mercoledì, Dicembre 3, 2025

La gestione del rifiuto fotovoltaico non incentivato in Italia: un nuovo modello di finanziamento

Le evidenze sulla gestione del fine vita dei pannelli fotovoltaici divenuti rifiuti sembrano prefigurare un rischio di incapienza. Il passaggio a un modello generazionale, già in uso per gli altri RAEE, può rappresentare una svolta efficace e sostenibile

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Il Laboratorio REF Ricerche è un think tank che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali.

A cura di: Andrea Ballabio, Donato Berardi, Giulia Gadani, Andrea Tenconi e Nicolò Valle

 

 La Legge di Delegazione Europea del 2024 (Legge 13 giugno 2025, n. 91), che stabilisce i criteri per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale agli obblighi derivanti dalla Direttiva (UE) 2024/884, che modifica la Direttiva 2012/19/UE sui RAEE (art. 8), apre una finestra per una riflessione e un eventuale intervento sulle modalità di gestione del fine vita dei pannelli fotovoltaici e sul relativo sistema di finanziamento.

Negli ultimi anni in Italia si è registrata una forte accelerazione nelle installazioni di pannelli fotovoltaici, sostenute dagli obiettivi del PNIEC di aumento della capacità fotovoltaica installata e dal revamping e repowering degli impianti esistenti. È dunque cresciuto anche il volume di moduli che giungono a fine vita e che devono essere gestiti come rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE): una tendenza che è destinata ad accentuarsi nei prossimi anni, quando il ciclo di vita dei pannelli incentivati dal Conto Energia giungerà a termine, e nei prossimi decenni, per fare fronte alla progressiva dismissione dei pannelli non incentivati dal Conto Energia.

L’aumento dei pannelli a fine vita

Secondo lo Scenario REF, infatti, nel periodo 2025-2050 vi sarà un ammontare di pannelli non incentivati a fine vita, pari a 140 milioni: un incremento di quasi trenta volte nel numero di pannelli fotovoltaici destinati alla dismissione ogni anno, con importanti implicazioni per i detentori degli impianti, i consorzi e, più in generale, per l’intera collettività. Si passerà dai circa 427mila pannelli dismessi nel 2025 a oltre 12 milioni nel 2050, con un conseguente aumento anche in termini di massa: da 9mila a 264mila tonnellate annue di RAEE fotovoltaici da raccogliere e gestire correttamente per anno.

Parallelamente, ci si attende un progressivo aumento del rapporto tra il numero di pannelli fotovoltaici non incentivati giunti a fine vita e quelli immessi al consumo nello stesso anno: nel periodo storico (2016-2024), questo rapporto si mantiene su valori molto contenuti, con un pannello dismesso ogni 27 pannelli installati. Tuttavia, nel periodo 2025-2050 il rapporto medio aumenta da 1/27 a 1/3. Nell’ultimo anno di analisi, per ogni pannello a fine vita da sostituire vi saranno 1,7 nuovi pannelli installati. Si tratta di un cambiamento strutturale che riflette non solo l’invecchiamento progressivo del parco installato, ma anche l’impatto crescente delle attività di revamping e repowering, che accelerano il turnover tecnologico.

rifiuti fotovoltaici

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Rischio incapienza

La crescita dei volumi di RAEE fotovoltaici da gestire si traduce inevitabilmente in un incremento dei costi da sostenere per logistica e il trattamento dei pannelli fotovoltaici a fine vita. Considerando un costo unitario di gestione costante pari a 250 €/ton (circa 5,5€/pannello a prezzi 2025), si stima che tra il 2025 e il 2050 sarà necessario sostenere complessivamente circa 762 milioni di euro (a prezzi 2025) per la gestione dei pannelli dismessi. Nel 2025 il costo annuale totale previsto è di 2 milioni di euro, che salirà a 19 milioni nel 2035 e a 66 milioni nel 2050. Si tratta quindi di una crescita esponenziale che potrebbe rappresentare un onere non trascurabile per i conti pubblici.

L’onere di sostenere tali costi è in capo ai produttori, dal momento i rifiuti da pannelli fotovoltaici sono coperti da uno schema di responsabilità estesa del produttore (Extended Producer Responsibility – EPR). Il modello attuale stabilisce infatti che ad ogni pannello si associa un contributo – definito dal consorzio a cui appartiene il produttore – destinato a coprire i costi di gestione del fine vita dei pannelli quando diventano rifiuti. Inoltre, i sistemi individuali e collettivi depositano il contributo ambientale in un trust, segregando le risorse da impiegare per la gestione del pannello fino a quando tale modulo non andrà gestito come rifiuto. Secondo quanto stabilito dal  disciplinare tecnico del GSE, l’importo del contributo ambientale è indicato in almeno 1 € per pannello, secondo logiche del libero mercato: un valore molto distante dai 20 €/pannello trattenuti dal GSE per il caso dei pannelli incentivati dai Conti Energia – addirittura doppio rispetto al valore della garanzia da versare al sistema collettivo (10 €/modulo), nel caso in cui si scelga di uscire dal regime di incentivazione del GSE – ma che è diventato un riferimento di mercato nella determinazione del contributo ambientale per i pannelli non incentivati.

