Ripara la tua bici, ripara il Pianeta. Il tostapane più green è quello che hai già. Lunga vita alle nostre cose. Oggi è la giornata internazionale delle riparazione (Repair Day), e questi sono alcuni degli slogan che vanno al cuore dell’iniziativa: far durare i nostri beni più a lungo possibile, riparandoli quando serve invece di farli diventare rifiuti. Perché anche nella migliore delle ipotesi, quando i materiali che li compongono vengono raccolti e riciclati, questo processo non è gratis: costa energia, non poca, e produce comunque scarti.
“Il riutilizzo e la riparazione sono la nostra scelta migliore quando si tratta di risparmiare risorse, prevenire i rifiuti e creare un’economia europea inclusiva e resiliente”, ricorda Cristina Ganapini, coordinatrice della coalizione Right to Repair Europe. “Il Repair Day è una grande festa della riparazione, ma vogliamo che riparare diventi accessibile a tutti, e per tutti i prodotti!”, ci dice Ugo Vallauri, codirettore The Restart Project.
“Ogni ottobre, questa giornata rappresenta un’opportunità per celebrare il potere della riparazione, che non solo riduce il nostro impatto ambientale, ma rafforza il senso di comunità, ci insegna nuove competenze e valorizza il patrimonio di oggetti riparabili”, ricorda Zero Waste Italy (ZWI).
I vantaggi della riparazione
Come spiega Right to Repair Europe, dal punto di vista ambientale “le attività di riutilizzo e riparazione conservano direttamente il valore dei prodotti e dei loro materiali al massimo livello per il maggior tempo possibile, riducendo al minimo sia i rifiuti che il consumo di risorse e di energia”. Mentre il riciclaggio, una pratica cruciale, è comunque “ad alta intensità energetica e (nel caso di prodotti elettrici ed elettronici) spesso viene estratto solo un numero limitato di minerali, con conseguente spreco di una grande quantità di materiale critico. Nel frattempo, i minerali scartati vengono estratti altrove”.
Ma quello ambientale non è l’unico vantaggio. “Il riutilizzo e la riparazione portano a una maggiore creazione di posti di lavoro con un minore consumo di risorse e minori requisiti di investimento di capitale. Concentrarsi sul riutilizzo e sulla riparazione costituirebbe una strategia di politica pubblica più efficace dal punto di vista dei costi”.
E poi c’è il tema dell’autonomia economica e strategica: “I settori del riutilizzo e della riparazione sostituiscono le attività economiche straniere dell’economia lineare con attività di riutilizzo e riparazione locali. In questo modo l’economia europea diventa più resiliente e meno dipendente dalle catene di approvvigionamento internazionali”.
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Perché è importante parlare di riparazione
Nonostante una direttiva sul diritto alla riparazione recentemente approvata, questo diritto rischia di rimanere sulla carta. A testimoniarlo una volta di più è arrivato, pochi giorni fa, il primo rapporto di Open Repair Alliance: “The rise of community repair”.
Il rapporto “mostra la rapida crescita e l’enorme entusiasmo del pubblico per le riparazioni: si stima che nell’ultimo anno, a livello globale, 190.000 articoli elettrici siano stati salvati da riparatori volontari presso i repair café”. Ma a fronte di questa crescita della domanda persistono enormi ostacoli.
“Il rapporto – pubblicato da Restart insieme agli altri membri della Open Repair Alliance – è basato su oltre 200.000 riparazioni tentate in eventi comunitari in Europa e oltre. I risultati sono allo stesso tempo incoraggianti e molto preoccupanti”, commenta Vallauri. “Eventi come Repair Café e Restart Party stanno crescendo ovunque, e per molti prodotti sono una delle poche, se non l’unica, opzione per riparare”.
E la direttiva sul diritto alla riparazione? “Guardando alle leggi europee sul diritto alla riparazione, i nostri dati sono molto allarmanti: il 96% dei prodotti che viene portato a riparare dai cittadini non è – né sarà a breve – coperto dal dalla direttiva europea”. Stiamo parlando, spiega, di prodotti con cui abbiamo tutti a che fare: dalle macchine per il caffè, agli aspirapolvere, agli impianti per ascoltare la musica, così come stampanti, computer portatili, cuffie stereo, ferri da stiro, prodotti per il fai da te come per il giardinaggio, e tanti altri. “L’Unione Europea – aggiunge – ha ancora molto da fare per estendere la copertura a tutti i prodotti di consumo. La prossima implementazione in Italia della direttiva però ci offre una strada importante: stabilire prezzi ‘ragionevoli’ per le riparazione e creare incentivi economici per scegliere di riparare invece che di riciclare i prodotti, riducendo i rifiuti e stimolando crescita occupazionale nel settore delle riparazioni”.
