fbpx
giovedì, Dicembre 26, 2024

Planetary boundaries e consumi globali: il peso dei ricchi e dei beni di lusso

Il superamento dei limiti di sicurezza rappresentati dai confini planetari è una realtà difficile da arrestare: la responsabilità è quasi interamente nei consumi del 10% della popolazione più ricca. E non vale solo per l’Occidente, ma anche nei Paesi in via di sviluppo. L’unica via è ripensare i modelli di consumo

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

La sicurezza ambientale della Terra è minacciata dai consumi della fetta di popolazione più ricca. La nuova conferma arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Nature, in cui le autrici e gli autori dimostrano come il superamento dei planetary boundaries, le soglie ecologiche che il pianeta non dovrebbe oltrepassare per mantenere un ambiente stabile e favorevole alla vita, è direttamente imputabile al 10% più ricco della popolazione.

L’Occidente, senza dubbio, è il principale responsabile: ma l’aspetto interessante evidenziato dallo studio è che la maggiore o minore impronta ambientale dei consumi è strettamente legata al reddito indipendentemente dalla nazione. Insomma, i consumi di un super ricco indonesiano contribuiscono in misura maggiore al superamento dei confini planetari dei consumi di una persona a basso reddito in una nazione europea, mentre finora il contributo degli individui benestanti nei Paesi in via di sviluppo era stato sottovalutato.

Perciò le ricercatrici e i ricercatori, provenienti da università degli Stati Uniti, Europa e Cina, non si sono concentrati esclusivamente sui consumi dei Paesi ricchi, ma hanno tenuto conto delle sostanziali differenze di reddito all’interno delle nazioni. A tale scopo, sono stati esaminati 201 gruppi di consumo in 168 Stati, in modo da avere una comprensione approfondita delle impronte ambientali e della loro distribuzione diseguale in relazione al reddito.

planetary boundaries 2

“Il nostro studio evidenzia l’importanza fondamentale di concentrarsi sui consumatori ad alta spesa per affrontare efficacemente il superamento dei limiti planetari”, notano perciò gli autori. Il titolo dello studio, “Keeping the global consumption within the planetary boundaries” (in italiano: mantenere i consumi globali all’interno dei confini planetari) sottolinea quale sia il loro obiettivo: un approccio costruttivo per intervenire sui consumi globali, non limitandosi solo a fotografare la situazione attuale.

Leggi anche: Planetary boundaries, cosa sono e perché ne dobbiamo sempre tenere conto

Planetary boundaries e ricchezza: un equilibrio da ridefinire

I dati di partenza dicono una sola cosa: nell’ultimo secolo le attività dell’uomo hanno rapidamente allontanato il pianeta dallo stato di stabilità in cui si trovavano i sistemi naturali. Questi cambiamenti sono dovuti principalmente al consumo di beni e servizi, alla produzione insostenibile e all’estrazione di risorse, che hanno portato a oltrepassare a un ritmo sempre più accelerato molti confini planetari come il cambiamento climatico, l’integrità della biosfera e i cambiamenti dell’uso del suolo.

La teoria dei planetary boundaries individua alcuni sistemi critici, come i cicli del carbonio, i flussi di azoto e l’uso delle risorse idriche, che devono rimanere entro determinati limiti per mantenere la stabilità globale. Oltre queste soglie, i sistemi terrestri rischiano danni irreversibili. Lo studio evidenzia come i modelli di consumo dei gruppi più ricchi stiano causando il superamento di tali limiti. Secondo la ricerca, il 10% della popolazione più ricca è responsabile del 43% delle emissioni globali di carbonio, del 26% della fissazione dell’azoto, causa della diminuzione di ossigeno in un ecosistema, del 24,7% dell’uso di fosforo, causa di eutrofizzazione e perdita di biodiversità, e del 18,5% del consumo di acqua. All’opposto, il 10% della popolazione più povera contribuisce per meno del 5% agli stessi indicatori. Una disparità evidente negli impatti ambientali delle fasce più ricche della popolazione rispetto alle più povere: fino a 77 volte maggiore.

Le analisi sui dati elaborate dai ricercatori confermano come le nazioni ad alto reddito, a partire da Stati Uniti e Unione Europea, hanno impronte ecologiche sproporzionatamente grandi. Tuttavia, all’interno di questi Paesi, è soprattutto il 10% più ricco dei consumatori ad esercitare la pressione maggiore, mentre l’impatto ambientale delle fasce con reddito inferiore è assai più ridotto, anche se confrontato agli individui benestanti nei Paesi in via di sviluppo, che, invece, contribuiscono in maniera significativa al superamento dei confini planetari.

Per fornire un quadro più chiaro, i ricercatori hanno calcolato quanto i consumi di ciascun gruppo di reddito incidessero nel superamento dei planetary boundaries considerati nello studio. Ebbene, il 10% più ricco a livello globale ha confermato di oltrepassare tutti gli indicatori misurati con margini significativi, mentre il 50% più povero è rimasto per lo più entro i limiti di sicurezza. In particolare, tra i gruppi ad alto reddito, l’1% più ricco ha contribuito da solo al 14% delle emissioni globali di carbonio, quasi 70 volte l’impatto del 50% più povero. Mentre la perdita della biodiversità è imputabile per l’11% all’1% più ricco della popolazione.

