giovedì, Novembre 6, 2025

I dubbi dell’Unione Europea sui biocarburanti e il nucleare su cui punta l’Italia

Assenza di pianificazione energetica ed industriale: è la critica maggiore che si ritrova nei confronti dell’Italia in due documenti dell’UE. Ma il governo continua a tirar dritto. Sui biocarburanti il ministro Fratin dice che “il bando delle auto termiche è un’idiozia”. Mentre il 16 giugno l’Italia aderirà all’alleanza nucleare

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista glocal, ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane per poi specializzarsi su ambiente, energia ed economia circolare. Redattore di EconomiaCircolare.com. Per l'associazione A Sud cura l'Osservatorio Eni

Se è vero che il “nuovo corso” dell’Unione Europea assomiglia sempre più a quello dell’Italia, nel senso di uno spostamento a destra su varie politiche (dalle migrazioni agli armamenti), sulle questioni ambientali la vicenda è un po’ più complessa. Da una parte, infatti, la Commissione guidata da Ursula von der Leyen sta smontando il Green Deal, con la priorità data alla difesa e alla semplificazione, come abbiamo ricordato più volte sul nostro portale. “Ora i pacchetti Omnibus si stanno moltiplicando a dismisura e stanno diventando lo strumento principale per smantellare la legislazione dell’Ue sul clima e in altri settori” si legge nella quotidiana newsletter Il Mattinale Europeo, scritta dai giornalisti David Carretta e Christian Spillmann, che da anni seguono in maniera assidua e competente ciò che accade tra Bruxelles e Strasburgo. 

“Sono state prese di mira – viene ricordato da Carretta e Spillman – la Direttiva sulla due diligence, la Direttiva sulla sostenibilità di impresa e la tassonomia. Poi sono state allargate le deroghe per le Piccole e Medie Imprese alle società fino a 750 dipendenti. Successivamente sono state cancellate altre condizionalità ambientali per gli agricoltori. Ci saranno altri Omnibus sulla regolamentazione ambientale, climatica e agricola, mentre si attendono gli Omnibus sulla Difesa, sul Digitale e sull’Energia. Nel frattempo l’attuazione della legge sulla deforestazione importata è stata rinviata e alcuni suoi obblighi sono stati alleggeriti (per esempio per il Brasile). Le multe contro i produttori di automobili che non rispettano gli obiettivi di riduzione delle nuove flotte per il 2025 sono state cancellate”.

Tuttavia allo stesso tempo la Commissione, soprattutto su spinta della vicepresidente esecutiva della Commissione europea, la spagnola Teresa Ribera (ed ex ministra alla Transizione ecologica nel governo Sanchez), tenta di indirizzare gli Stati membri a mantenere gli obiettivi ambiziosi che ci si è dati attraverso la scorsa legislatura, pur riconoscendo una maggiore flessibilità da parte delle istituzioni europee e una maggiore autonomia agli Stati su come raggiungere tali obiettivi.

Ecco perché diventa importante esaminare le raccomandazioni europee giunte negli ultimi giorni. In particolare sono due i documenti da tenere d’occhio: le valutazioni della Commissione europea sui Piani Nazionali Integrati per l’Energia e il Clima (cioè il documento con cui ogni singolo Stato membro traccia la rotta delle politiche energetiche e climatiche al 2030) e le raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea sulle politiche economiche, sociali, occupazionali, strutturali e di bilancio dell’Italia.

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Le osservazioni della Commissione sul PNIEC italiano

A luglio 2024 l’Italia ha inoltrato alla Commissione europea la revisione del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima. Meno di un anno fa, dunque, eppure sembra passato un secolo: nel frattempo, infatti, le elezioni europee e quelle statunitensi, come detto, hanno spostato a destra l’organo esecutivo dell’Unione Europea. Forse anche per questo il governo Meloni si aspettava un atteggiamento più morbido. E le osservazioni della “nuova” Commissione sembrano comunque essere più indulgenti, anche se dal punto di vista energetico permangono i dubbi sull’eccessivo ricorso alle fonti fossili da parte dell’Italia, l’enorme ambizione sui biocarburanti e le modalità del ricorso all’energia nucleare, ancora da definire. Un miglioramento rispetto alla versione originaria ma in cui restano una serie di criticità e debolezze da risolvere.

“La Commissione Europea sostanzialmente promuove molti degli obiettivi previsti all’interno del PNIEC italiano, ma di fatto ne boccia le modalità attuative, poiché ritiene che ci sia carenza di misure e strumenti finanziari indispensabili per il raggiungimento di questi target nei tempi previsti. Si tratta di un classico difetto italiano. Quello di darsi obiettivi sfidanti ma poi di non dotarsi degli strumenti concreti, efficaci ed efficienti per attuarli – afferma il presidente del Coordinamento FREE, Attilio Piattelli – È necessario che l’Italia si doti rapidamente di questa cassetta degli attrezzi necessaria per la decarbonizzazione e lo sviluppo della nostra economia”.

