Quando la COP30 si è aperta a Belém, nel cuore pulsante dell’Amazzonia, l’attenzione del mondo si è concentrata come sempre su emissioni, finanza e impegni climatici. Eppure, nelle prime giornate, è emerso un elemento inatteso ma decisivo, capace di ridefinire la natura stessa delle politiche climatiche: l’integrità dell’informazione. Per la prima volta nella storia delle COP, governi, agenzie Onu, scienziati e società civile hanno riconosciuto che la crisi climatica non può essere affrontata se prima non si cura il modo in cui la verità stessa viene raccontata, difesa e resa accessibile.
Questo cambio di paradigma si è materializzato nella Declaration on Information Integrity on Climate Change, un documento presentato ufficialmente il 12 novembre e promosso nell’ambito della nuova Global Initiative for Information Integrity on Climate Change, sviluppata dal Brasile insieme a UNFCCC, UNESCO e altre istituzioni internazionali. Secondo l’UNFCCC, questa dichiarazione rappresenta “la prima volta” in cui l’informazione viene trattata come una componente strutturale dell’azione climatica.
La scelta di collocare la questione al centro dell’agenda politica di Belém è apparsa come una risposta diretta alle pressioni crescenti esercitate da anni di campagne di disinformazione, attacchi sistematici ai ricercatori e campagne mediatiche coordinate contro il consenso scientifico. Nel suo discorso di apertura, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha evocato la dimensione politica del fenomeno, denunciando come “gli oscurantisti respingano non solo le evidenze scientifiche, ma anche i progressi del multilateralismo”. E ha poi aggiunto, con un tono che ha rappresentato un punto di svolta nel linguaggio delle COP: “È tempo di infliggere un’altra sconfitta ai negazionisti”.
I lavori che hanno portato alla Dichiarazione sono partiti durante la presidenza brasiliana del G20 nel 2024 e sono proseguiti attraverso un processo globale di consultazione chiamato Mutirão, un termine portoghese che richiama l’idea di uno sforzo collettivo. Questo processo ha raccolto più di 200 proposte da governi, università, ONG, redazioni giornalistiche e centri di ricerca, poi riunite in una struttura aperta – la Granary of Solutions – pensata come archivio di pratiche, strumenti e idee sviluppate in tutto il mondo. Le candidature arrivate alla call internazionale hanno superato le 440, provenienti da quasi cento Paesi, a testimonianza del carattere realmente globale del tema.
Il nucleo della Dichiarazione sull’integrità dell’informazione climatica
Pur mantenendo un linguaggio diplomatico, la Dichiarazione sull’integrità dell’informazione climatica si distingue per una densità tecnica rara nei testi approvati all’interno delle COP. Il documento chiede innanzitutto ai governi di integrare l’integrità dell’informazione nelle proprie politiche climatiche nazionali, riconoscendo esplicitamente il ruolo dell’informazione come bene pubblico e come infrastruttura dell’azione climatica. Ciò significa in pratica sviluppare normative che proteggano la produzione di conoscenza scientifica, garantiscano la sicurezza di giornalisti e ricercatori, e stabiliscano meccanismi per contrastare campagne di disinformazione organizzata, incluse quelle che mirano a intimidire le persone che lavorano sui temi ambientali.
Un capitolo chiave riguarda la responsabilità delle piattaforme digitali, chiamate non solo a collaborare con governi e società civile, ma anche ad aumentare la trasparenza dei propri algoritmi e dei meccanismi di amplificazione dei contenuti. La Dichiarazione chiede inoltre che le piattaforme facilitino l’accesso ai dati da parte di ricercatori indipendenti, un punto storico in un settore tradizionalmente poco incline all’apertura, e che limitino gli incentivi economici che oggi premiano la disinformazione climatica.
La tutela dei giornalisti ambientali rappresenta un altro dei pilastri più innovativi del testo. Reporter senza frontiere (RSF) ha definito l’iniziativa “una svolta storica” per il riconoscimento internazionale del ruolo dei media indipendenti nella protezione del clima, sottolineando che “per la prima volta, il tema dell’integrità dell’informazione entra nell’agenda della COP”. RSF ha anche annunciato che monitorerà l’attuazione degli impegni, soprattutto in relazione alla sicurezza delle giornaliste e dei giornalisti che lavorano in contesti ad alto rischio.