C’è da dire che il gruppo a reddito medio, composto dal 40% della popolazione esaminata, è responsabile tra il 41% e il 47% dell’impronta ambientale totale globale e supera i planetary boundaries pro capite per la maggior parte degli indicatori, ad esclusione del consumo d’acqua. Questo significa che se si vuole invertire la tendenza e mettere in sicurezza i confini planetari servono misure ad ampio respiro, ma la prima cosa da fare è concentrarsi sui modelli di consumo del 10% più ricco della popolazione.

Leggi anche: Tassare i ricchi per contrastare crisi climatica e disuguaglianze. La petizione di Oxfam

Come mitigare gli effetti: bisogna assolutamente ridurre i consumi

Secondo i ricercatori, in questo modo, si potrebbero alleviare in maniera significativa le pressioni ambientali su numerosi sistemi critici. I dati indicano che i consumi nel settore alimentare, e in particolare il cibo di origine animale, hanno un impatto sproporzionato sui cicli di azoto e fosforo, mentre i servizi ad alta intensità di carbonio aggravano il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. Ridurre i consumi a livelli sostenibili è dunque la prima strada praticabile: passare a diete vegetariane potrebbe ridurre drasticamente l’uso di azoto e fosforo, mentre promuovere servizi a basse emissioni di carbonio taglierebbe le emissioni derivanti dai modelli di consumo dei cittadini benestanti.

I calcoli dei ricercatori da un lato fotografano una situazione drammatica: allo stesso tempo, però, evidenziano che sarebbe possibile fare subito qualcosa di efficace senza eccessivo sforzo per ottenere miglioramenti tangibili: se il 10% della popolazione più ricca adottasse modelli di consumo paragonabili alla media europea, la pressione ambientale globale diminuirebbe fino al 23%. Estendendo la riduzione al 20% più ricco degli abitanti, si potrebbe ottenere una diminuzione dal 14% al 36%. Insomma: senza stravolgere gli stili di vita nei Paesi ad alto reddito, gli effetti si vedrebbero comunque.

planetary boundaries 3

L’altra ipotesi considerata dai ricercatori è stata quella di migliorare l’efficienza: ridurre l’intensità ambientale del consumo, ad esempio adottando tecnologie a basso impatto ambientale, potrebbe diminuire la pressione tra il 10% e il 35%. Un approccio sinergico in cui si combina la riduzione dei consumi e l’efficienza potenzierebbe, ovviamente, gli effetti e produrrebbe risultati più significativi. Lo studio stima una riduzione del 53% delle emissioni di carbonio e miglioramenti sufficienti nei settori alimentare e dei servizi per riportare la biodiversità e i cambiamenti dell’uso del suolo entro i limiti planetari.

Leggi anche: Ingiustizie e clima, due crisi che si alimentano

Il ruolo della politica: intervenire nei settori chiave e ridurre le disuguaglianze

Come dimostra la ricerca, “l’ineguale distribuzione della ricchezza e del reddito si traduce in consumi e impronte ambientali diseguali, causando notevoli variazioni nel contributo alla trasgressione dei planetary boundaries tra i diversi gruppi di reddito nei vari Paesi”. Se ridurre i consumi è essenziale per mitigare gli effetti, l’altro pilastro su cui agire è, dunque, diminuire le disuguaglianze in un’ottica redistributiva: mentre i più ricchi devono sostenere il peso degli sforzi di mitigazione, garantire l’accesso alle risorse di base per il 50% più povero è altrettanto essenziale.

In questo un ruolo chiave lo gioca la politica economica: sia per orientare i consumi in una direzione più sostenibile, sia per recuperare le risorse necessarie a una distribuzione più equa della ricchezza. Tra le misure suggerite dagli autori della ricerca vengono considerate la tassazione progressiva, con tasse su beni e servizi di lusso per scoraggiare il consumo eccessivo, e incentivi per diffondere pratiche sostenibili come tecnologie green.

“Tuttavia, rivolgersi ai gruppi benestanti con misure di mitigazione – avvertono gli autori – può incontrare resistenza a causa del loro potere politico. Le azioni dal basso, in grado di svolgere un ruolo cruciale nei cambiamenti culturali e dei valori, sono perciò fondamentali per spingere tali cambiamenti e stabilire soglie di consumo massimo attraverso un processo decisionale democratico”.

Infine, non può mancare la cooperazione globale, affinché nazioni e individui più benestanti si assumano la responsabilità di agire in maniera più incisiva a difesa dell’ambiente, visto che il potere di farlo è soprattutto nelle loro mani. Ma su quest’ultimo aspetto, i risultati delle recenti Cop sulla biodiversità e Cop sul clima hanno mostrato quanto, finora, siano poco interessati a farlo.

Leggi anche: lo Speciale sui planetary boundaries

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie

La Community di EconomiaCircolare.com