In particolare, come rileva ancora il Coordinamento FREE, la Commissione segnala che:

  • il piano fornisce informazioni insufficienti su come l’Italia intenda raggiungere l’obiettivo Effort Sharing Regulation di -43,7% entro il 2030 rispetto al 2005. In particolare, la commissione ritiene non chiare le azioni messe in campo per aumentare la quota di trasporti legata alla mobilità elettrica e ai biocarburanti;
  • è necessario diminuire la dipendenza dai combustibili fossili nei comparti dei trasporti e degli edifici. Affrontare le emissioni nel settore dei trasporti promuovendo un ambiente favorevole alla diffusione dei veicoli elettrici, in linea con gli obiettivi ambiziosi del piano, anche attraverso meccanismi fiscali stabili, come ad esempio imposte sulla proprietà o sui veicoli aziendali basate sulle emissioni di CO₂;
  • attualmente il PNIEC è sprovvisto di un piano dettagliato con misure concrete per l’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili e quindi la Commissione raccomanda di definire quanto prima tale piano;
  • in materia di fonti rinnovabili, si raccomanda di puntare all’obiettivo più ambizioso del 40,5% di produzione lorda previsto nella bozza iniziale del piano e di ridurre la forte dipendenza da tecnologie e combustibili rinnovabili di importazione (biocombustibili), considerando l’instabilità dei mercati internazionali e la possibile competizione con la produzione alimentare; 
  • per quanto riguarda l’efficienza energetica, si raccomanda di adottare provvedimenti aggiuntivi per aumentare il livello di ambizione al 2030, conformemente a quanto previsto dalla Energy Efficiency Directive. Rafforzare inoltre le misure per migliorare l’efficienza nei settori dei trasporti e dell’industria, in modo da ottenere i risparmi energetici necessari.
  • chiarire meglio le intenzioni in merito allo sviluppo dell’energia nucleare, dato il suo potenziale impatto sulla transizione ecologica e sulle decisioni di investimento a lungo termine del settore industriale. La Commissione fa presente che tali valutazioni dovrebbero tenere meglio in considerazione tutti gli aspetti legati a costi, tempi di realizzazione e complessità politica;
  • sostenere programmi che incentivino la flessibilità della domanda e il ricorso a sistemi di accumulo, consentendo ai consumatori di adattare i propri consumi in base ai segnali di prezzo;
  • predisporre un piano articolato con politiche e azioni mirate alla digitalizzazione del sistema energetico, con un’attenzione specifica all’ammodernamento delle infrastrutture di rete.

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“La Commissione stima che, qualora le misure previste a livello nazionale ed europeo siano pienamente attuate, l’UE sarà in grado di ridurre le emissioni nette di gas serra del 54% rispetto ai livelli del 1990, avvicinandosi così al traguardo del 55%, stabilito dalla Legge europea sul clima” fa notare ancora il Coordinamento Free. C’è chi obietterà sicuramente che tali valutazioni non tengono conto dei mutati equilibri geopolitici, e chi invece plauderà alla Commissione che prova a tenere la barra dritta. Quel che è certo è che le (numerose) indicazioni della Commissione chiedono all’Italia una pianificazione energetica e climatica di cui, francamente, non si scorge granché all’orizzonte. Il governo Meloni, infatti, continua a fare affidamento (come abbiamo raccontato più volte) sulle multinazionali energetiche come Eni, Snam ed Enel, mettendosi anzi a loro disposizione invece di “dettare la linea”. 

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Le raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea all’Italia

La principale critica della Commissione sulla mancanza di pianificazione dell’Italia si ritrova anche nelle raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea. “Sebbene l’adozione del Libro Verde e del piano strategico per la Zona Economica Speciale abbia rilanciato il dibattito pubblico sullo sviluppo industriale, l’adozione di molteplici piani industriali con governance diverse, la mancanza di coordinamento e l’esistenza di oltre 2.000 misure di incentivazione non vanno nella direzione di una chiara strategia nazionale di crescita – scrive il Consiglio – Nel quadro attuale, l’individuazione dei settori strategici non tiene conto delle nuove tendenze e tecnologie industriali e la mancanza di una dimensione territoriale rappresenta un limite alla strategia di sviluppo dei distretti industriali chiave. Ciò è particolarmente rilevante in un contesto di calo della produzione industriale nazionale e di significative disparità regionali, con il Sud in ritardo in termini di innovazione e competitività. La strategia industriale trarrebbe beneficio da un migliore coordinamento con la pianificazione degli investimenti infrastrutturali, mentre le misure politiche per promuovere la formazione e le politiche attive del mercato del lavoro dovrebbero essere integrate nella più ampia visione industriale nazionale, anche allineando gli investimenti pubblici destinati ai settori strategici”.

Pur non citando espressamente né i biocarburanti né il ricorso all’energia nucleare, i richiami del Consiglio nell’osservazione n°33 bocciano implicamente la strategia del governo Meloni che preme sull’Unione europea affinché venga concessa una deroga ai biocarburanti nello stop alla produzione delle auto col motore a combustione (benzina, diesel, metano e gpl) a partire dal 2035. E, allo stesso modo, sul ricorso eventuale e (molto) futuro all’energia nucleare lo stesso Consiglio non sembra credere granché, dato che cita espressamente una soluzione già oggi esistente: l’elettrificazione dei consumi attraverso una più ampia diffusione delle energie rinnovabili.