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Un fondo per sostenere la corretta informazione
La Dichiarazione sull’integrità dell’informazione climatica prevede inoltre investimenti mirati attraverso l’espansione del Global Fund for Information Integrity on Climate Change, un fondo destinato a sostenere programmi di alfabetizzazione mediatica, innovazione tecnologica, ricerca accademica, sicurezza delle redazioni e sviluppo di infrastrutture informative nei Paesi del Sud globale. È significativo che proprio questi paesi abbiano rappresentato la maggioranza delle proposte ricevute nell’ambito del Mutirão: il tema della disinformazione climatica è particolarmente critico nelle regioni che già affrontano gli impatti più duri della crisi climatica. Un altro aspetto rilevante riguarda l’inserimento dell’integrità dell’informazione nei programmi ACE (Action for Climate Empowerment) dell’UNFCCC, che comprendono educazione, formazione, partecipazione pubblica e comunicazione. L’obiettivo è rendere l’integrità informativa un criterio trasversale in tutte le politiche climatiche, e non un capitolo isolato o una preoccupazione marginale.
La stessa Direttrice Generale dell’UNESCO, Audrey Azoulay, ha ricordato che senza un accesso affidabile alla conoscenza scientifica non esiste possibilità di affrontare la crisi climatica in modo efficace: “Senza informazioni affidabili sulla crisi climatica, non potremo mai superarla. Sosterremo giornalisti e ricercatori che lavorano spesso a rischio della propria sicurezza”. Il Segretario Generale dell’ONU, António Guterres, ha anche denunciato l’impatto del greenwashing e delle campagne di distorsione orchestrate da attori economici e politici potenti: “Dobbiamo combattere disinformazione, molestie e greenwashing… Gli scienziati non devono mai temere di dire la verità”, ha detto, collegando direttamente l’integrità dell’informazione alla credibilità stessa degli accordi climatici.
Un impegno per la pubblicità digitale climatica
Accanto alla Dichiarazione, durante la COP è stata presentata la Carta di impegno per la pubblicità digitale climatica, che introduce criteri minimi per una comunicazione responsabile nel settore pubblicitario online. Il documento, sottoscritto da oltre 130 organizzazioni della società civile, chiede maggiore trasparenza nella catena pubblicitaria, la tracciabilità dei finanziamenti, la limitazione delle partnership commerciali con siti che diffondono disinformazione e l’adozione di standard chiari per distinguere contenuti editoriali da contenuti sponsorizzati. La ricercatrice Nina Santos, una delle voci più autorevoli a seguire il processo, ha osservato che senza una informazione di qualità “la capacità globale di agire contro il cambiamento climatico è gravemente compromessa”, richiamando l’attenzione sulle dinamiche di amplificazione del falso che oggi coinvolgono media, piattaforme e reti pubblicitarie.
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Chi ha già aderito e cosa succede ora
Nei giorni successivi alla presentazione, diversi Paesi – fra cui Danimarca, Svezia e Finlandia – hanno dichiarato la volontà di inserire l’integrità dell’informazione nelle loro politiche climatiche nazionali, confermando l’intenzione di rafforzare la cooperazione internazionale sul tema. Ora l’aspettativa è che si ampli la coalizione dei Paesi firmatari, la definizione di indicatori per misurare la qualità dell’informazione climatica, il coinvolgimento strutturato delle piattaforme tecnologiche e la produzione del primo report di avanzamento entro la prossima COP.
Con l’adozione di questa Dichiarazione, la COP30 ha compiuto un gesto di portata culturale prima ancora che politica. Ha riconosciuto che la lotta alla disinformazione non è un accessorio dell’azione climatica, né un tema tecnico riservato agli esperti di comunicazione. È invece il presupposto necessario affinché ogni politica, accordo o impegno abbia una base solida su cui poggiare. In un certo senso, Belém segna l’inizio di una fase nuova: quella in cui la crisi climatica non si combatte più soltanto sul piano tecnologico o finanziario, ma anche sul terreno − fragile e decisivo − della corretta informazione.

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