Dopo un primo passaggio a vuoto meno di un mese fa, il parlamento europeo dà il suo ok al primo pacchetto di semplificazioni (ma secondo alcuni questa etichetta è fuorviante) della Commissione, l’Omnibus I. 382 deputati a favore, 249 contro, 13 si sono astenuti. La grossa novità, attesa, è lo slittamento a destra della maggioranza che ha dato via libera alla posizione negoziale del parlamento: escono i socialisti e i verdi (ma “diciassette eurodeputati del gruppo liberale Renew Europe e quindici del gruppo Socialisti e Democratici hanno rotto le righe e hanno sostenuto la versione di destra del disegno di legge”, spiega Politico) ed entra l’estrema destra (Conservatori e riformisti-Ecr, Patrioti per l’Europa, Europa delle nazioni sovrane). Tra le innovazioni più rilevanti del pacchetto Omnibus I, quelle in materia di divulgazione delle informazioni ambientali contenute nella direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e quelle sulla trasparenza della catena di approvvigionamento della CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive). L’obiettivo dichiarato dell’Omnibus è ridurre gli oneri amministrativi per le imprese e rafforzarne la competitività. Il risultato, secondo gli ambientalisti (e non solo loro), è la demolizione della normativa ambientale comunitaria.
“Quando abbiamo iniziato questo processo, ho detto che la mia ambizione era tagliare i costi più di quanto proponesse la Commissione. E penso che ce l’abbiamo fatta”, ha detto in conferenza stampa il relatore della commissione giuridica del parlamento, Jörgen Warborn (PPE, Svezia): “Credo che questa sia la singola proposta legislativa che ha tagliato più costi nella storia europea. Secondo il documento di lavoro della Commissione, sono 4,7 miliardi all’anno per le aziende. Con le modifiche del Parlamento, ancora di più. Attorno a 5 miliardi di euro all’anno”.
Il trilogo con Commissione e Consiglio, fa sapere il relatore, inizierà la prossima settimana, il 18 novembre. Con l’obiettivo di trovare un accordo finale entro quest’anno.
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Rendicontazione di sostenibilità: “Non eccedere nella burocrazia”
Quanto al reporting di sostenibilità (direttiva CSRD) il Parlamento chiede che l’obbligo di redigere relazioni sull’impatto sociale e ambientale riguardi solo le imprese con oltre 1750 dipendenti e con un fatturato netto annuo superiore a 450 milioni di euro. La stessa soglia si applicherebbe anche all’obbligo di pubblicare informazioni sulla tassonomia degli investimenti sostenibili.
Tanto per avere un’idea possiamo ricordare, semplificando, che a regime la CSRD avrebbe dovuto interessare le imprese con fatturato uguale o superiore a 50 milioni di euro o con più di 250 dipendenti. Ricordiamo anche che Consiglio (qui la posizione negoziale) e Parlamento, concordi su questo perimetro ristretto, vanno ben oltre le indicazioni della Commissione che aveva proposto l’innalzamento della soglia a 1.000 dipendenti senza toccare i limiti di fatturato.
Si restringe il perimetro delle imprese tenute per legge alla rendicontazione non finanziaria, e si riduce anche la profondità delle dichiarazione: “Le norme di rendicontazione saranno semplificate includendo meno dettagli qualitativi, e le relazioni settoriali, ad ora obbligatorie, diventeranno facoltative. Inoltre, tali grandi imprese non potranno più chiedere alle PMI informazioni aggiuntive rispetto a quelle previste negli standard volontari”, spiega la nota del Parlamento UE.
Il relatore, durante la conferenza stampa, ha anche ricordato il lavoro dello European Financial Reporting Advisory Group (Efrag): “Come saprete si sta lavorando in parallelo anche sugli standard: diminuendo i data point per la rendicontazione. E sono lieto che ci si concentrerà sui dati quantitativi, mentre ora ne abbiamo molti qualitativi, e non sempre questi dati qualitativi sono confrontabili. Un buon cambiamento quindi per quanto riguarda i dati. E se poi diminuiranno sarà comunque opportuno […] È importante non eccedere nella burocrazia, non richiedere dei dati che non sono necessari: questo è ciò che siamo riusciti a fare oggi, e spero che anche EFRAG continuerà”.
