mercoledì, Dicembre 3, 2025

Cop30, l’impegno dell’Unione Europea sulla finanza per il clima

Alla Conferenza annuale per il clima, che si svolgerà a Belém dal 10 al 21 novembre, uno dei nodi principali da scegliere sarà la finanza per il clima. Dove l’UE resta leader a livello globale, come confermano le cifre diffuse dal Consiglio. Un contributo che però non basta, specie per via del mancato apporto dei privati

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Redazione EconomiaCircolare.com

Quel che resta della credibilità ambientale dell’Unione Europea passa dalla Cop30, che si svolgerà a Belém dal 10 al 21 novembre. Specie per quello che, a detta delle esperte e degli esperti, sarà il tema principale su cui si valuteranno gli esiti della conferenza annuale sul clima, vale a dire la finanza climatica.

Ecco perché nella giornata di ieri il Consiglio dell’Unione Europea ha pubblicato le cifre relative all’impegno dei 27 Stati membri, numeri che si basano sulle norme dell’UE in materia di rendicontazione dei finanziamenti per il clima stabilite nel regolamento di governance.

Il risultato è presto detto: nel 2024 l’Unione europea e i suoi 27 Stati membri hanno contribuito con 31,7 miliardi di euro di finanziamenti per il clima da fonti pubbliche e hanno mobilitato un importo aggiuntivo di 11 miliardi di euro relativi a finanziamenti privati per sostenere i Paesi in via di sviluppo per ridurre le loro emissioni di gas serra e adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici. Poco? Molto? Lasciamo parlare nuovamente le cifre.

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Vale la pena ricordare che l’obiettivo collettivo della finanza per il clima è di 100 miliardi di euro all’anno: un obiettivo già definito alla Cop15 di Copenaghen, prorogato alla Cop21 di Parigi fino al 2025 e ha portato a nuovi accordi internazionali, come il “Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato” (NCQG) stabilito alla Cop29 di Baku, con l’intenzione di triplicare gli aiuti entro il 2035. E anche in quest’ultimo caso, secondo molte stime, l’impegno sarebbe comunque basso. Ecco perché l’impegno dell’UE di neppure 50 miliardi di euro, tra finanziamenti pubblici e privati, resta basso ma allo stesso tempo, ed è questo l’aspetto più problematico, è quello più notevole a livello globale.

Come si può notare, è evidente che se l’impegno degli Stati è degno di nota, seppure ancora insufficiente, quel che manca è, ancora una volta, un importante contributo da parte dei privati. Come afferma lo stesso Consiglio, dunque, l’UE si sta attivando per “estendere la gamma e l’impatto delle fonti e degli strumenti finanziari nonché per mobilitare più finanza privata”. 

Leggi anche: lo Speciale sulla Cop30

Cosa fanno l’UE e l’Italia attraverso la finanza per il clima

Secondo i dati elaborati dalla Commissione europea, la metà dei finanziamenti pubblici per il clima per i Paesi in via di sviluppo, così come vengono ancora definiti dall’UE, è stata indirizzata all’adattamento climatico o all’azione trasversale – che coinvolge sia le iniziative di mitigazione dei cambiamenti climatici che di adattamento. Il finanziamento basato sulle sovvenzioni rappresenta una quota significativa, quasi il 50%, nel contributo pubblico dell’UE e degli Stati membri.

I 31,7 miliardi di euro per la finanza climatica provenienti da bilanci pubblici comprendono 4,6 miliardi di euro dal bilancio dell’UE, incluso il Fondo europeo di sviluppo, e 2,4 miliardi di euro dalla Banca europea per gli investimenti. Il dato pubblico complessivo è calcolato sulla base degli impegni per le esborsi bilaterali e delle erogazioni delle finanze multilaterali segnalate per l’anno passato. La cifra di 11 miliardi di euro riguarda il sostegno finanziario privato mobilitato attraverso interventi pubblici (ad esempio garanzie, prestiti sindacati, investimenti diretti in società, linee di credito, ecc.). 

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E l’Italia? Su questo c’è un monitoraggio importante e continuativo di ECCO, il think tank italiano per il clima. In un recente aggiornamento ECCO scrive che “negli ultimi anni i contributi finanziari per il clima attribuibili all’Italia sono aumentati, passando da 3,02 miliardi di dollari nel 2021 a 3,40 miliardi di dollari nel 2023. Tale importo, tuttavia, copre solo il 73% della quota equa stimata per l’Italia, valutata tra 4,6 e 4,8 miliardi di dollari all’anno in base al peso dell’economia, della popolazione e delle emissioni storiche del Paese. Un’analisi più attenta rivela inoltre come gran parte di questo aumento non sia dovuto ad un maggiore impegno finanziario, ma sia principalmente riconducibile alla ripartizione tra gli azionisti delle banche multilaterali di sviluppo (tra cui l’Italia) delle riallocazioni di capitale messe in atto da tali banche, che hanno aumentato i flussi di finanziamento per il clima”.

Infine c’è la vicenda del Fondo Italiano per il Clima, istituito nel 2022 con una dotazione di 840 milioni di euro all’anno, per un totale di 4,2 miliardi di euro fino al 2026. Come avevamo scritto in anteprima, il primo supporto del Fondo Italiano per il Clima è andato a Eni per la filiera dei biocarburanti in Kenya: una scelta che ha fatto molto discutere e che però testimonia come oltre alla quantità dei fondi per il clima c’è poi da valutare, di volta in volta, cosa concretamente quei fondi vanno a supportare. 

Scrive ancora ECCO che “l’aumento dell’ambizione finanziaria dell’Italia e il suo sostegno ai fondi multilaterali per il clima sono sviluppi positivi, in particolare il sostegno iniziale promesso al Fondo per le Perdite e i Danni, che al momento dell’annuncio ha posizionato l’Italia tra i maggiori contribuenti”. Inoltre “finora è stato effettivamente stanziato solo un terzo delle risorse allocate al Fondo Italiano per il Clima, a causa di ritardi nell’approvazione dei progetti. Inoltre l’Italia rimane uno dei pochissimi Paesi che ancora non hanno confermato o adempiuto ai propri impegni nei confronti del Green Climate Fund e del Fondo per le Perdite e i Danni. Questi ritardi riducono il valore reale degli impegni presi dall’Italia, a causa dell’inflazione e delle mancate opportunità di reintegro dei fondi stessi, oltre a minare la fiducia nella cooperazione multilaterale e a ritardare l’urgente azione internazionale per il clima”.

Leggi anche: Cop30, la differenza tra ambizione e realtà nella posizione dell’UE

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