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domenica, Dicembre 15, 2024

Arriva il green bond europeo: ecco cosa prevede il nuovo standard Ue per contrastare il greenwashing

Il Parlamento europeo ha approvato nei giorni scorsi una risoluzione legislativa che introduce un nuovo standard volontario per l’uso dell’etichetta “european green bond”, il primo del suo genere al mondo. Allo scopo di incentivare la finanza sostenibile nel processo di decarbonizzazione

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Redazione EconomiaCircolare.com

Come sa chi legge EconomiaCircolare.com, il mercato dei green bond – le obbligazioni verdi la cui emissione è legata a progetti che hanno un impatto positivo per l’ambiente – ha registrato negli ultimi anni una crescita esponenziale. Secondo i dati diffusi dall’Unione europea, l’emissione annuale di green bond ha superato per la prima volta la soglia dei mezzo trilione di dollari nel 2021, con un aumento del 75% rispetto al 2020. Ed è proprio l’Europa è la regione di emissione più prolifica, con il 51% del volume globale di obbligazioni verdi nel 2020. È stato stimato che attualmente le obbligazioni verdi rappresentano circa il 3-3,5% dell’emissione obbligazionaria complessiva.

Di fronte alla crescente sensibilità ambientale è lecito attendersi un’ulteriore espansione del mercato dei green bond. Alla luce di questo contesto diventa dunque cruciale la recente decisione del Parlamento europeo, con l’adozione di un nuovo standard volontario per l’uso dell’etichetta “european green bond”, il primo del suo genere al mondo. Si tratta di una risoluzione legislativa che nel futuro, è lecito attendersi, diventerà poi una direttiva da applicare a tutti i 27 Stati membri.

Se a lasciare un po’ perplessi è l’abbondante uso dei verbi al condizionale, nelle norme approvate dal Parlamento si impegnano comunque gli stessi emittenti che aderiscono allo standard a realizzare piani di transizione verde. Inoltre vengono regolamentati anche i revisori esterni dei green bond europei. Lo scopo principale, secondo quanto affermato dalla stessa istituzione europea, è quello di combattere il greenwashing. Vediamo come.

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Un nuovo standard e più trasparenza per i green bond

Da tempo le istituzioni europee sono consapevoli che per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica è necessario che la finanza sostenibile giochi un ruolo di primo piano. Va proprio in questa direzione il nuovo regolamento adottato negli scorsi giorni a larga maggioranza dal Parlamento europeo (418 voti favorevoli, 79 contrari e 72 astensioni), attraverso la formulazione di standard uniformi per gli emittenti che desiderano utilizzare la denominazione “european green bond” o “EuGB” per la commercializzazione delle proprie obbligazioni.

“Gli standard – si legge sul sito del Parlamento Eu – consentiranno agli investitori di indirizzare il proprio denaro con maggiore sicurezza verso tecnologie e imprese più sostenibili. Ciò darà inoltre alla società che emette l’obbligazione una maggiore certezza che la propria obbligazione sarà adatta agli investitori che desiderano aggiungere obbligazioni verdi al proprio portafoglio”.

Il nuovo regolamento volontario è poi in linea con la tassonomia dell’Unione europea, vale a dire la definizione di quali attività economiche vengono considerate sostenibili dal punto di vista ambientale. Non solo: d’ora in poi tutte le aziende che sceglieranno di adottare gli standard e quindi anche l’etichetta EuGB quando commercializzeranno un green bond saranno tenute a divulgare informazioni considerevoli su come verranno utilizzati i proventi dell’obbligazione.

I requisiti di informativa, definiti nei cosiddetti “template format”, possono essere utilizzati anche dalle società emittenti di obbligazioni che non sono ancora in grado di aderire a tutti i rigorosi standard dell’EuGB ma desiderano comunque segnalare le proprie “aspirazioni verdi”.

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I revisori esterni e i green bond

Uno dei capitoli più importanti relativi ai green bond riguarda il sistema di registrazione e la definizione di preciso quadro di vigilanza per i revisori esterni, cioè i soggetti indipendenti che hanno il compito di valutare se gli standard definiti dall’Ue vengono rispettati. Il nuovo regolamento definito dal Parlamento prevede ad esempio che nel caso in cui dovessero sorgere conflitti di interessi, questi dovranno essere recisi alla radice, attraverso la divulgazione in maniera trasparente.

Il regolamento inoltre introduce un regime obbligatorio di registrazione e supervisione dei revisori esterni. La normativa prevede che ci sia un periodo della durata di 18 mesi, dopo il quale le società che hanno intenzione di agire come revisori esterni per i green bond dell’Unione Europea dovranno provvedere a registrarsi direttamente presso l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA). Il regolamento fornisce in aggiunta i requisiti dettagliati che i revisori esterni dovrebbero avere e che dovrebbero rispettare per poter essere registrati.

Nel testo approvato dal Parlamento europeo si legge che “gli emittenti di obbligazioni verdi europee dovrebbero pertanto incaricare un revisore esterno indipendente di fornire una revisione pre-emissione della scheda informativa sulle obbligazioni verdi europee, così come una revisione post-emissione delle relazioni annuali sull’allocazione dei proventi delle obbligazioni verdi europee”. E ancora: dovranno infine essere gli stessi verificatori esterni a “fornire un parere indipendente sull’allineamento dell’emittente ai criteri di tassonomia”.

Infine, scrive il Parlamento europeo, “fino a quando il quadro della tassonomia non sarà pienamente operativo, gli emittenti di un green bond europeo dovranno garantire che almeno l’85% dei fondi raccolti dall’obbligazione siano destinati ad attività economiche in linea con il regolamento sulla tassonomia dell’UE. Il restante 15% può essere assegnato ad altre attività economiche a condizione che l’emittente rispetti i requisiti per spiegare chiaramente dove andrà questo investimento”. Una flessibilità, presente seppur non ampia, che sembra voler lasciare margini di adeguamento alle imprese.

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