[di Massimiliano Martucci]
Una vecchia sedia che rischiava di essere abbandonata abusivamente viene salvata dall’amore di una notte ed entra a far parte di un circo, con il quale si fa una tournée nel Mediterraneo
Sinossi
Una vecchia sedia che rischiava di essere abbandonata in campagna, viene salvata dall’amore di una notte e grazie alla Bacheca del Riuso dell’app Riciclario e alla maestria di un artigiano dell’associazione Fare, viene notata da un gruppo di artisti del circo Baraka che la sceglie come sedia di scena. Viene scelta per due numeri. In uno Daniele, seduto sulla sedia, suona la fisarmonica mentre Lisette si arrampica su di lui declamando poesie. Nel secondo Julien attende invano l’arrivo della sua amata, agitandosi sulla sedia mentre mille emozioni lo attraversano. Alla fine inizia una danza vorticosa, appoggiandosi sulla sedia. La sedia è abbastanza robusta da sostenere sia le verticali che le emozioni umane.
Ora, dopo una tournée nel Mediterraneo con il circo, la sedia recuperata dall’associazione Fare grazie alla Bacheca del Riuso di Riciclario è messa al tavolo del refettorio della cucina comune del circo, in Francia, come per ricordare per sempre l’avventura di San Vito.
La prima volta di un numero in un circo non si scorda facilmente. Daniele con la sua fisarmonica, seduto al centro del tendone rosso e giallo del circo Baraka, ormeggiato come una nave carica di magia nel giardino dell’ExFadda a San Vito dei Normanni, devono intrattenere il pubblico mentre Lisette, leggera leggera, dovrà salire su di lui e recitare una poesia.
Al centro del numero, protagonista muta e inconsapevole, una vecchia sedia di legno scuro, di quelle con la seduta imbottita, recuperata a San Vito da Mino, giovane artigiano, che ha trasformato una passione in un lavoro, grazie l’associazione Fare, che ha come obiettivo l’autoproduzione e il riuso per ridurre gli sprechi e riappropriarsi di antichi saperi nell’epoca dell’usa e getta e dell’accumulazione illimitata. Un pomeriggio, giusto per far passare il tempo prima di riprendere il lavoro, Mino sfogliava la Bacheca del Riuso dell’app Riciclario, da qualche tempo in uso nel suo comune. La Bacheca è uno spazio dove chi vuole disfarsi di qualcosa che non usa, invece di gettarlo o di portarla all’isola ecologica, chiede se c’è qualcuno disponibile a venirsela a prendere. A Mino invece quella vecchia sedia, con la seduta in tessuto, da rimettere a nuovo, interessava. Poteva farla diventare una nuova seduta per il ristorante sociale di ExFadda, magari, oppure una sedia da mettere al bar. O semplicemente una brutta copia su cui provare qualche tecnica di recupero nuova. Contattò il proprietario, un operaio che aveva ereditato la sedia insieme al mobilio di una casa di una zia, e in breve la nuova sedia era nelle mani di Mino, diretta ai laboratori di ExFadda, pronta per diventare una nuova esperienza del laboratorio dell’associazione Fare.
In quei giorni, ma senza nessun nesso causale, il circo Baraka era a San Vito dei Normanni. La compagnia francese era alla seconda tappa di dodici in giro per il Mediterraneo e quella settimana. Baraka, che in arabo vuol dire “buona fortuna”, è più di un circo, è un progetto di inclusione sociale che utilizza l’arte circense per unire le persone, mettendo al centro la diversità. A San Vito ci sono stati workshop e progetti, sono state invitate le scuole. È una carovana culturale colorata e multilingue, una specie di magia rumorosa che si ferma e riparte e si sposta e gira per il Mediterraneo. Nell’allestire il circo, Daniele notò quella sedia appena rimessa a nuovo e chiese a Mino di poterla utilizzare. Mino decise di regalarla.