Due diligence: “Obblighi ridotti e solo per le grandi società”
Cambiamenti rilevanti anche per la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), che prevede che le aziende prevengano, mitighino o riducano al minimo gli impatti sui diritti umani e sull’ambiente della propria attività e di quella dalla propria catena di fornitura.
Se la proposta della Commissione contemplava il posticipo dell’entrata in vigore (“Stop the clock”) e la rimodulazione degli scaglioni per tipologie e dimensioni diverse di imprese, il Parlamento, in linea con la posizione del Consiglio, chiede di alzare la soglia da 1.000 a 5.000 dipendenti e il fatturato da 450 milioni di euro a 1,5 miliardi di euro. Inoltre si riduce la catena di fornitura interessata dalla verifica ai soli partner diretti.
Le imprese “dovranno adottare un approccio proporzionato al livello di rischio (risk-based approach) per individuare e mitigare il loro impatto negativo sulle persone e sull’ambiente”. Inoltre, chiarisce ancora la note del parlamento UE, “Invece di richiedere sistematicamente informazioni ai loro partner commerciali più piccoli, tali aziende dovrebbero utilizzare solo le informazioni già disponibili, e potrebbero richiedere ulteriori informazioni ai loro partner commerciali più piccoli solo come ultima risorsa”. Quanto agli impatti climatici e alle iniziative per allinearli agli obiettivi degli Accordi di Parigi, le aziende “non dovrebbero più preparare un piano di transizione“.
“Attualmente ci sono 7 atti legislativi che chiedono un piano di transizione climatica – ha ricordato Warborn – non pensavamo fosse necessario averne un ottavo. E visto che c’è una formulazione sul piano di transizione climatica nel CSRD, mi sembrava giusto tagliare i costi per le aziende nel CSDDD e togliere questo elemento”.
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Le reazioni degli ambientalisti
Non ha dubbi Friends of the Earth Europe: “Oggi il Parlamento europeo ha adottato con un voto teso la proposta della Commissione di distruggere la legge dell’UE sulla sostenibilità delle imprese. La maggioranza dei parlamentari appartenenti al PPE, all’ECR e al PfE ha votato a favore dello svuotamento della direttiva sulla dovuta diligenza, privando le vittime di violazioni da parte delle imprese dell’accesso ai tribunali in tutti i paesi dell’UE e eliminando tutti gli obblighi in materia di clima”. Il Parlamento europeo, afferma Friends of the Earth Europe, ha approvato “una proposta legislativa che concede alle imprese carta bianca per danneggiare il clima e violare i diritti dei lavoratori lungo tutta la loro catena del valore”.
A proposito dell’alleanza del PPE con l’estrema destra, Frances Verkamp, corporate accountability campaigner dell’associazione ha detto che “se questa è la dinamica, l’alleanza di centro-destra sui prossimi pacchetti di deregolamentazione abbatterà le protezioni per i cittadini e l’ambiente”.
“Oggi il Parlamento europeo ha voltato le spalle al clima, alla natura, alle persone e alle imprese, smantellando di fatto le leggi di punta dell’UE in materia di sostenibilità aziendale, tutto in nome della ‘semplificazione’”, commenta il WWF.
“Queste leggi che davano speranza, sicurezza e promesse per un futuro più giusto e sostenibile sono state ridotte a semplici gesti simbolici che hanno poco effetto sulle reali esigenze delle persone, della natura e delle imprese. Non è il momento di rallentare il nostro percorso verso un’economia più sostenibile, ma l’UE sta andando nella direzione opposta”, protesta Mariana Ferreira, Sustainable Finance Policy Officer dell’ufficio europeo del WWF.
Per l’associazione “è particolarmente scoraggiante assistere al declino dei piani di transizione climatica, che sono uno strumento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi climatici, soprattutto dopo anni di pratica e prove di mercato fornite da migliaia di aziende all’avanguardia. Anche la sostanziale riduzione dell’ambito degli obblighi di rendicontazione è molto dannosa, poiché segnala alle aziende che hanno investito in sistemi di rendicontazione efficaci che l’UE non sostiene i loro sforzi per diventare sostenibili”.
“La Commissione europea ha una responsabilità significativa in questo disastro, avendo aperto un vaso di Pandora di fascicoli sensibili con un processo affrettato e privo di prove che ha creato le condizioni per una disastrosa corsa al ribasso. Sia il Parlamento che il Consiglio hanno peggiorato la proposta omnibus della Commissione”, ha affermato Sebastien Godinot, economista senior del WWF.
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