Il sistema attuale per i pannelli non incentivati dai Conti Energia, dunque, nato con l’obiettivo di mettere in sicurezza la gestione del fine vita, ha condotto ad un equilibrio di mercato nel quale l’ammontare dei contributi ambientali e delle garanzie richieste sembra essere guidato verso il basso dal desiderio di essere competitivi nei confronti dei produttori. Il valore dei contributi ambientali – e quindi delle garanzie versate nei trust – varia sensibilmente, con contributi ambientali compresi tra gli 1 e i 7-8 €. Alcuni sistemi collettivi ritengono dunque sostenibili garanzie molto contenute, che appaiono non coerenti con i costi correnti, confidando in una riduzione dei costi futuri o comunque nella possibilità di una valorizzazione delle materie prime contenute nei pannelli a fine vita.

Le evidenze raccolte sembrano prefigurare il rischio di incapienza delle somme segregate, almeno rispetto ai costi correnti di logistica e trattamento. Il sistema delle garanzie, che nasce sulla base di intenti meritori di mettere in sicurezza i costi del fine vita, espone dunque gli stessi aderenti ai sistemi collettivi al rischio di fare fronte tra molti anni alla copertura di maggiori costi, superiori alle somme accantonate; qualora poi un produttore tra molti anni non fosse più presente sul mercato, sarebbe inevitabile una ricaduta sull’ambiente e la collettività.

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I vantaggi di un modello generazionale

L’analisi presentata mostra come il passaggio a un modello generazionale, già in uso per gli altri RAEE, possa rappresentare una svolta efficace e sostenibile. Il principio cardine di tale modello è che i costi relativi alla raccolta e alla gestione dei RAEE siano sostenuti dai produttori attivi sul mercato nell’anno in cui tali costi si generano, in base alla quota di mercato detenuta, determinata sul criterio del peso delle apparecchiature immesse sul mercato nazionale nell’anno solare precedente. Si passerebbe da un sistema in cui ogni produttore è responsabile solo dei propri pannelli immessi sul mercato, a uno in cui tutti i produttori attivi e presenti sul mercato sono “solidalmente” responsabili della copertura dei costi, in proporzione alla quota di mercato detenuta nell’anno precedente.

Questo approccio garantirebbe una piena copertura dei costi di gestione attraverso un contributo ambientale equo, proporzionato ai reali costi unitari di trattamento dei pannelli, e contribuirebbe a incentivare la raccolta. Inoltre, il superamento di una segregazione preventiva di risorse avrebbe il beneficio di favorire l’incentivazione di investimenti nel settore fotovoltaico, in linea con gli obiettivi del PNIEC.

L’analisi proposta suggerisce che l’adozione di un modello generazionale avrebbe nell’immediato anche il vantaggio di una riduzione del contributo ambientale a carico dei produttori, al di sotto dei valori delle garanzie versate nei trust. Si tratta, dunque, di un incentivo indiretto alla realizzazione di cicli di installazione di nuova capacità, che si annunciano negli anni a venire. Il contributo ambientale per modulo installato rimane infatti sostenibile anche nell’orizzonte di lungo termine, stante un equilibrio tra nuovi pannelli immessi sul mercato e pannelli giunti a fine vita sempre superiore a 1:1, ergo consentendo di spalmare i costi di costi di logistica e trattamento per ciascun pannello installato su un numero superiore di nuovo immesso.

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Un raggruppamento dedicato ai pannelli fotovoltaici

Tra gli altri elementi della proposta vi è anche la richiesta di superare la attuale distinzione tra pannelli domestici e professionali e di istituire un raggruppamento dedicato ai pannelli fotovoltaici (R6) per garantire maggiore trasparenza e rendicontazione sulla effettiva consistenza dei flussi.

I benefici collettivi attesi dalla transizione ad un modello generazionale sarebbero molteplici: una riduzione degli smaltimenti illeciti, la minimizzazione del rischio che i costi futuri non coperti dal sistema delle garanzie ricadano sul bilancio pubblico, e dunque sui cittadini, e un riequilibrio delle finanze dei consorzi, in crescente disavanzo a causa dell’aumento dei pannelli che giungono a fine vita. Una maggiore intercettazione dei pannelli dismessi contribuirebbe anche al rafforzamento della filiera nazionale del riciclo e alla valorizzazione delle materie prime seconde.

Il sistema impiantistico nazionale si sta già preparando ad accogliere volumi crescenti di pannelli da trattare, grazie agli investimenti del PNRR. È ora necessario che anche il modello di finanziamento venga adeguato a garantire la sostenibilità ambientale ed economica nel lungo periodo: con l’avvio, già oggi, della dismissione dei primi pannelli fotovoltaici installati a partire dagli anni 2000 si apre una finestra per intervenire in modo strutturato sul finanziamento del settore.

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