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venerdì, Novembre 15, 2024

I consumatori possono spingere l’economia circolare: ma come sostenerli (e orientarli)?

Le aziende hanno un'enorme influenza nel modellare la domanda di prodotti, ma anche i consumatori hanno la possibilità di aumentare la domanda di beni e servizi che hanno adottato i principi dell'economia circolare. La politica deve rafforzare questa possibilità, ma come? Se ne occupa un recente briefing dell'Agenzia europea dell'ambiente

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Redazione EconomiaCircolare.com

La transizione verso un’economia più sostenibile e circolare richiede, lo sappiamo, la trasformazione dei sistemi di produzione e consumo. I produttori da una parte rispondono alla domanda dei consumatori, dall’altra la influenzano potentemente attraverso i prodotti offerti, le strategie di marketing e le pubblicità (anche nelle forme meno tradizionali, come gli influencer). Ma se questo è il contesto, sappiamo anche che i cittadini, nella loro veste di consumatori, possono influire sul mercato e sui prodotti offerti dalla imprese. Un recentissimo documento dell’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) fa il punto, suggerendo ai decisori politici di mettere in atto una serie di iniziative non solo legislative per sostenete il potere decisionale dei cittadini e consentire un comportamento più coerente con l’economia circolare, a patire dalla comprensione dei fattori che lo influenzano.

I consumatori e l’economia circolare

I consumatori hanno un ruolo molto importantissimo. Le loro (le nostre) scelte al momento dell’acquisto, dell’utilizzo e dello scarto dei prodotti possono potenzialmente promuovere i principi dell’economia circolare. Le nostre scelte quotidiane possono perpetuare il modello lineare o sostenere l’economia circolare. Ad esempio, ricorda l’AEA, se scegliamo di acquistare verdure non confezionate, risparmiamo le risorse materiali utilizzate nella produzione dell’imballaggio; quando eseguiamo la manutenzione regolare delle nostre auto, ne allunghiamo la vita utile. Sono scelte ‘lineari’ l’acquisto invece della condivisione (sharing) o del leasing; l’acquisto del nuovo rispetto all’usato; la scelta di prodotti più economici e di bassa qualità rispetto ad altri apparentemente più costosi ma più durevoli, riparabili, riciclati e riciclabili. È circolare allungare la vita utile di un prodotto riparandolo invece di tenerlo chiuso in un cassetto senza usarlo; regalarlo o venderlo invece di buttarlo via; e ovviamente favorirne il riciclo con la raccolta differenziata.

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Circular vs linear behaviour (Agenzia europea per l’ambiente)

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I fattori che orientano le nostre scelte

Solo in parte queste decisioni sono interamente coscienti. Entrano infatti in gioco, come ci insegna anche l’economia comportamentale, una serie di fattori istintivi che spingono le nostre scelte da una parte o dall’altra del confine della circolarità.

L’AEA analizza questi fattori. Sono prima di tutto fattori economici: scegliamo quello che al momento di decidere ci sembra meno costoso. Proprio i fattori legati al costo, afferma l’Agenzia, sono quelli su cui c’è maggiore consenso scientifico. Fattore decisivo è anche l’informazione: se non conosco alternative al modello acquista-consuma-getta difficile fare scelte diverse; se non so che il prodotto-come-servizio può essere, nel complesso del ciclo di vita, più economico dell’acquisto, acquisterò invece di prendere in leasing, ad esempio. Entra in gioco poi l’incontro tra i nostri bisogni e l’offerta che li può soddisfare: se per comprare prodotti sfusi devo arrivare dall’altra parte della città, a meno che io non sia particolarmente motivato, probabilmente rinuncerò a favore di una scelta meno circolare. E poi c’è il terreno più scivoloso: i fattori sociali e le convinzioni individuali. I modelli sociali hanno un ruolo importantissimo, come pure le credenze personali (credere, ad esempio, senza averlo mai verificato, che riciclato vuol dire di bassa qualità).

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Factors affecting consumer behaviour (Agenzia europea per l’ambiente)

Pregiudizi ed automatismi

L’agenzia fornisce alcuni esempi di come i comportamenti siano modellati da fattori psicologici. Cita ad esempio il cosiddetto “pregiudizio dello status quo”, pregiudizio cognitivo che ci porta a preferire lo stato attuale delle cose rispetto al cambiamento: tendiamo cioè a preferire comportamenti, elementi e impostazioni che sono familiari. “Questo – sottolineano i ricercatori – aiuta a spiegare perché le abitudini e il comportamento passato possono ostacolare l’adozione di nuovi modelli di comportamento circolare”. C’è poi l’“effetto dotazione(endowment effect): le persone tendono a valutare gli oggetti che possiedono (cioè che potrebbero essere persi o abbandonati) più di quanto farebbero se non appartenessero a loro. Questo effetto aiuta a spiegare perché le persone si aggrappano ai propri effetti personali anche se non li utilizzano. Con un duplice e contrastante risultato sulla circolarità dei nostri comportamenti. Da una parte l'”attaccamento al prodotto” può incentivare la riparazione. Dall’altra può spingere a tenere per anni in un cassetto una cosa che non utilizziamo più. Spesso, poi, decidiamo in base a credenze non verificate. Così i costi della proprietà di un oggetto vengono sottostimati rispetto a quelli del product-as-a-service; la qualità dell’usato e del riciclato viene sottostimata; siamo abituati ad acquistare, e acquistare nuovo: questa è ormai la scelta automatica (“non ho mai comprato usato”); non abbiamo esempi di conoscenti che ci spingano a fare scelte diverse (“non conosco nessuno che lo fa); anche quando non lo usiamo da tantissimo tempo, pensiamo che un oggetto ci possa improvvisamente tornare utile (“non lo vendo perché mi servirà ancora”).

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PURCHASE STAGE (Agenzia europea per l’ambiente)

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Il ruolo della politica

Invece di provare ad orientare le scelte dei cittadini, la politica tradizionalmente si è concentrata sulla mitigazione degli impatti ambientali e climatici della produzione o dei processi industriali. Le iniziative per rafforzare le scelte sostenibili dei consumatori, osserva l’AEA, hanno voluto principalmente fornire informazioni (ad esempio con i marchi di qualità ecologica o attraverso l’etichettatura) e, in misura minore, rendere le alternative circolari più attraenti dal punto di vista economico. Tra questi ultimi casi possiamo ricordate, in Italia il bonus 110%; oppure, in altri Paesi, gli sconti sull’Iva per i prodotti usati. In Europa ci sono state poi le norme sull’ecodesign e il diritto alla riparazione. “Mancano invece iniziative che tengano conto dei fattori che modellano il comportamento individuale e spingono i consumatori a compiere scelte che favoriscono la massima circolarità”. Eppure “per progettare politiche dei consumatori efficaci, i fattori che modellano il comportamento dei consumatori devono essere adeguatamente compresi in modo che le politiche li affrontino con successo”.

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