Proprio delle forme di sostegno a questa pratica virtuosa ci parla Danilo Boni, di Zero Waste Italy: “In Zero Waste Italy, dopo aver avviato una mappatura a livello nazionale, che comprende centri di riuso e realtà che fanno riparazioni o progetti di upcycling, stiamo guardando con attenzione alle esperienze estere (Francia, Austria e Germania) che hanno già introdotto un bonus per le riparazioni o altri incentivi. È nostra intenzione fare rete e coinvolgere tutte quelle realtà che già lavorano in questo ambito e lavorare insieme ad una proposta anche per il mercato italiano”.
La direttiva Europea sul diritto alla riparazione, precisa Boni, “dà tempo due anni per ogni Paese, in ZWI vogliamo cercare di lavorare a progetti concreti sia a livello locale che nazionale in modo da far conoscere le opportunità che le riparazioni ed il riuso possono rappresentare non solo per ridurre i rifiuti e quindi evitare l’emissione di CO2 ma anche per i vantaggi economici ed occupazionali che queste attività comportano, senza dimenticare gli importanti risvolti sociali”.
Nella direttiva c’è però “anche un problema di ambizione”, secondo Right to Repair Europe: “Nessuna delle prossime normative europee sulla riparazione si concentrerà su un elemento chiave: i prezzi dei pezzi di ricambio. I dati del rapporto mostrano chiaramente che l’accesso ai pezzi di ricambio svolge un ruolo importante nell’ostacolare la riparazione, sia perché non sono disponibili (25% di tutti gli ostacoli alla riparazione registrati) sia perché sono troppo costosi (18%). La brutta verità è che spesso i singoli pezzi di ricambio costano più di interi prodotti nuovi e nessuna delle prossime normative europee affronterà chiaramente il problema: il costo dei pezzi di ricambio non è contemplato da alcun requisito di progettazione ecocompatibile e non rientra nel calcolo del punteggio di riparabilità dell’UE. Nella Direttiva sul diritto alla riparazione i ‘prezzi ragionevoli’ dei pezzi di ricambio sono menzionati ma mai definiti”.
Anche il design del prodotto viene segnalato nel rapporto di Open Repair Alliance come un ostacolo importante: in particolare quando non c’è un modo chiaro per smontare un prodotto per raggiungere la parte da sostituire (16%). Le normative sulla progettazione ecocompatibile “che si stanno lentamente introducendo nell’UE stanno affrontando questo aspetto, ma la stragrande maggioranza dei prodotti non è ancora coperta da requisiti di riparabilità”.
“Chiediamo alla nuova Commissione europea – dice Ganapini – di dare priorità alla prevenzione dei rifiuti nella prossima legge sull’economia circolare e di affrontare le carenze della legislazione esistente sulla riparazione”.
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Le feste della riparazione
Oltre 1.850 eventi per il Repair Day in 39 Paesi, compresi tutta una serie in Italia. Ecco la portata di questa iniziativa che ricorda a tutti – le cittadine e i cittadini, ma anche i decisori – la possibilità e l’opportunità della riparazione. Diversi gli appuntamenti italiani. A Torino, ad esempio, dove Restarters Torino organizza “CU-RA(r)EE Communities Unite per la Riparazione di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche”, appuntamento dove si riparano beni anche dove si può “portare il proprio (non)raee di cui volete disfarvi ma che potrebbe ancora essere utile per qualcuno o anche solo fare rete e/o conoscere qualcuno del mondo dei restarters”. Oppure a Milano, dove domani, dalle 10 alle 15.30 in via Privata della Braida 5 torna la terza il Repair Day Contest, organizzato da Edizioni Green Planner. ppure in Umbria, a Ponte S. Giovanni – Perugia, dove (grazie al coordinamento Regionale Umbria Rifiuti Zero) mentre i riparatori del Repair cafè Perugia riparano gli oggetti portati dai cittadini viene presentato il libro “Il biolinguaggio dell’economia circolare” del professor Carlo Santulli dell’Università di Camerino. E ancora: Messina, dove WeFix.it tiene una sessione di sensibilizzazione sul riuso e l’impatto dell’eccessivo consumo di prodotti elettronici agli studenti del Liceo Tecnico Scientifico Verona-Trento: con una parte teorica ma anche con un’applicazione pratica di tecniche di riparazione su smartphone e tablet. “Sono certamente piccole azioni – riflette Walter Ruggeri di WeFix.it – ma dobbiamo incentivare e implementare la consapevolezza che i rifiuti elettronici, soprattutto gli smartphone, possono essere utilizzati molto di più di quanto immaginiamo e che non è necessario avere sempre l’ultimo modello in circolazione per vivere meglio. Anzi, è proprio vero il contrario”. E poi ancora Roma, Firenze, Ispra (Varese), Pavia, Recanati, Capannori (Lucca).
Buona riparazione a tutte e tutti.
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