Realizzata in una delle prime fabbriche di mobili pugliesi, la sedia era stata venduta da un grossista di Barletta a un negozio di Carovigno. Un giro di mezza Puglia. Inconsapevole del suo futuro, questa sedia di legno da quattro lire, con la seduta imbottita di un colore già all’epoca improponibile, qualcosa a metà tra il seppia e il terra di Siena naturale, finì per essere acquistata da una coppia di maestri elementari che da poco si era trasferita a San Vito dei Normanni da Brindisi. San Vito dei Normanni, per chi volesse immaginarlo, deve sforzarsi di pensare ad una distesa non ortogonale di stradine e sensi unici, palazzotti a due piani e gli ulivi millenari più antichi del mondo, è un centro importante della provincia, a pochissimi chilometri dal mare e dalla riserva naturale di Torre Guaceto. Anche se da qualche anno è anche la sede di uno dei laboratori culturali più all’avanguardia in Europa, grazie alla sensibilità di un gruppo di (ex) trentenni e di politiche regionali d’avanguardia, che a quella generazione hanno ridato potere (anche d’acquisto). All’ExFadda, industria vinicola abbandonata, che prende il nome dall’ammiraglio Fadda, si fa cultura e si fa impresa e si fa innovazione sociale. Sul muro del bar, enorme, campeggia un ritratto dell’ammiraglio Fadda e una sua citazione, storica: “L’unico consiglio è dare retta ai giovani”.
All’epoca dell’arrivo della coppia di maestri, a San Vito non c’era tutta questa vita frizzante e la lei, trentenne brindisina di nome di Giuseppina D’Elia, avrebbe voluto trasformare il salottino di casa sua, un primo piano in via Roma, in uno spazio culturale, come diremmo noi ora, ma che all’epoca poteva benissimo essere definito un luogo mondano di conversazione. Immaginava di prendere bevande calde e scambiare pettegolezzi, con le amiche e le colleghe, ma soprattutto discutere dei fermenti culturali e dei cambiamenti sociali che era certa fossero urgenti anche in Salento. Purtroppo non aveva fatto i conti con una serie di inconvenienti. Primo tra tutti il lavoro da maestra, che l’assorbiva tutta la settimana e anche di pomeriggio, poi la mancanza di spazi culturali (partiti e associazioni) dove trovare compagni di strada, e infine il marito, Michele Rivizzigno, di idee liberali e progressiste, ma che la cena doveva essere messa in tavola alle venti in punto. La poverina era quindi costretta a dividersi tra scuola e cucina, ma aveva trovato uno stratagemma per condividere con le colleghe e amiche le sue idee. Aveva organizzato una specie di corso di cucina durante i quali si poteva discutere anche di cultura e di politica: “Ora faremo dei biscottini semplici, avete presente le madelleine di Proust?”. Sulla sedia di cui sopra le amiche e colleghe poggiavano i loro deretani mentre spadellavano e si allenavano alla rivoluzione (o qualunque cosa fosse quello che avevano in testa negli anni sessanta a San Vito dei Normanni).
Il loro circolo col tempo si sfaldò, vuoi per il figlio, vuoi perché le ricette da imparare finirono, vuoi perché alla fine della giostra non è che c’era tutta questa tensione sociale in paese. Alla fine la routine meridionale, l’aria dell’alto Salento, il mare vicino, quelle lunghe e odorose ombre di primavera, hanno avuto la meglio. La sedia divenne una specie di libreria provvisoria dove furono appoggiati libri da leggere e articoli ritagliati, con la promessa, ovviamente mai mantenuta, di essere riletti e archiviati.