Scrive infatti il Consiglio che “l’Italia continua a incontrare ostacoli strutturali nell’accelerazione dell’elettrificazione del suo sistema energetico e nell’aumento della quota di energie rinnovabili nella produzione di energia elettrica, nonostante il suo sostanziale potenziale solare ed eolico. Un ostacolo fondamentale rimane la complessità e la frammentazione delle procedure autorizzative, che ritardano l’attuazione dei progetti e ostacolano la fiducia degli investitori. Inoltre il rapporto tra il prezzo dell’energia elettrica e quello del gas è tra i più alti dell’UE. Le riforme sostenute dal piano per la ripresa e la resilienza hanno iniziato ad affrontare i colli di bottiglia amministrativi nelle procedure autorizzative per le energie rinnovabili, ma è necessaria un’ulteriore semplificazione e consolidamento della legislazione in materia di autorizzazioni per accelerarne la diffusione. Allo stesso tempo, l’integrazione di quote più elevate di energie rinnovabili variabili richiede investimenti coordinati nelle infrastrutture della rete elettrica, in particolare per aumentare la flessibilità del sistema attraverso tecnologie non basate su combustibili fossili come lo stoccaggio e i meccanismi di risposta alla domanda (ad esempio, tariffe orarie, sistemi di tariffazione dinamica, sistemi di misurazione intelligente e la partecipazione di aggregatori e consumatori industriali ai mercati di bilanciamento). Anche le interconnessioni transfrontaliere rimangono sottosviluppate in alcune parti della rete, limitando la capacità dell’Italia di beneficiare del bilanciamento regionale e della convergenza dei prezzi”.

Secondo il Consiglio, dunque, favorire un sistema energetico più resiliente e interconnesso “contribuirebbe al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, fornendo più energia elettrica rinnovabile” e  “contribuirebbe inoltre a stabilizzare i prezzi dell’energia e a ridurre i picchi legati alla produzione di gas in un mercato volatile”. 

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Il governo Meloni spinge ancora su biocarburanti e nucleare

Al contrario di quel che è avvenuto altre volte di fronte alle critiche (a qualsiasi critica, verrebbe da dire), questa volta il governo Meloni ha scelto di non rispondere direttamente alle sollecitazioni UE. Forse più concentrato su questioni interne – il referendum dell’8 e dell’9 giugno, il secondo turno delle amministrative in città importanti come Taranto – e su questioni estere – il nuovo rapporto con gli USA alla luce della deflagrazione tra Trump e Musk -, dall’esecutivo italiano non sono arrivate polemiche. Ma, allo stesso tempo, il governo Meloni continua a tirar dritto su biocarburanti e nucleare.

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In occasione del Tour d’Europe, organizzato dall’associazione FuelsEurope guarda caso nella sede dell’Eni – l’azienda che spinge sull’uso dei biocarburanti e quindi sul mantenimento in vita del motore endotermico -, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin ha sottolineato la volontà del governo di stanziare 200 milioni di euro per sostenere la riconversione industriale e le bioraffinerie (come avevamo scritto qui) e ha ribadito per l’ennesima volta un approccio pragmatico, coerente con il Piano Mattei e le strategie del G20. Poi ci è andato giù pesante, affermando, secondo quanto riportano alcuni giornali, che “il bando sulle auto termiche è un’idiozia”. E aggiungendo che “io credo che la resistenza dell’Unione europea rispetto al fronte dei biocarburanti sia più una questione di interessi nazionali e aziendali piuttosto che una questione ideologica. L’UE dovrà arrivare a superare vincoli ideologici o vincoli di interesse e arrivare a gestire una transizione che deve essere ragionevole. Il governo italiano, su questo, ha intenzione di andare avanti e di far valere un legittimo percorso scientifico e un legittimo interesse del Paese”.

Allo stesso modo i dubbi da parte europea sul ritorno della tecnologia nucleare in Italia, che era stata bandita dopo un referendum nel 1987 a seguito della catastrofe di Chernobyl, non sembrano scalfire il governo. Anzi è ormai certo che al Consiglio Energia del 16 giugno a Lussemburgo il ministro Pichetto Fratin, annuncerà che l’Italia aderirà all’Alleanza nucleare, lanciata dalla Francia per promuovere questa fonte di energia. “C’è una scelta del governo in questa direzione”, ha detto Pichetto Fratin. Il ministro ha sottolineato che l’Italia consuma “310 miliardi di chilowattora e la previsione è che già nel 2040 saremo a 600 miliardi. Da qualche parte, quindi, dobbiamo produrre l’energia se vogliamo rimanere un Paese del gruppo di testa nel mondo, un Paese ricco e che dà futuro ai nostri figli e nipoti”.

Leggi anche: Il passo di lato della Commissione sullo stop alle auto termiche dal 2035

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