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sabato, Novembre 30, 2024

Il destino della direttiva sulla sostenibilità delle imprese è compromesso?

Fino al 18 marzo è possibile inviare le osservazioni al MEF in merito alla direttiva CRSD, che vuole ampliare e rafforzare i criteri per i report di sostenibilità delle imprese. Ma intanto in un accordo tra Consiglio e Parlamento europeo l’applicazione delle norme viene spostata al 30 giugno 2026

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Redazione EconomiaCircolare.com

Dal 16 febbraio il ministero dell’Economia e delle Finanze ha reso disponibile per la consultazione pubblica lo schema del decreto che recepisce in Italia la direttiva CSRD, la Corporate Sustainability Reporting Directive. Fino al 18 marzo sarà dunque possibile (a questo link) presentare le proprie osservazioni sulla direttiva europea che mira a promuovere la trasparenza e la divulgazione delle informazioni da parte delle imprese, in merito agli impatti ambientali, sociali e legati alla governance (ESG) delle loro attività, attraverso un ampliamento e un rafforzamento dei report di sostenibilità da parte delle imprese.

“L’obiettivo perseguito con la CSRD – scrive il MEF – è quello di consentire l’accesso da parte di investitori e stakeholders ad un’informativa sulla sostenibilità, per singola impresa o gruppo, maggiormente dettagliata, chiara e quanto più possibile standardizzata ed esaustiva, con evidenti conseguenze positive per il mercato finanziario in termini di completezza informativa, trasparenza e comparabilità dei dati”.

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Va ricordato che la direttiva CSRD è entrata in vigore il 5 gennaio 2023 e, ai sensi dell’art. 5, dovrebbe essere recepita da parte degli Stati membri entro il 6 luglio 2024. L’attuale versione del provvedimento (la direttiva 2022/2464) sostituisce la precedenteNon financial reporting directive, Nfrd” (direttiva 2014/95/) e amplia il perimetro di applicazione a tutte le grandi imprese, quotate e non. Nel primo anno di applicazione toccherebbe a imprese quotate, banche e assicurazioni (già soggette a Nfrd) con più di 500 dipendenti che dovranno pubblicare i dati entro il 2025 (riferiti all’anno fiscale 2024). Poi toccherebbe alle piccole e medie imprese. A questo punto vi sarete chiesti: perché i verbi sono al condizionale? Perché si è aperto un fronte molto caldo che non si è ancora raffreddato.

Leggi anche: Direttiva sul reporting di sostenibilità: le aziende sono pronte?

Un rinvio che dice molto, se non tutto

Negli scorsi giorni ha fatto rumore l’accordo trovato tra Consiglio e Parlamento in merito alla direttiva CRSD. Nella nota congiunta le due istituzioni hanno scritto che l’accordo odierno, che il 14 febbraio è diventato un testo di compromesso finale approvato in sede di Coreper (un organo dell’Ue), “concederà più tempo alle imprese per prepararsi in vista dei principi europei di rendicontazione di sostenibilità (ESRS) settoriali e dei principi specifici per imprese di grandi dimensioni di paesi terzi che saranno adottati a giugno 2026, due anni dopo rispetto alla data inizialmente prevista”.

A essere “risparmiate” dall’applicazione della norma sono le industrie hard to abate, cioè quelle con le emissioni difficili da abbattere che però allo stesso tempo sono le più impattanti sulla crisi climatica: dalle società petrolifere alle acciaierie, dai cementifici agli inceneritori. Basta dare un’occhiata alle tempistiche per comprendere le difficoltà di un provvedimento che punta (va?) a rafforzare semplicemente i criteri ESG del mondo industriale e produttivo. La proposta presentata dalla Commissione europea risale al febbraio 2022. Da allora, al di là dell’iter normativo e delle complesse negoziazioni comunitarie con Consiglio e Parlamento, la direttiva CRSD è stata prima temuta, poi avversata, modificata e ora rinviata.

Come avevamo già raccontato, a opporsi era stato proprio il mondo industriale. Una sintesi dei motivi è rintracciabile nelle critiche mosse da Confindustria alla direttiva “gemella” relativa alla due diligence (sui diritti umani): in un’intervista a IlSole24ore Stefano Pan, delegato di Confindustria per l’Europa, aveva parlato di “misure invasive”, a discapito della competitività, con “troppi oneri e sanzioni”.

Leggi anche: Report di sostenibilità, l’Europarlamento respinge l’attacco al nuovo standard ESRS

Resta la consultazione italiana (ma con le vecchie date)

L’adozione dei nuovi principi previsti dalla direttiva CSRD passa dunque dal 30 giugno 2024 al 30 giugno 2026. Ma intanto resta da parte del governo italiano la consultazione dello schema di decreto delegato di recepimento della CRSD, elaborato dal Dipartimento del Tesoro e dalla Ragioneria Generale dello Stato, all’esito di un primo confronto con le strutture tecniche delle autorità interessate. Le osservazioni, come già accennato, dovranno essere inviate entro il 18 marzo, via mail all’indirizzo dt.direzione5.ufficio5@mef.gov.it.

I commenti pervenuti saranno resi pubblici al termine della consultazione, tranne se verrà fatta esplicita richiesta di non divulgarli. Sul sito del ministero dell’Economia e delle Finanze viene poi reso pubblico un documento di 53 pagine che spiega la genesi e le caretteristiche della direttiva CSRD. E che però non è aggiornato nelle date, visto che riporta le indicazioni precedenti all’accordo tra Consiglio e Parlamento.

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Una mancanza che lascia qualche dubbio sull’esito della consultazione. E che conferma i timori generali sul restringimento delle ambizioni del Green Deal dell’Unione Europea, nonché sui forti venti di conservazione che, alla luce delle prossime elezioni europee, sembrano riguardare tutte le istituzioni, concentrate dalla fine del 2023 più a non scontentare nessuno che a tracciare una ambiziosa prospettiva politica, fatta di sostenibilità, tutela dell’ambiente ed economia circolare.

Leggi anche: lo Speciale sulla finanza sostenibile

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