;
  •  -investimenti crollati da 120 mld € (2021) a 20 mld € (2023).
  • Industria: emissioni in calo strutturale dal 2005, ma il quadro delle politiche resta frammentato e senza un orizzonte di medio e lungo termine, minando gli investimenti
  • Elettrico/rinnovabili:
  •  -+13,5 GW (2023–2024) e +4 GW nei primi 8 mesi 2025; 
  •  -raggiunto solo il 25% del target +70 GW al 2030.
  •  -accumuli: installati ~13 GWh (2024); fabbisogno residuo ~58,5 GWh al 2030.
  • Gas:
  •  -domanda inferiore ai livelli storici e molto vicina agli obiettivi PNIEC, ma proseguono investimenti in nuove infrastrutture con conseguente rischio che ricade sui consumatori.
  • Finanza:
  •  -sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) in crescita di 3,2 mld euro (catalogo 2024 su dati 2022: ~24,19 mld €); 
  •  -oneri e imposte sull’elettricità fino a 3 volte maggiori rispetto al gas e circa il doppio in confronto a diesel/benzina.
  • Governance:
  •  -assenza di una legge clima nazionale a fronte della modifica della Costituzione che inserisce la tutela dell’ambiente nell’interesse delle future generazioni tra i propri principi guida; 
  •  -nessuna novità sull’Osservatorio PNIEC, responsabile del suo monitoraggio, fatta eccezione per la pubblicazione della Piattaforma di monitoraggio
  • Giusta transizione:
  •  -presentato il Piano Sociale Clima (9,3 mld € 2026–2032), ma non viene chiarito il ruolo sinergico rispetto allo strumento normativo da cui deriva, ovvero ETS2
  •  -continua a mancare un chiaro sistema di valutazione delle politiche in termini di impatti distributivi e di indicatori di monitoraggio.

Oltre alle critiche e alle mancanze, come al solito il think tank italiano per il clima non fa mancare le proposte per arrivare agli ambiziosi obiettivi che ci si è posti negli scorsi anni. Di seguito le raccomandazioni di ECCO:

  1. Riforma fiscalità energetica: occorre una revisione generale di imposte e oneri sull’elettricità perché i consumatori possano vedere riflessi in bolletta i benefici di tecnologie più efficienti;
  2. Eliminazione dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) espliciti e impliciti;
  3. Accelerare lo sviluppo di tecnologie quali: pompe di calore, ricarica fast/ultrafast, utility-scale storage e integrare nel mercato elettrico le rinnovabili a prezzi competitivi; 
  4. Fondo automotive pluriennale: incentivi prevedibili per BEV/PHEV, flotte aziendali a emissioni zero, e sviluppo filiere (batterie, componentistica).
  5. Strategia finanziaria clima: uso mirato di proventi ETS/ETS2, ruolo di CDP/SACE/Invitalia e strumenti di de-risking.
  6. Governance & monitoraggio: approvazione di una legge clima nazionale, attivazione di un Osservatorio PNIEC, integrare PSC con indicatori su povertà energetica e mobilità e tracciamento per quintili di reddito/territorio.

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