Il figlio della coppia si laureò al politecnico di Torino ingegnere meccanico e rimasto in Fiat a progettare utilitarie. Dopo la pensione i due maestri decisero di lasciare la loro casa in via Roma e di trasferirsi a Torino, vicino al figlio ingegnere. I mobili e il resto furono regalati ai parenti, e la sedia andò a finire al nipote operaio di un tomaificio dei dintorni, scapolo e disinteressato ai fatti della vita. Dopo qualche mese in giro per casa, si decise di gettarla e la caricò in macchina per lasciarla in qualche fondo sperduto, ignorante come un tonno in scatola. Il caso volle però che quella stessa sera, con la sedia nel cofano della Golf GT, conobbe Lucia, impiegata in banca. Tra i due ci fu immediatamente intesa e rimasero a bere e chiacchierare fino a tardissimo, ma lui che voleva far colpo, alla domanda di lei su che ci faceva una sedia nel cofano dell’auto, le rispose che doveva farci una foto per metterla sulla Bacheca di Riciclario, e voleva fare una bella foto, magari a mare e non a casa. Il furbone, quindi, chiese alla tipa se avesse avuto voglia di accompagnarlo a mare e recependo la risposta affermativa, si aggiustò il cavallo dei pantaloni e fece accomodare Lucia al posto del passeggero, con la mente già impegnata in cose piacevoli e amene. In poco tempo, nella luce di un’alba a Punta Penna Grossa, la sedia fu posizionata sugli scogli e divenne protagonista di un bellissimo servizio fotografico, forse il migliore che mai vedrà pubblicazione sulla Bacheca di Riciclario. Il resto lo potete immaginare. Tra il nipote di Giuseppina e Michele e l’impiegata Lucia si consumò l’amor profano prima sulla sedia e quindi in auto, e poi basta, perché la scintilla era un fuoco d’artificio e non di legno di camino.
La sedia, però, era davvero in bacheca e l’operaio, un po’ smadonnando, se la riportò indietro, ma fu fortunato perché Mino, quel pomeriggio, era stato proprio attratto dalle bellissime foto. Recuperata la sedia e sostanzialmente salvata dal macero o dalla discarica, ora si avviava ad una nuova vita, inconsapevole e mediamente sollevata, per quanto può esserlo un pezzo di legno che non sia stato piallato da Geppetto.
Una buona dose di carta vetro, mettere a posto l’imbottitura e quindi una mano non troppo pesante di vernice ad acqua, e la sedia poteva benissimo essere usata per il ristorante o come seduta in uno dei laboratori dell’ExFadda.
Nessuno aveva previsto il circo, nessuno aveva previsto che i giovani artisti, alla ricerca di una sedia di scena, potessero chiedere a Mino proprio quella, né più bella né più brutta delle altre. E che Mino, non particolarmente legato a quel pezzo di legno, potesse cederlo con una certa soddisfazione, perché dopo il suo intervento non era certo più quella sedia che sapeva di vecchio.
La sedia, quindi, fu messa al centro del parquet del tendone, durante le prove, in un pomeriggio di fine ottobre 2017, a San Vito dei Normanni. È stata in giro per il Mediterraneo, coprotagonista di due numeri. Il primo con Daniele e Lisette, il secondo con Julienn, durante il quale un uomo attende invano una donna che non arriverà mai. Lui, seduto sulla sedia, prima naviga tutte le emozioni umane: la timidezza, l’amore, l’attesa, la paura, la mancanza di fiducia in sé, il dubbio, il non sapere che dire, emozioni che gli esseri umani provano nell’attesa di un amore che sta arrivando. Infine Julienn, stanco di aspettare, iniziare a fare acrobazie, appoggiandosi proprio sulla nostra sedia, abbastanza robusta da sostenere le emozioni e i volteggi.
Dopo essere stata in tournée con il circo in Italia, in Grecia, in Marocco e in Spagna, la nostra sedia è stata liberata nella roulotte-cucina della casa francese del circo Baraka, perché intorno al tavolo comune mancavano sedie abbastanza robuste. La sedia è lì, ora, dopo aver dimostrato di poter sostenere l’amore e la passione, i volteggi e i ragionamenti, ma anche un lungo viaggio intorno al Mediterraneo e che molte cose che sembra meritino la discarica, in realtà possono essere un sostegno per nuove storie.