mercoledì, Dicembre 3, 2025

Incendi in Amazzonia, è record: 791 milioni di tonnellate  di CO₂ emesse nel 2024

Mentre a  Belém la Cop30 ha superato il giro di boa, un nuovo studio del Joint Research Centre (il centro di ricerca della Commissione UE) mostra come gli incendi del 2024 nell’Amazzonia abbiano emesso quantità di CO₂ equivalenti a quelle annuali della Germania, ponendo in emergenza la tutela delle foreste

Alessandro Bernardini
Alessandro Bernardini
Nella redazione del progetto di podcasting Sveja, ha scritto per la rivista di letteratura Arti & Mestieri Laspro e per la cooperativa editoriale Carta. Per il quotidiano online Giornalettismo ha tenuto una rubrica settimanale sul conflitto Palestina-Israele. Ha collaborato con Lettera Internazionale e lavorato in Medio Oriente come videomaker. Si occupa di comunicazione, educazione e formazione in ambito formale e non formale per il Terzo Settore. Fa parte dell’area Formazione di A Sud Ecologia e Cooperazione. Autore dei romanzi “La vodka è finita” (Ensemble) e ’“Nonostante febbraio. Morire di lavoro” (Red Star Press)

La Cop30 che si sta svolgendo in questi giorni a Belém, nel cuore dell’Amazzonia, arriva in un momento critico: un nuovo rapporto dell’E­uropean Commission‑JRC segnala che gli incendi nella regione amazzonica nel 2024 hanno generato circa 791 milioni di tonnellate di CO₂, un vero e proprio record storico.

La Cop30 in Brasile, che dopo la lunga parentesi bolsonariana punta a trasformare la retorica sulla foresta “polmone del pianeta” in impegni concreti, ha una forte valenza politica e simbolica. Tuttavia, nonostante l’importanza dell’occasione, il summit rischia di diventare l’ennesima manifestazione di impotenza, senza risultati concreti e duraturi.

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Incendi e emissioni: la nuova emergenza

Secondo lo studio pubblicato da JRC, gli incendi nella zona amazzonica nel 2024 hanno investito circa 3,3 milioni di ettari di foresta, un’area più ampia dell’intero Belgio, rappresentando circa lo 0,7 % della foresta intatta residua della regione. Le emissioni di CO₂ stimate sono pari a circa 791 milioni di tonnellate , 7 volte superiori alla media dei due anni precedenti.  Il dato più inquietante: non è più solo la deforestazione (il taglio netto) a dominare il dibattito, ma la degradazione forestale dovuta al fuoco, ovvero foreste che restano apparentemente intatte ma perdono gran parte della biomassa e della capacità di sequestrare carbonio. 

La maggior parte delle emissioni ha origine in Brasile (circa 61 %) e Bolivia (32 %) nel 2024. Gli autori dello studio segnalano che la forte siccità del 2023‑24, combinata con la frammentazione forestale e pratiche di gestione insostenibili, sta mettendo a rischio l’ecosistema amazzonico. 

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Quali sono le cause degli incendi

L’analisi delle cause mette in evidenza una combinazione di fattori climatici e antropici: la siccità estrema e cambiamenti climatici, con ad esempio El Niño ha contribuito a una stagione secca più lunga e intensa nell’Amazzonia, riducendo precipitazioni e abbassando i livelli dei fiumi. La siccità fa sì che la vegetazione si secchi e diventi più infiammabile. Inoltre l’aumento delle temperature dovuto al cambiamento climatico agisce da amplificatore. 

cop30 amazzonia 1

Molti incendi sono originati da pratiche di «taglia e brucia» per far posto a pascoli, coltivazioni o attività minerarie. L’espansione dell’agroindustria crea frontiere di deforestazione, strade e accessi che facilitano l’ingresso del fuoco nei blocchi forestali.
L’abbattimento selettivo, la costruzione di strade e l’accesso umano alle zone remote riducono la resilienza della foresta. Una foresta frammentata è più vulnerabile al fuoco. In alcuni casi il fuoco è acceso intenzionalmente per accelerare la conversione del suolo, ma con condizioni secche e ventose può sfuggire e propagarsi in modo incontrollato.

In alcune regioni la capacità di lotta contro gli incendi è ridotta, i mezzi finanziari insufficienti, e la supervisione limitata. Questo rende più difficile intervenire tempestivamente. Questo mix di cause ha creato una “tempesta perfetta”: condizioni climatiche favorevoli al fuoco, fragilità della foresta, pressione antropica rendono il 2024 un anno epocale per l’Amazzonia.

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L’Amazzonia alla prova della Cop30

La Cop30 potrebbe essere l’occasione per inserire nella finanza climatica internazionale non solo la deforestazione, ma anche la degradazione da fuoco come target da contrastare. L’articolo del JRC insiste proprio su questo punto: oggi gli incendi nelle foreste causano più emissioni rispetto alla deforestazione.

Implicazioni per l’Italia e l’Europa

Per l’Europa e per l’Italia, che guardano alla biodiversità e alla decarbonizzazione come pilastri della transizione, queste evidenze hanno almeno tre implicazioni:

  1. Finanza climatica e mercati del carbonio forestale: le misure che premiano la conservazione della foresta devono tener conto della degradazione da fuoco, non solo del taglio netto.
  2. Catene di approvvigionamento responsabili: le aziende europee che importano materie prime (soia, carne, olio di palma) collegate all’espansione agro‑industriale in aree amazzoniche devono valutare non solo la deforestazione “visibile” ma anche quella nascosta dalla degradazione.
  3. Credibilità del negoziato internazionale: con la COP30 in corso, l’Italia e l’Europa hanno un’occasione per proporsi come promotori di un modello di protezione forestale “dal terreno”, se i dati come quelli del JRC non si traducono in misure concrete il rischio è di un fallimento.

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Possibili interventi

Lo studio del JRC indica alcune linee di azione per mitigare e contrastare il fenomeno: ridurre l’uso del fuoco, rafforzare l’applicazione delle leggi ambientali, sostenere direttamente le comunità indigene e locali nella gestione delle foreste, e aumentare il finanziamento internazionale per la mitigazione del cambiamento climatico focalizzandosi sulla degradazione forestale. La Cop30 dovrà tradurre queste raccomandazioni in impegni concreti e vincolanti come il monitoraggio satellitare, i fondi vincolati, le responsabilità nei confronti dei popoli indigeni, la trasparenza nei meccanismi di credito.

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Le foreste oggi non sono più solo riserve da proteggere,  ma infrastrutture climatiche. E la salvaguardia dell’Amazzonia  – se resterà solo un simbolo o diventerà fulcro della politica climatica internazionale – dipenderà dalla capacità concreta di tradurre i numeri e le analisi in azione.

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