Nella seduta del 5 novembre 2025, il governo Meloni ha approvato il decreto legislativo che recepisce la direttiva (UE) 2024/825. Anche se impropriamente il Consiglio dei Ministri ha parlato nel comunicato stampa di “decreto contro i green claims”, in realtà a essere recepita è la direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde, adottata nel marzo dell’anno scorso con obbligo di recepimento negli stati membri entro il 27 marzo 2026.
La direttiva specifica sui Green Claims, invece, è attualmente ancora in fase di stallo: il provvedimento, che dovrebbe disciplinare la modalità di verifica e validazione delle dichiarazioni ambientali utilizzate dalle imprese, è stato sospeso dalla Commissione la scorsa estate, dopo l’ostruzionismo di alcuni Stati membri, tra cui proprio l’Italia.

Chiarito l’equivoco, l’approvazione del governo è comunque degna di nota perché riguarda una direttiva che modifica le direttive 2005/29/CE (pratiche commerciali sleali) e la 2011/83/UE (diritti dei consumatori), introducendo divieti e obblighi di trasparenza specifici riguardo alle dichiarazioni ambientali, in modo da evitare pratiche commerciali scorrette legate alla sostenibilità ambientale e sociale dei prodotti.
Come si nota, dunque, i temi delle due direttive in parte si sovrappongono ma il testo attualmente in stallo è quello più severo – perché indica alle imprese di dimostrare con dati scientifici ciò su cui attualmente basta un’autocerficazione. Insomma: con la direttiva Green Claims le dichiarazioni ambientali dovrebbero essere certificate da soggetti terzi e indipendenti, e si smetterebbe di assistere a quei roboanti annunci (di cui abbiamo parlato a più riprese) su fantomatici “impatti ambientali zero”. Ed è questo il testo su cui il governo resta contrario.
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Cosa prevede il decreto del governo sul greenwashing
A promuovere l’adozione della direttiva UE 2024/825 è stato il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), attraverso il suo rappresentante Adolfo Urso. “Con questo provvedimento puntiamo i riflettori sul fenomeno del greenwashing per difendere il Made in Italy autenticamente sostenibile e valorizzare chi compete con trasparenza e responsabilità”, ha dichiarato il ministro Urso. “L’obiettivo è tutelare i consumatori, perché possano compiere scelte di acquisto consapevoli, e proteggere le imprese italiane da pratiche scorrette che alterano la concorrenza”.
Nel dettaglio, il decreto legislativo adottato il 5 novembre dal CDM amplia l’elenco delle pratiche commerciali vietate, aggiornando il Codice del consumo. Verranno considerate scorrette e sanzionate le affermazioni ambientali generiche o ingannevoli, come la presentazione di prodotti ‘neutri’ o ‘a impatto zero’, quando tali dichiarazioni non siano attendibili, comparabili e verificabili. L’obiettivo, scrive il MIMIT, “è rafforzare la tutela dei consumatori e proteggere i settori produttivi più esposti, come moda e tessile, dove una comunicazione ambientale corretta è essenziale per informare il consumatore, difendere il Made in Italy e contrastare pratiche sleali che penalizzano i produttori virtuosi”.

Il provvedimento introduce inoltre definizioni più puntuali di asserzione ambientale, marchio di sostenibilità, durabilità e riparabilità dei beni, per rendere più trasparente e verificabile la comunicazione sulle caratteristiche ambientali e consentire ai consumatori di riconoscere con chiarezza i prodotti realmente sostenibili.
Previste, infine, nuove regole di trasparenza nelle informazioni ai consumatori, anche per i contratti conclusi online, con l’introduzione di un avviso armonizzato sulla garanzia legale e di un’etichetta armonizzata che rendono immediatamente riconoscibile la durabilità dei prodotti. Il mancato rispetto delle nuove disposizioni sarà oggetto di vigilanza da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che potrà applicare le sanzioni previste per le pratiche commerciali scorrette.
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